«Teni llu ris’alla vucca e lla chjaga allu cori»
2 min di lettura«Ha il sorriso sulla bocca e la piaga nel cuore»: si dice a proposito di chi mostri un volto giulivo o rassicurante, per schermare il proprio tormento interiore
Il titanismo alfieresco è contenuto nella dignità di questa massima vernacolare: ci leggo al contrario un noto verso dantesco «in pianto e in affanno / cambiò onesto riso e dolce gioco» (cfr. Pg XXVIII vv. 95-96), per quel che mi riguarda.
È vero che il correttore automatico dei Pc fa del lametino il lamentino, ma non siamo assolutamente persone che si piangono addosso, questo no! Insomma, l’espressione figurata va a definire un atteggiamento dignitoso che trascende il dispiacere e/o il disappunto quando ci si trova in mezzo agli altri.
Posteriore, a livello semantico, è «fare buon viso a cattiva sorte /o a cattivo gioco», reso in inglese con locuzioni quali: «make the best of a bad job», «make the best of a bad situation», «grin and bear it», «keep a stiff upper lip», mentre l’equivalente francese pare sia «faire avec ce qu’on a». Una riflessione immediata.
Tutti abbiamo vissuto l’esperienza di guardare qualcuno e rimanere sorpresi per il buon umore con cui sopporta quello che da fuori potrebbe sembrare una situazione del tutto complessa e complicata. Che dire di costoro!?
Beh, accettano quello che non possono cambiare, caricaturizzandolo per allenare la resilienza di fronte ai momenti bui. Compensativa è una buona dose d’ironia socratica, che è sempre sorridente di sapienza. Non solo. Il Fiorentino, per antonomasia (ho dovuto chiarire in alcuni contesti che non si trattava di Renzi, detto per inciso, pazienza!), suggerisce, per chiudere, una fiera compostezza: «sta come torre ferma, che non crolla / già mai la cima per soffiar di venti» (Pg. V, vv. 14-15).
Che altro aggiungere!?
La nostra tradizione popolare, non meno della pagina letteraria, ci partecipa le stesse considerazioni: ecco le ragioni per cui la considero «voce docta» della nostra anima sociale perché, dal lat. «doceo» («insegnare»), è del medesimo ammaestramento. «Dialectus magister vitae est»: lasciatemelo coniare, con vostra buona licenza!
Prof. Francesco Polopoli