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«Fhari strùsciu e sbrùsciu»

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Lo si dice a proposito di certi maniaci della pulizia che se ne stanno sempre con stracci e spazzole a portata di mano, per lucidare e sfregare a destra e a manca

La casa di Barbie non dovrebbe ospitare una «candòla», cioè quella donna inoperosa, trasandata e sciamannata, che se sta con le mani in mano e, per giunta, «chandòn», a bocca aperta, cioè, come la voce di area greca, da cui il vocabolo nostrano proviene, «’na ‘mbuccamuschi», praticamente!

Sempre che non ci sia una tata a surrogare i suoi mestieri, ma questa è un’altra storia! Credo sia opportuno, a questo punto, tessere le lodi delle nostre care matrone sul piano dell’economia domestica: scontato, mentre pesa un valore di tutto rispetto.

Eppure la lingua ce lo rammemora, in non pochi appuntamenti, attraverso i suoi indelebili segni: il capitale umano, vergandocelo con le parole, sta tutto nelle loro braccia.  Guardiamone il profilo semantico, per un attimino! Casa, casale, casalingo: si somigliano, eccome!

La dimensione del casale, rispetto a quella della casa, e la sua posizione, evocano attività che hanno tutta un’altra caratura d’alacrità, uno zelo aziendale, un’autonomia padrona.  Sotto quest’accezione i lavori domestici non hanno il respiro striminzito di uno spolverare col piumino, ma l’impegno di ordinare una realtà vitalissima con l’efficacia e l’efficienza di standard industriali.

Ne desumiamo che attorno al numero civico della propria abitazione si aprono i sipari del mondo: da quelle mura, eh sì, passa la nostra cura. Fateci caso, poi, le mani sono declinate al genere femminile: ci sarà una ragione! La gestione delle cose nasce dalla gestazione dei migliori esempi che abbiamo avuto: e lì nasce sempre il seme, col cuor di mamma!

Prof. Francesco Polopoli

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