Fare poesia del coronavirus…
2 min di letturaFilone mitigatore operato dalla nostra letteratura: pensiamo al potere affabulatore del Decameron di Boccaccio, per un confronto immediato!
Lì la buona novella fa da antidoto alla peste e alla paura che ad essa consegue.
Animato da questo spirito, un caro amico, Massimo Ionà, docente verseggiatore della bergamasca, mi porge sette distici a rima baciata, conservando dello stile trecentista un articolo determinativo, improprio ed involuto, forse per oggi, ma volutamente efficace, anche per la tradizione che rappresenta, a curare tutte le improperie, tutte le infamie, tutti i vituperi (e quante se ne sentono in giro!!!), come avrebbe raccomandato il Buon Pirandello.
Non posso non porgerlo alla visione dei nostri amici lettori:
Ode al Covid-19
Vi è un virus che per lo contagio non perdona,
ha già dei primati nonché una…corona.
Persino in Italia v’è stata l’invadenza,
sull’umore ha una pessima…influenza.
Chi sta a casa e chi, ahimè, in ospedale,
tra gli studenti la felicità è davver…virale.
Le preoccupazioni son diffuse e varie,
persino lo calcio alzato ha “le difese” immunitarie.
Starnutiamo nel gomito per vincer del contagio lo duello,
ma poi non facciamo il gesto dell’ombrello.
A volte si sa, la paura ci attanaglia,
un Grazie a chi ci aiuta a vincer la battaglia.
Concludo con qualcosa di scontato e saggio,
di fiducia e di sorrisi auguro a tutti un gran contagio.
Prof. Francesco Polopoli