La Pasqua ci interpella su che cosa vuol dire essere cristiani
4 min di letturaRiflessione di Don Antonio Fiozzo
Nonostante siano passati oltre duemila anni di storia, Gesù non è conosciuto, proprio Lui che è il Verbo Incarnato, è la Seconda Persona della Santissima Trinità che ha assunto un corpo umano dalla Vergine Maria; Lui che è il Figlio di Dio fatto uomo per rivelare Dio e il suo amore salvifico per ogni uomo fino a morire in croce e risorge glorioso dopo tre giorni, cioè nel giorno di Pasqua.
Per tutti i cristiani la Pasqua di Gesù è l’avvenimento degli avvenimenti che ha mutato la storia dell’umanità: Cristo risorto da morte con il suo corpo, da allora reso immortale, segna l’inizio di una nuova creazione per l’intera umanità.
Questa verità di fede – insieme alle altre quali la Trinità e l’incarnazione – accumuna tutte le confessioni cristiane che accolgono la Scrittura per vivere in maniera ecumenica il loro credo, pur nel rispetto delle diversità e, se possibile, a celebrare nello stesso tempo i misteri della fede. In queste verità di fede però non credono i Testimoni di Geova, ecco perché non possono celebrare la Pasqua cristiana. Ed è per questo che non si può ritenerli una “confessione cristiana”, innanzitutto perché la loro interpretazione delle Scritture contratta fortemente con gli elementi dottrinali fondamentali del cristianesimo: negano la dottrina della Trinità, Gesù – poi – è “Figlio di Dio” ma è stato creato, non generato.
Sarebbe esistito nel cielo come prima creatura del Padre, prima di nascere come uomo. Non sarebbe risorto con il suo corpo terreno, ma avrebbe assunto un “corpo spirituale” in cielo. I Testimoni di Geova, dunque, non possano definirsi una “confessione cristiana”, sebbene predichino in base alle loro pseudo-scritture, spesso interpretate in maniera fondamentalista, e forse si farebbe torto al loro credo se si volesse integrarli in una visione di fede che non appartiene loro.
d ogni modo la Pasqua per i cristiani celebra la morte e la risurrezione di Gesù, momento culminante in cui si operò la salvezza dell’umanità. La Pasqua, pertanto, ci pone davanti al mistero del grande amore, con cui Dio ci ha amati in Cristo Gesù: non a parole soltanto, ma col dono effettivo del Figlio suo (cf. Gv 3,16) che da Risorto ha effuso lo Spirito Santo per un Battesimo di rigenerazione a vita nuova. In virtù di tale battesimo tutti i cristiani sono stati “… sepolti insieme a Lui – Gesù- nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4); poiché: “Se siamo stati completamente uniti a Lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione” (Rm 6,5); poiché crediamo: che “se siamo morti con Cristo… anche vivremo con lui” (Rm 6,8); e poiché crediamo che “Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di Lui” (Rm 6,9). La Pasqua, l’ora della vittoria di Cristo sulla morte, è l’ora più grande della storia e ci costringe a riflettere su che cosa vuol dire essere cristiani. San Paolo definisce coloro che credono in Gesù Risorto e hanno ricevuto il suo Santo Spirito – divenendo corpo mistico di Cristo – “l’edificio di Dio” (cfr. 1Cor 3,9b). Tale immagine esprime la stessa verità circa il nostro legame organico con Cristo, come “fondamento” di tutta la vita spirituale: “Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo” (1Cor 3,11).
Così scrive l’apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi, e in seguito pone ai destinatari della sua lettera – ed anche a noi! – la seguente domanda: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi”? (1Cor 3,16). Ed aggiunge ancora (sono parole forti, in un certo senso anche severe e minacciose): “Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui” (1Cor 3,17). Per concludere poi: “Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1Cor 3,17).
Spetta ad ogni credente cristiano esprimere tale sua verità con l’esempio, la vita e l’impegno da vivere nella comunità di appartenenza, armoniosamente compaginata nella carità e dinamicamente protesa verso gli altri nel desiderio di far parte a tutti della gioia che viene dall’aver scoperto ciò che Cristo Risorto ha fatto di ogni suo credente: “Io mi sono scelto ed ho santificato questo tempio perché la mia presenza vi resti sempre” (2Cr 7,16).