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La bocca della verità: «’a vucca è ’nna ricchizza!», con prudenza, però!

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bocca della verita

Sapienza lametina esclamativa di verità, se ci mette in discussione!

Giustapposto, quasi, senza essere fuori posto: guardiamolo!  Soggetto più predicato nominale: quanto basta, praticamente!

Tuttavia, è un motto assai efficace nella sua brevità, pronunciato per dire che, a parole, siamo tutti ricchi: lo si usa, più nello specifico, in riferimento a certi fanfaroni che, dimostrando scarso senso del reale, amano cianciare di colossali fortune e di spropositati pregi, di cui sarebbero protagonisti.

Rimane sempre valido per i popolani più saggi il detto, secondo cui ««i sordi sunu alla vucca i tutti e alli manii nissunu!» (trad: «i soldi sono sulla bocca di tutti e nelle mani di nessuno»).

Noi diciamo pressoché allo stesso modo, colorando l’espressione con qualche metafora in più: «chi si vanta da solo non vale un fagiolo», a rimarcare la flatulenza fastidiosa prodotta dalle parole piuttosto che da altri sfinteri, il che la dice lunga, senza sconfinare; oppure «chi si loda s’imbroda» a sottolineare il goffo ed infantile insudiciarsi che si fa da sé al cospetto degli altri (pessimo spettacolo!).

D’altronde, Il Recanatese, che ne aveva ben donde, più di tutti, diceva espressamente che «non solo non bisogna vantarsi, ma guardarsi di confessarle, e ciò anche a quelli cui sono notissime. Se ne perde, non solo la protezione, o l’amore efficace, ma eziandio la semplice affezione, e lo so per propria esperienza» (Giacomo Leopardi, Zibaldone, 1817/32). E poi «alle prove disse Pulcinella», che non fa altro che evidenziare che se per una commedia d’arte serve una buona parte, non puoi negare ad essa le capacità, cioè i fatti in atti, anche perché non sempre l’improvvisazione aiuta a far buon mestiere.

Il clamore delle apparizioni, infatti, non fa fatica in un attimo ad abbassare le luci: e lì le risate potrebbero ospitare solo la tua assenza, miseramente! Durante la mia permanenza messinese, sposando le tradizioni del Regno delle due Sicilie, ho fatto tesoro di tante bellezze proverbiali: una vorrei proporvela, a chiusa del tutto, perché mi pare fortemente calzante, per l’epilogo cui mi sto avviando. «Cu si vanta ca so’ vucca, o è asinu o è cucca»: cosa significa?  “Chi si vanta con la sua bocca o è un asino o è una cucca (cioè una femmina del cuculo)”.

Volendo andare oltre il significato letterale, troviamo una massima che ci invita a diffidare di quelli che amano vantarsi da soli, sentendosi arrivati o al clou delle loro carriere: chi lo fa, in sostanza, o è stupido o è scemo, tertium non datur! «Vox populi, vox Dei», vox Polopolis, vox ei: scusate la licenza, l’oltre, cioè, detto «ccu llu parmu e lla chjicatura», ahahah.

Prof. Francesco Polopoli

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