Lost in… Dark: tra eterno ritorno di Nietzsche e fisica quantistica
5 min di letturaPer il quinto appuntamento di “Lost in…” proponiamo la recensione di Dark, una serie tv tedesca molto complessa uscita nel 2017 e conclusasi nel 2020
Creata da Baran bo Odar e Jantje Fri, Dark è una serie tv drammatica, thriller e clamorosamente fantascientifica.
Le vicende della prima stagione si svolgono in ben tre archi temporali, ovvero il 1953, il 1986 e il 2019; mentre nella seconda stagione gli accadimenti si allargano al 1921 e al 2052 fino a regredire al 1888 durante la terza e ultima stagione.
La storia è ambientata nella città di Winden e ruota attorno a quattro famiglie: i Nielsen, i Kahnwald, i Doppler e i Tiedemann.
La serie si apre nel 2019, anno buio in cui scompaiono misteriosamente diversi bambini, tra i quali Mikkel, figlio del poliziotto Ulrich Nielsen.
Quest’ultimo, convinto dell’esistenza di una relazione tra la sparizione attuale di suo figlio e quella di suo fratello Mads avvenuta trentatré anni prima, decide di indagare assieme alla sua collega Charlotte Doppler concentrando l’attenzione sul bosco di Winden.
Qui Ulrich si imbatte nel cadavere di suo fratello Mads incredibilmente conservato e inoltre, all’interno di una caverna localizzata in questo stesso bosco, trova una porta recante una scritta in latino: “Sic mundus creatus est” (“Così il mondo è stato creato”). Non si tratta però di un semplice ingresso, ma di un vero e proprio portale temporale che consente di spostarsi di trentatré anni per l’appunto.
In contemporanea a questi fatti e soprattutto alla sparizione di Mikkel, Michael Kahnwald si suicida, catapultando suo figlio Jonas, nonché protagonista della serie, in una voragine impervia di dolore e interrogativi che conducono anche lui all’interno di quella caverna, nonché al di là del portale, al di là quindi di quella che viene definita particella di Dio.
Gli abitanti di Winden, in sintesi, sono letteralmente bloccati all’interno di un loop temporale che si ripete all’infinito e ciò fa immediatamente pensare all’eterno ritorno dell’uguale teorizzato da Friedrich Nietzsche. Se per Nietzsche infatti ogni nostra azione si inscrive nell’eternità attraverso una circolarità temporale, in Dark si sostiene parimenti che “il principio è la fine e la fine è il principio”.
Per quanto i personaggi siano in grado di spostarsi nel tempo, essi non riescono comunque a cambiare il loro destino né quello delle persone a loro care. Perciò, quando tentano di evitare un avvenimento, questo si ripresenta; e lo stesso espediente, adoperato per tentare di fermarlo, finisce per svelarsi come la causa per la quale quel dato fatto è accaduto in quell’esatto modo.
Si tratta di una causa-effetto, quindi di “un’eterna danza che non avrà mai fine” come sostenuto da H.G. Tannhaus, un personaggio cardine della serie.
La trama del resto è costruita sulla base del principio fisico di autoconsistenza per cui il passato è e resta immutabile e inoltre, nella terza ragione, essa si allarga anche al concetto di correlazione quantistica secondo la quale, quando due particelle situate in posti diversi sono correlate, ciò che accade alla prima influenza la seconda.
Per sciogliere quello che viene definito “nodo”, è necessario pertanto giungere all’origine e Jonas, in contrapposizione alla donna che ama, nonché sua antagonista Martha Nielsen, intende interrompere il loop, vuole distruggerlo, intende ammazzare il tempo letteralmente parlando e con esso proprio la sua origine.
L’origine però passa attraverso una serie di dinamiche ingarbugliate consistenti in un delirante diramarsi di confuse relazioni, di improbabili intrecci amorosi, di improponibili parentele derivate dal caos conseguente al loop temporale e dai continui viaggi nel tempo effettuati dai personaggi. La storia in virtù di ciò sembra una matassa e per questo motivo è necessario scioglierla poco per volta prima di arrivare all’ultimo dei nodi, ergo all’origine del groviglio.
L’annullamento dell’origine allora è vista come l’unica maniera possibile per sfuggire alla predestinazione. “Il caso non esiste” afferma in merito Noah, un altro importante personaggio “Ogni percorso è predeterminato. Tutto accade quando deve accadere nel momento giusto nel luogo giusto. Come se il tappeto del mondo fosse un intreccio di fili infiniti, ognuno al suo posto.”
Alla luce di ciò, Dark è una serie tv veramente complicata, ma ben strutturata. Richiede pertanto un alto grado di attenzione, ma gli accadimenti sono comunque in grado di favorirlo poiché stimolano la curiosità e ci lasciano con gli occhi praticamente incollati allo schermo.
La difficoltà nella fruizione sta nell’altissimo numero di personaggi, oltre tutto triplicati a seconda dell’arco temporale di riferimento. Ogni personaggio viene mostrato da bambino, da adulto e da anziano e il ricorso ad attori differenti può generare confusione. Inoltre si fa fatica a ricordare tutta una serie di nomi tedeschi da associare a quei volti e quindi può apparire difficoltoso riconoscerli immediatamente. Ad ogni modo, al fine di orientare all’interno della fitta trama, viene fornito da Netflix stesso un albero genealogico privo di spoiler e che cambia quindi di episodio in episodio allo scopo di consultarlo alla conclusione dello stesso. (Qui è possibile visionarlo: https://dark.netflix.io/en )
L’assoluta complessità della serie comunque, è bene sottolinearlo, non le toglie assolutamente nulla. Semmai è un meraviglioso valore aggiunto. Dark è innegabilmente coinvolgente. È un vero e proprio gioiello di serie tv che in maniera magistrale collega fatti e persone, dando una coerenza impeccabile ad un universo di totale confusione e insensatezza.
Dark tra l’altro è stata accolta positivamente dalla critica ed inoltre è stata eletta come “Migliore Serie Originale Netflix” da Rotten Tomatoes, un sito web nato nel 1998 che raccoglie recensioni e notizie riguardanti il mondo del cinema e delle serie tv. Con l’80 per cento delle preferenze degli utenti Dark ha stracciato Black mirror.
Promuoviamo Dark anche noi e ne raccomandiamo la visione senza alcun dubbio o remora, invitando unicamente all’attenzione.
Simona Barba Castagnaro