PSP: i 5stelle discutono sul ritorno a scuola dimenticando l’abrogazione della legge 107?
3 min di letturaI Partigiani della Scuola Pubblica seguono con attenzione e attesa le decisioni politiche di questo Governo intorno al mondo della scuola
Comunicato Stampa
La discussione è ampia, i temi cogenti molteplici: ritorno a scuola a settembre con sedie rotanti, classi divise, lezioni su turni, DAD sì, DAD no, aumento di organico in forse.
Però, in tutto questo marasma causato dal Covid19, il Movimento 5 stelle ha dimenticato che il mondo della scuola sulle idee programmatiche ha dato un voto e con quel voto molti sono in Parlamento. La certezza di quel voto si basa tutto sulla promessa dell’abrogazione della legge 107/2015.
Tutta, non parte di essa. E comunque anche sulle parti, ci riferiamo al disegno di legge contro la chiamata diretta, è calato il silenzio, escluso quello dell’ANP che torna a suggerire la prerogativa di selezione dei docenti da assegnare al Dirigente scolastico, come suo diritto/dovere per una scuola che porti a casa risultati d’impresa.
Quindi, onde evitare il riemergere di convincimenti accantonati, ma non eliminati, a quanto pare, chiediamo di sapere che fine possa aver fatto la proposta avanzata mesi fa dalla Senatrice Granato che sembrava, allora, l’ultimo slogan prima della rivoluzione. Aspettiamo quindi risposte sulle promesse fatte dal Movimento e non ancora mantenute.
Troppi veli scuri si posano ancora su questioni fondamentali, e l’abrogazione della famigerata 107 crediamo sia il passaggio più importante. Ma poi anche i finanziamenti alle paritarie ci spingono alla riflessione: il voto dovrebbe mostrare coerenza, ma invece ci lascia perplessi perchè l’alleanza con la parte politica contro cui il movimento spesso ha protestato e lottato, forse dei compromessi li ha dovuti sostenere? Forse.
Vorremmo pure chiarezza sul rinnovo del contratto, scaduto da quasi due anni, rispettando la consapevolezza della classe docente che sa, ahimé, che l’aumento di luglio (per chi lo ha avuto), non è un aumento contrattuale, bensì è il risultato del cuneo fiscale e meriti basati sull’ambiguità delle dichiarazioni pubbliche nessuno dovrebbe vantarne.
Non confondete gli argomenti perché poi è necessario, il giorno dopo, dare chiarimenti. Anche sulle cifre si dovrebbe quantomeno avere le idee chiare: uno stipendio di 1450 euro per un insegnante è poco, uno di 2500 è troppo, come ha dichiarato recentemente la Azzolina nella trasmissione di Telese (cercando nel confronto con i paesi europei la giustificazione, sbagliando).
Ci dica la ministra Azzolina la cifra che riterrà adeguata e onesta, convocando i sindacati sul rinnovo. Il resto sono parole e onestamente siamo stanchi di parole.