Vincenzo Morello, in arte Rastignac
6 min di letturaAvvocato, poeta e giornalista prolifico, anticlericale e fascista, sarà lo scopritore nella Roma di fine Ottocento del talento letterario di D’Annunzio.
Vincenzo Morello nacque a Bagnara Calabra (Reggio Calabria) il 10 luglio 1860 da Antonino, commericante e Maria Grazia Gentiluomo, unico maschio di quattro figli. Intrapresi studi tecnici a Messina, ben presto riconobbe la sua propensione agli studi umanistici conseguendo la licenza liceale da privatista sotto la carismatica guida del professore di filosofia Giuseppe Sergi. S’iscrisse poi a Giurisprudenza a Napoli dove si laureò brillantemente nel 1883. Nel frattempo avvenne il suo esordio letterario con una discreta raccolta poetica (Strofe, Napoli 1881) e sopratutto iniziò il tirocinio da giornalista, che sarà la sua vera e grande passione professionale. Trasferitosi per breve tempo a Pisa fondò l’opuscolo Il Marchese Colombi dove potè sfoggiare in articoli appassionati e competenti la sua profonda conoscenza in ambito letterario, artistico e filosofico. Ma dovette ritornare nella natia Bagnara, dove esercitò per poco tempo l’attività forense lasciando però traccia anche letteraria. Infatti lo resero celebre alla pubblica opinione le arringhe in difesa di Antonio Monzilli, faccendiere coinvolto nello scandalo della Banca romana (Per Antonio Monzilli…, Roma 1893) e di Carlo Secchi (l’arringa pro Secchi, Roma- Torino 1906). Fu autore, ancora, del saggio Politica e bancarotta (Roma 1894) e di un commento al codice penale Zanardelli (Sul nuovo codice penale: discorsi alla Camera dei deputati, Napoli 1889) e di uno studio teorico sui Patti Agrari (Il contratto agrario: studii e proposte (Roma 1899). Lasciò quindi Bagnara, in quanto l’ambiente chiuso del paese natale opprimeva la sua voglia di vivere. Individualista accanito, scelse, per non dare limiti alla sua libertà individuale nè di sposarsi nè di generare figli.
Morello diventa Rastignac, nasce l’amicizia con D’Annunzio
Ritornato a Napoli presto fu chiamato a collaborare presso il suo giornale Il Piccolo da Rocco De Zerbi, di cui fu un redattore brillante, sopratutto a causa dell’accesa polemica che intraprese contro Giovanni Bovio. Poi passò a dirigere Il Corriere di Napoli. E’ in questo periodo che in omaggio al suo amore sviscerare per lo scrittore francese Honoré de Balzac assunse per pseudonimo il cognome del personaggio principale di uno dei suoi romanzi più famosi, Papà Goriot, Eugenè De Rastignac. Trasferitosi a Roma, Rastignac scrisse per il Don Chisciotte, Capitan Fracassa per poi giugnere alla direzione della prestigiosa Tribuna (di cui fondò nel 1890 un inserto letterario, La Tribuna illustrata, assieme al pittore Giulio Aristide Sartorio, amico intimo del giovane poeta abbruzzese Gabriele D’annunzio, a cui permise di pubblicare a puntate il suo romanzo L’invincibile). L’amicizia con D’Annunzio fu parecchio tormentata. Rastignac, accortosi della continue scappatelle del poeta – dandy, non si fece scrupolo di consolare l’afflitta (e cornuta) moglie del futuro Vate, la principessa Maria Hardouin di Gallese. Questo però non destabilizzò la loro amicizia, anzi. Rastignac fu tra i più entusiasti recensori nei suoi giornali dei romanzi dannunziani L’Innocente (1892) e Il Fuoco (1903). Quando nel 1915 D’Annunzio ritornerà dopo anni in Italia per arruolarsi volontario nell’Esercito italiano appena smobilitato per partecipare alla Grande Guerra (1915 – 1918), Rastignac attese il celebre amico poeta tra la folla interventista romana, e da quel momento concesse ampio spazio nella sua Tribuna agli accorati appelli dannunziani all’Intevento passati alla storia come “le radiose giornate di maggio”. Fu appassionato critico teatrale e scrisse moltissimo su questo argomento. Ci limitiamo a citare soltanto la conferenza Il teatro: una musa scomparsa (Firenze 1900), e le opere di cui fu autore quali La flotta degli emigranti (Torino 1907), Il malefico anello (Milano 1910), L’amore emigra (Roma 1912), I condottieri (Milano, 1921).
Morello nazionalista, interventista e fascista
In ambito politico Rastignac fu sempre strenuo avversario della Sinistra Storica trasformistica ideata da Agostino De Pretis, mentre grande fu la sua ammirazione e il convinto sostegno politico per le politiche autoritarie, nazionalistiche e coloniali del primo ministro Francesco Crispi (per il cui sostegno politico fonderà assieme ad altri nel 1894 Il Giornale) che lo persuase a disprezzare la democrazia, il parlamentarismo, l’avvento delle Masse nella opinione pubblica politica del suo tempo. Per questa ragione tentò l’avventura parlamentare candidatosi alle elezioni del 1895 per la XIX legislatura nel collegio elettorale della natia Bagnara, ma fu sconfitto da Antonino De Leo, notabile del luogo. Accusato dai bagnaroti di aver venduto la sua vittoria elettorale all’avversario De Leo per denaro, Rastignac, amareggiato da queste accuse, chiuse definitivamente i già pochi legami che coltivava ancora col paese natale.
Stabilitosi definitivamente a Roma, mentre dirigeva la già menzionata Tribuna, non gli impedi però di assumere la direzione di giornali extra romani quali L’Ora di Palermo (1900- 1902) e nel 1909 della fiorentina Cronache Letterarie. Fu acerrimo nemico anche della politica socialisteggiante di Giovanni Giolitti e sostenne, come già scritto, l’interventismo dannunziano prima e sopratutto dopo la sua impresa rivoluzionaria a Fiume nell’immediato Dopoguerra (1919). Criticò ferocemente oltre ai Trattati di Pace di Parigi (1919) sopratutto il Trattato di Rapallo (1920). Guardò subito con simpatia alla fondazione dei fasci di combattimento ad opera dell’ex socialista Benito Mussolini (1919), sostenendolo sui suoi giornali. Mussolini lo ricompensò nominandolo senatore di seconda categoria nel 1923 e presidente della Società italiana degli autori ed editori (SIAE) nel biennio 1928-29. Rastignac divenne un intellettuale organico al soldo del regime collaborando con le prestigiose riviste La Nuova Antologia e Gerarchia e scrivendo la prefazione all’edizione degli Scritti politici di Benito Mussolini raccolti e ordinati da Arnaldo Mussolini e Dino Grandi (Milano 1924). Nel 1930 tenne il discorso per l’inaugurazione del monumento ai 6500 caduti calabresi nella Grande Guerra (Reggio Calabria, 3 maggio 1930).
Il distacco dal fascismo, la morte e il ricordo postumo
Rastignac cominciò a distaccarsi, ad essere deluso dal fascismo per due motivi, uno politico e l’altro religioso. Il primo consisteva nella sua ferma opposizione alle intenzioni di Mussolini di intraprendere una politica di avvicinamento e di amicizia con la Germania dove stava facendosi largo il movimento nazista di Adolf Hitler. Infatti Rastignac quasi profetizzò che Hitler sarebbe stato il responsabile di una nuova guerra in Europa, dalle conseguenze disastrose. Nel libro La Germania si sveglia: dopo Locarno e Thoiry (Roma 1931) scrisse: «Da qualunque parte venga, o dalla Germania per la rivendicazione della sconfitta, o dalla Francia per la difesa del Trattato, una guerra, domani, sarebbe la più tragica delle follie, nella quale sommergerebbe, senza più speranza di risorgere, quel che resta ancora delle fortune e della civiltà della vecchia Europa». La questione religiosa invece fu l’opposizione di Rastignac al Concordato del 1929 firmato da Mussolini col Vaticano, da cui scaturirono i Patti Lateranensi. Rastignac, abbiamo già scritto, oltre ad essere individualista era profondamente razionale, di formazione positivista, quindi ateo. Criticò di conseguenza le pesanti concessioni che dette il fascismo al cattolicesimo nel campo del matrimonio, della istruzione, dei risarcimenti finanziari.
Sofferente da tempo di pericardite, morirà a Roma il 30 marzo 1933. L’anno seguente le sue spoglie mortali fuorno tumulate nel cimitero di Bagnara Calabra, mentre l’amministrazione podestarile cittadina gli fece erigere un monumento commemorativo.
Ad oggi una via a suo nome è presente a Roma mentre la natia Bagnara gli ha intitolato una piazza.
M.S.