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25 aprile. Rifondazione Comunista: i valori della resistenza oggi

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In questi giorni drammatici per il Paese, così come avviene da qualche anno,  assistiamo a continui attacchi ai valori della Resistenza e al tentativo di cancellarne la valenza politica

COMUNICATO STAMPA

Il tutto attraverso l’opera, di alcuni esponenti politici e giornalisti, che mira a demolire l’idea dell’antifascismo come religione civile di questo Paese e, con essa, la nostra Costituzione.

Una Costituzione che, è bene ricordare proprio in questi giorni di dolore e di lutti per l’Italia, con l’articolo 32 pose, tra l’altro, la premessa  per una sanità gratuita e ispirò profondamente la legge 833 di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale,  legge  alla quale non a caso è legato il nome di Tina Anselmi, antifascista, partigiana e parlamentare,  prima donna ministro in questo Paese.

Una legge, la 833 che guarda caso, proprio negli anni in cui si cerca di demolire le idee che hanno portato alla liberazione dell’Italia dal Nazifascismo, è stata  attaccata e demonizzata al solo scopo di smantellare la sanità pubblica, per favorire, attraverso politiche liberiste, la mercificazione della salute.

Proprio il dramma che sta vivendo questo Paese deve rafforzare l’idea e la necessità di difendere i valori  della Resistenza che segnano la nostra Carta Costituzione con idee di democrazia, solidarietà, giustizia sociale.

Una Carta che, non solo va difesa dai continui attacchi alla quale è sottoposta, ma va rilanciata profondamente in un momento storico che può sfociare in avventure autoritarie oltre che determinare per milioni di italiani e non solo condizioni di assoluta povertà.

Chi attacca il 25 aprile sono coloro che si sentono eredi di Hitler e Mussolini, responsabili della più grande tragedia della storia che ha provocato distruzioni e oltre 60 milioni di morti.

Chi,  come noi, ritiene il 25 aprile una data importantissima per la storia di questo paese sta dalla parte di partigiani e partigiane che con la loro scelta hanno riportato la democrazia nel vecchio continente.

Da una parte “idee” di morte,  di odio, di sopraffazione, dall’altra idee di libertà,di giustizia e di amore.

Idee sposate  anche da tanti nostri concittadini che non hanno esitato a schierarsi a favore della lotta al nazifascismo e per la liberazione dell’Italia.

Ci piace, come in ogni 25 aprile, ricordare, tra gli altri, i partigiani Lametini Vinicio Cortese e Domenico Petruzza medaglie d’oro al valor militare.

Chiediamo, inoltre, a tutte e tutti i lametini di aderire all’iniziativa, Bella Ciao in ogni casa” indetta dall’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) prevista per le ore 15.00 di sabato 25 aprile.

L’invito del’ANPI è quello di aderire al Flashmob ed intonare o trasmettere con amplificatori dai balconi, Bella Ciao.

L’Italia, dice l’ANPI nel suo appello, “ha bisogno, oggi più che mai, di speranza, di radici che sappiano offrire la forza  la tenacia per scorgere un orizzonte di liberazione, di sana e robusta rinascita”.

SEGUE NOTA STORICA SU VINICIO CORTESE E DOMENICO PETRUZZA

 Vinicio Cortese Medaglia d’oro al valor militare  (Nicastro, ora Lamezia Terme) 20 gennaio 1921 – Ozzano Monferrato, 26 agosto 1944) è stato un partigiano e militare italiano, medaglia d’oro al valor militare.

Chiamato alle armi, al momento dell’armistizio si trovava a Vercelli come ufficiale carrista della 26ª Divisione fanteria “Assietta” ed entrò subito nella Resistenza italiana.

Arrestato, stava per essere deportato in Germania, ma riuscì a fuggire e a raggiungere le formazioni partigiane dell’Alessandrino.

Nuovamente catturato durante un rastrellamento, ferito e ricoverato all’ospedale di Alessandria, fuggì durante un bombardamento aereo. Attraversato il Tanaro a nuoto, Cortese si unì ai partigiani della 79ª Brigata “Garibaldi”.

Alla fine di luglio del 1944 “Tenente” (questo il suo nome di battaglia), passò alla 7ª Brigata “Matteotti” della Divisione “Italo Rossi” e gli fu affidato il comando di un battaglione.

Esperto in azioni di sabotaggio, il giovane attraversò ad Ozzano la zona fortificata tedesca e, riuscito a sottrarre un’ingente quantità di esplosivo, lo utilizzò per far saltare in aria un tratto del binario ferroviario nella galleria San Giorgio.

L’esplosione fu tanto violenta da provocare anche il crollo della volta del manufatto. Incaricato poi di distruggere il ponte di Ozzano per impedire l’afflusso di rinforzi ai nemici impegnati contro la “Matteotti”, Cortese fu ucciso dai tedeschi. Per onorare la memoria di Vinicio Cortese, l’Università di Napoli, che aveva frequentato, gli ha conferito, nel 1946, la laurea in Legge “ad honorem”.

A suo nome sono state intitolate vie a Roma, a Catanzaro e a Vibo Valentia, dove il giovane risiedeva quando fu chiamato alle armi. Una via gli è stata intitolata pure a Lamezia Terme, che lo ricorda anche con una lapide sul Palazzo municipale.

Medaglia d’oro al valor militare

«Intrepido e valoroso partigiano, due volte catturato dai tedeschi, due volte evaso, si offriva sempre volontario per le più audaci gesta. Primo fra i primi in ogni ardimento, anelante sempre a maggiori audacie, richiedeva per sé il supremo rischio di far saltare il ponte di Ozzano.

Mentre si accingeva all’epica impresa veniva sorpreso da una forte pattuglia tedesca e, disdegnando la fuga, uno contro quaranta, l’affrontava con leonino slancio. Scaricata fino all’ultimo colpo la sua pistola, in un supremo gesto di sfida scagliava la sua arma contro il nemico e gridando «Viva l’Italia» cadeva fulminato da una raffica di mitra al petto. Fulgida figura di eroico partigiano, superbo simbolo dell’italico valore.» – Ozzano Monferrato

Domenico Petruzza Medaglia d’oro al valor militare  nato a Nicastro (ora Lamezia Terme) il 2 gennaio del 1922 ed era figlio di Francesco e di De Fazio Vincenzina.

Mi racconta un comandante partigiano che un giorno vede arrivare un bel giovane, si presenta e dice: “Sono un vice-brigadiere dei carabinieri, e vengo con voi” “Era un bravo ragazzo” mi dice ancora. Così è iniziata la permanenza nelle file della Resistenza di Domenico e precisamente nella II Divisione Garibaldi “PIEMONTE”.  Domenico era dinamico, ardimentoso, determinato, pieno di energia e d’inventiva ed anche buono.

Cianci Leonardo partigiano con lui, ricorda nitidamente quei giorni, e mi racconta di quando Domenico gli aveva regalato la sua giacca da carabiniere. Erano momenti difficili ed avere di che coprirsi era indispensabile.

Le azioni in Bassa Valle si susseguivano e Domenico era con Gino Castagneris (Capitan Tempesta), che fino all’autunno ’44 comandò l’Unità di Manovra dell’XI Brigata “B. GARDONCINI”, quell’area che andava da Venaria – La Mandria – Fiano a Druento – Pianezza – S. Gillio.

Scrive “Tempesta”, “Ma questa è roba di tutti i giorni”, riferendosi ad una delle tante “particolari” azioni fra le squadre dell’Unità di Manovra e le “squadracce nere”, e Domenico in questi scontri fu sovente uno dei protagonisti. Leonardo ricorda un’azione portata a termine da alcuni Partigiani con Domenico per aiutare dei prigionieri inglesi che si trovavano nella Mandria.

Anna, che amici partigiani avevano contattato perché li aiutasse, ricorda che una sera arrivò a casa sua Domenico con due valige piene di armi. La sua famiglia lo ospitò. Si fermò per la notte e nascosero le armi sotto delle fascine, poste nel pollaio, correndo non pochi rischi.

Al mattino presto Domenico partì per la montagna col suo prezioso carico.

Domenico fu ancora protagonista nell’essere riuscito a far realizzare dei “tromboncini” che servivano per rendere più forte e potente il tiro deglin Sten e poter così lanciare bombe di mortaio da 45. I “tubi” mancavano, perché all’Arsenale dove si era svolta la prima parte della modifica non avevano trovato il materiale adatto.

Domenico vice brigadiere “caramba”, che aveva conoscenti tra i sorveglianti della Spa di Torino, s’interessa del problema, gli forniscono il disegno e dopo alcuni giorni arriva a Varisella con un camioncino 1100 carico di “tubi” preparati dagli operai della Spa.

Nel successivo rastrellamento i fascisti sperimentano sulla pelle quelle nuove armi e lasciano il “campo” scrive ancora “Tempesta”. Leonardo mi racconta di quando una sera erano stati a Venaria in “pattuglione”, senza scarpe, solo con le calze, le avevano tolte per non farsi sentire.

Domenico voleva prelevare una mitraglia ai fascisti, serviva alle postazioni delle formazioni di alta montagna. Poi quella sera Domenico, Berto Lanaro e Alfredo Cavicchioli vengono per portarla via quella notte. Era posta in un “nido” all’incrocio di viale Roma, corso Garibaldi e via C. Alberto, ora via A. Mansa.

Lì di giorno c’era un  posto di blocco, dove bisognava far vedere il “lasciapassare”, e di sera piazzavano la mitraglia, in modo che potesse difendere il presidio della “Folgore” situato nella scuola “Principe di Piemonte, che poi sarà “De Amicis”.

Con la mitraglia all’incrocio si poteva controllare con facilità anche le vie.

La stessa azione serviva per portare via anche un camion 626 Fiat, sovente parcheggiato vicino a Masoero, una fabbrica di bibite, all’inizio di viale Roma sulla sinistra.

Avvenne uno scontro a fuoco e Domenico rimase ferito gravemente, mentre gli altri tiuscirono fortunatamente a fuggire e tornare attraversando La Mandria in Vassa Valle.

Il suo corpo il giorno dopo fu caricato su un autoblindo a testa in giù e portato in giro per Venaria e verso le Case Operaie. In tanti raccontano di averlo visto, impolverato, in uno stato pietoso, era appena riconoscibile, e qualcuno mi dice di aver visto la sua testa gonfia penzoloni battere per terra, probabilmente quando scivolava giù.

Per i fascisti quella era la fine riservata ai “banditi”, ed erano attenti nell’osservare tra la folla, la reazione di chi poteva averlo conosciuto.

Era un modo atroce per terrorizzare la popolazione, esibivano in pubblico quel corpo martoriato che per loro rappresentava “un trofeo”. Era agghiacciante, chi vedeva la scena rimaneva spaventato e terrificato. Domenico è morto il 24 agosto del 1944.

– In corso Garibaldi all’altezza dell’inizio di viale Roma, sulla destra, andando avanti verso il ponte, c’è una lapide che ricorda la sua morte.

– Le sue spoglie riposano nel Mausoleo del Cimitero di Venaria

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