Lamezia. Il 18 maggio presentazione del libro di Giovanna Politi
4 min di letturaSabato 18 maggio, alle ore 18.30, la leccese Giovanna Politi, presenterà il suo ultimo romanzo “Io sono l’a-more” presso la Libreria Tavella di Via Crati 17 a Lamezia Terme
Giovanna Politi è una scrittrice che ha alle spalle ormai un lungo percorso autoriale: tre romanzi, diversi libri di poesia, un libro di racconti per bambini e numerose partecipazioni a progetti culturali e teatrali.
Le sue opere sono state presentate in quasi tutte le regioni italiane ed hanno ricevuto numerosi premi. Giovanna Politi dialogherà con Antonio Chieffallo, giornalista e scrittore e con Angela Sposato.
Interverrà inoltre il giornalista Ugo Floro. Alla serata prenderà parte il Cavaliere Antonio Mirijello, presidente regionale dell’Ente Nazionale Sordi, assieme ad un nutrito gruppo di associati che avranno modo di seguire la serata grazie alla presenza di un interprete della lingua dei segni.
La presenza dell’ENS è legata al contenuto del libro che racconta il percorso esistenziale di una donna sorda attraverso i labirinti dell’amore, il rapporto con il padre, le difficoltà ed il dono della propria condizione.
In conclusione di serata, sarà possibile assistere ad un monologo ispirato al romanzo a cura di Salvatore Cosentino, attuale Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Lecce e autore teatrale.
Cosentino rappresenta un unicum nel panorama culturale italiano. Laureato a 23 anni, giudice ad appena 25, ha un lungo vissuto al tribunale di Locri dove ha operato come Sostituto Procuratore prima di rientrare a Lecce dove, oltre ad aver proseguito la carriera nella magistratura, è impegnato nell’insegnamento universitario.
Da tempo si è dedicato anche al teatro sia come autore che interprete di apprezzati monologhi.
Recensione a cura di Salvatore Cosentino
Giovanna Politi è donna colta, ma non sul fatto. E, d’altra parte, io credo che se uno scrive libri, il migliore lo scrive (poco) dopo i 40 anni. Prima è troppo presto, dopo è troppo tardi. Il libro migliore è quello più intenso, più vero, forse più sofferto. E’ quello in cui le parole sono esattamente quante dovevano essere: non una di più, non una di meno. E sono nel modo in cui dovevano essere; profonde, precise, essenziali. E’ il libro che racconta (pur parlando apparentemente d’altro) le stratificazioni della vita di un autore o di un’autrice.
Perché è il libro che si confronta con le esperienze di una maturità che comincia ad accarezzare il corpo e…il pensiero.
E allora questo “Io sono l’A-more” (ed. Kimerik) è la sintesi delle relazioni di Giovanna con gli altri, ma anche con se stessa. Ed è anche il luogo (non del tutto) metaforico dov’ella visita quella “casa” costituita dal suo interiore, trovandola sempre ricca di molte, variegate stanze, giammai un monolocale. Una casa ricca di “luoghi del pensiero”. E c’è tutto dentro quei luoghi: la luce, il vento, il mare, la Fortuna, la sfortuna, la vertigine del tempo, il dolore, il sentimento, il rumore e…il silenzio: perché il libro narra di sordità, di gente che deve comunicare a gesti per farsi capire, e con questo testo la Politi ci spiega la decisiva differenza tra “sentire” e udire.
Generosa come sempre, lei non si fa mancare nulla: 2 prefazioni, 1 postfazione,172 pagine e 265 aforismi per un manuale d’istruzione (scritto con l’apostrofo) per il funzionamento del cuore. “Io sono l’A-more” è un testo profondo eppur leggero, perché non scambia mai la leggerezza con la superficialità. Ambientandolo in un Salento autentico (e non autoreferenziale e retorico come quello che è diventato oggi), la Politi ci narra di Amore come strumento di Libertà, oltre che di arte dell’ascolto. Ascolto degli altri, ma anche e soprattutto di noi stessi, perché si può ascoltare anche senza padiglioni auricolari, e qualunque handicap può diventare una risorsa.
Il motore di ricerca di Giovanna Politi non è Google, ma è la Bellezza. E il vero muscolo che muove i suoi polpastrelli sulla tastiera è l’Emozione. Così lei ci racconta dei massimi sistemi dell’esistenza nel modo più semplice possibile: di quanto sia difficile (e spesso ingiusto) giudicare; di come la felicità comporti un’ineliminabile quota di egoismo; di come il godersi la meraviglia dell’Istante sia il segreto di ogni vita felice, perché è il Presente l’unico tempo che ci appartiene.
E infine l’autrice ci offre una lucida analisi sul peccato, per concludere – molto laicamente – che l’unico peccato mortale vero è quello di rinunciare alla propria felicità, o magari instillare nella mente di qualcuno lo sciagurato dubbio che il Piacere possa essere peccato. In un testo perfettamente riuscito, perché scritto da una donna piena di passato eppur senza passato, perché intrisa di un futuro eternamente presente.