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Covid e psiche, stress e ansia da pandemia: la parola all’esperto

6 min di lettura

Quanto ha influito e continua ad influire sulla quotidianità l’isolamento sociale imposto dalla pandemia, quali sono i primi segnali di allarme e come dobbiamo comportarci?

Quando accendiamo il televisore, ascoltiamo la radio o per necessità ci troviamo a camminare per le strade delle nostre città, siamo continuamente bombardati da immagini che ci rimandano all’attuale emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19. Anche per le menti più forti, appare davvero impossibile non lasciarsi coinvolgere emotivamente da quello che ci sta accadendo; una situazione che esula dalla mera apprensione sulla possibilità del contagio, ma che ricade anche nell’impossibilità di vedere la tanto agognata fine, la luce in fondo al tunnel, per tornare alla normalità.

Uno dei disagi maggiormente percepiti ad oggi, è sicuramente l’aver necessariamente dovuto proiettare le nostre esistenze nel mondo digitale: una situazione paradossale se si pensa che nell’ultimo decennio abbiamo costantemente lavorato perché l’uso dei social assorbisse totalmente le nostre vite. E ora che di necessità si fa virtù, ci siamo accorti che non possiamo esimerci dal contatto con la realtà.

Del rapporto tra la nostra psiche e la pandemia parliamo con la dott.ssa Ilaria Zaffina, specializzata in Psicoterapia cognitiva.

Lei lavora sulla tematica ormai da quasi un anno, con progetti rivolti soprattutto ai più giovani, grazie ad una serie di sportelli di consulenza attivati in più istituti scolastici a Lamezia Terme. Potrebbe, in linea di massima, indicarci i principali sintomi riconducibili al disagio imposto dalla gestione sull’emergenza sanitaria?

“Non è possibile generalizzare, ogni individuo ha reagito in maniera differente, memore anche del proprio bagaglio psichico. Nel caso dei bambini, per esempio, la risposta è stata varia. Per qualcuno la dad è stato un modo per potersi sentire più protetto e ne ha portato giovamento, per altri, propensi alla didattica in presenza, invece, si è trattato di un passo indietro. In ogni caso, la consulenza ha permesso di interfacciarsi non solo con i bambini, ma anche con gli insegnanti e le loro famiglie. 

Il più delle volte i bambini sono lo specchio dei propri genitori, quindi una situazione di tranquillità familiare non può che giovare. Mi sono trovata di fronte a differenti situazioni: dal non voler rientrare a scuola, anche se in sicurezza, manifestando sintomi psicosomatici (mal di pancia, mal di testa e malesseri in generale), alla situazione di incertezza e di limbo che poi ci accomuna un po’ tutti (non sappiamo se rientreremo o no!). Ecco, quest’ultima situazione, legata all’incertezza, ha maturato una nuova consapevolezza nei più piccoli che li ha spesso condotti in condizioni di disagio e di stato ansioso”. 

In base al suo lavoro, è possibile fare una stima a livello territoriale sull’incidenza di tali disagi sul mondo infantile?

“Su Lamezia gli utenti hanno ampiamente usufruito del servizio di consulenza attivato con gli sportelli, la risposta è stata buona, ma con il periodo di riposo delle vacanze natalizie c’è stato un blocco nelle richieste e in alcuni casi una posticipazione degli incontri. 

Nelle scuole in cui la consulenza si effettua online l’afflusso è minore, un po’ perché effettivamente il rapporto con il paziente, almeno nel primo incontro, deve essere in presenza, un po’ per mancanza di strumenti informatici in alcune famiglie e anche un po’ per la mancanza di spazi intimi in casa che permettano di sentirsi a proprio agio e lasciarsi andare”.

Come può un genitore cogliere i primi segnali di disagio e quali sono?

“In generale l’ansia è un sintomo spesso presente negli studenti: ad esempio ansia da prestazione per il raggiungimento di standard sempre più elevati, ansia relazionata al non essere accettato dai compagni, etc. Ad oggi vediamo spesso bambini che stanno sviluppando l’ansia da separazione dai genitori, dopo il periodo di lockdown in cui hanno potuto vivere giornalmente con i genitori un lungo periodo di attaccamento nei loro confronti. 

Nel relazionarmi con i miei colleghi posso aggiungere che alcuni tra i pazienti che già usufruivano del supporto psicologico della consulenza o che seguivano già un piano terapeutico hanno affrontato molto meglio l’emergenza. Pensiamo al bullismo: per un bambino bullizzato la dad non può che essere la soluzione a moltissimi problemi, lo stesso vale per gli alunni con DSA, anche loro si troveranno ad affrontare le lezioni e lo svolgimento dei compiti in maniera decisamente più rilassata e con le tempistiche a loro più congeniali.

Un genitore, dal canto suo, deve imparare a cogliere i segnali emotivi dei propri figli. Non bisogna minimizzare, si tratta di un ragionamento da applicare in generale in ogni situazione, non solo durante questa emergenza sanitaria. Bisogna anche comprendere che farsi aiutare è normale, quindi ben venga il servizio di consulenza gratuito che è stato attivato negli istituti grazie al protocollo d’intesa tra il ministero dell’Istruzione e il Consiglio nazionale ordine degli psicologi”. 

E per gli adulti? Cosa ci suggerisce?

“Come dicevo gli sportelli sono rivolti anche al personale scolastico, agli insegnanti, ai collaboratori e ai genitori. Il ragionamento è identico. Il personale scolastico si ritrova a dover gestire il rientro a lavoro, un fattore potenzialmente stressogeno di per sé, ma in una situazione di emergenza sanitaria amplificato. Pensiamo all’introduzione di nuove modalità di lavoro e il cambiamento dei contesti in cui si trovano a dover interagire i dirigenti, il corpo docente e i collaboratori scolastici. Vorrei spezzare una lancia in favore anche della categoria degli insegnanti: si trovano a dover fronteggiare un senso di incertezza che cozza con la possibilità di tendere la mano verso i propri alunni. Se ci riflettiamo la situazione è anche qui diversificata a causa di una infinità di variabili: basti pensare che nelle scuole materne gli alunni, data l’età inferiore ai 5 anni, sono sprovvisti di mascherina al contrario dei docenti ed è vietato ogni gesto che implichi un avvicinamento fisico, impensabile per queste fasce d’età.

Gli insegnanti stanno veramente facendo uno sforzo immane, anche nella didattica a distanza, e spesso sono diventati il punto di riferimento dei propri alunni, il ponte di collegamento per esporre i primi disagi ed essere poi indirizzati verso la consulenza.”

Concludiamo con una domanda un po’ più generica: quanto ci si prende cura della propria salute mentale?

“Sicuramente è aumentata l’attenzione verso la propria salute mentale, non solo da un punto di vista personale, ma anche a livello ministeriale. C’è un notevole aumento della sensibilità grazie alle tematiche trattate da più testate, anche di tipo divulgativo, con un linguaggio più prossimo al lettore medio, ma non per questo banale. In ogni caso è indispensabile che si parli molto di prevenzione: non è detto che tutti abbiano bisogno di un aiuto, ma una prima consulenza consentirebbe di dissipare ogni dubbio!”. 

Jean Piaget diceva: “Sfortunatamente per la psicologia, tutti pensano di essere psicologi”, di fatti investiamo tanto tempo a parlare delle nostre preoccupazioni e difficoltà con le persone a noi vicine ma raramente ci affidiamo ad un professionista esperto e formato. Potremmo approfittare di questo periodo storico per imparare un nuovo modo di affrontare le situazioni che creano sofferenze e difficoltà, ragionando su ciò che ci succede anziché limitarci solo ad una semplice chiacchierata.

Felicia Villella

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