Il progetto di cambiamento parte dal basso con un grande interprete
7 min di letturaL’intervista del Presidente onorario del neonato movimento “ADESSO” , Moni Ovadia
Comunicato stampa
«Ho 75 anni, perché mi ci metto? Perché credo nell’umanità. Non è importante che io veda la realizzazione del processo, importa che io sia iscritto nel cammino. Possiamo di generazione in generazione costruire qualcosa di straordinario. Ma dobbiamo declinare due caratteristiche: urgenza e pazienza. Urgenza è il modo di lavorare. Pazienza nel sapere che ci vorrà un tempo lungo. Come i contadini di una volta che piantavano alberi di cui né loro né i loro figli avrebbero raccolto i frutti, ma i loro nipoti. Questo è l’atteggiamento corretto. Piantare l’albero e spaccarsi la schiena, perché si vede un orizzonte di giustizia. Il compenso che ricevi è il fatto di lottare. Perché una vita senza lotta, che vita è? Manca il sogno di una società bella, di una società libera. »
Queste le prime parole di Moni Ovadia, proclamato dall’assemblea del neonato movimento “ADESSO” presidente onorario. Un movimento che ha iniziato il suo percorso con una “libera scuola di formazione”, “La Scuola di Atene” dallo scorso giugno, e che ha visto il contributo dei filosofi partendo dalla visione critica di Massimo Cacciari e dal manifesto scritto da Giuseppe Girgenti. Cultura e istruzione ovviamente al centro, ma anche e soprattutto lavoro , sanità pubblica, autentica transizione ecologica, federalismo. Sono molti gli spunti che il fondatore e coordinatore politico del movimento, Franz Di Maggio, riassume:
«Ricominciare dalle persone, dai territori, dall’idea di una democrazia diffusa che trova nel termine “isocrazia” il suo compimento. Autonomia e federalismo che fanno rima con solidarietà e sussidiarietà, non con egoismi e chiusure. Una visione inclusiva, accogliente. Un progetto che parte non da una visione partitica allineata, ma da una visione critica dell’intero sistema politico attuale, non solo italiano. Quando parliamo di confederalismo democratico, vogliamo indicare una strada nuova, possibile, partendo da proposte concrete e sostenibili. A noi non serve la protesta, vogliamo costruire con lungimiranza un progetto che non si fermi all’emergenza di turno da inseguire».
E Moni Ovadia incalza: «Bisogna declinare il sapere con un progetto di società.
Sono vent’anni che dico che bisogna fare una cosa seria. Basta essere sempre legati alle elezioni! Prepariamo una struttura forte, una piattaforma forte e presentiamoci alle elezioni quando saremo almeno in grado di prendere il 20% dei voti. Ovvio che chi ha paura di non avere la sedia sotto il culo non parteciperà a una costruzione del genere. Per prendere il potere devi avere gli strumenti e saper parlare non solo ai tuoi. La sinistra ormai parla alla media borghesia intellettuale fondamentalmente, non parla più agli operai, non parla ai poveracci, non parla alle partite IVA e questo porta la gente a votare la destra, o i cinque stelle che hanno trovato una forma di linguaggio da un certo punta di vista deprecabile, ma che sono riusciti a comunicare alla gente.
Non facciamo un partito per andare alle elezioni. Costruiamo una forza democratica di cittadinanza costruita dal basso. Per costruire questa piattaforma economica abbiamo bisogno di un’economista, come Emiliano Brancaccio. Di un sociologo come Domenico De Masi. Persone di pensiero come Stefano Bonaga, Nadia Urbinati. Partendo da loro e dal concetto di ISOCRAZIA. Democrazia degli eguali.
Dato che questo movimento non esisteva, eccolo. Questo è il momento giusto. Vi rendete conto che questo sistema è fradicio? Vi rendete conto che alla prossima pandemia i problemi saranno tre – quattro volte maggiori? Altroché tornare allo status quo pre-pandemia!
A chi mi chiede ricette dico che non ne ho, ma so che contro questo sistema di cose è necessario iniziare a lottare. Ed è inutile usare come target i sovranisti, il vero target è lo smisurato potere del denaro. Ci sono piccoli gruppi di uomini che detengono metà della ricchezza mondiale. Stiamo parlando di un sistema marcio, fradicio, che favorisce la corruzione, che provoca il crollo di qualsiasi capacità critica di pensiero. Molta, troppa gente, si è rimbecillita, riempita com’è di segnali consumistici e specchietti per le allodole. La battaglia è impari, ma bisogna direzionarla e ragionare sul linguaggio e sulle forme di pensiero che possano contrapporsi a tutto questo. Se non si pongono limiti alle ricchezze non si riuscirà a uscire da questo vicolo cieco. E non dico che tutti debbano guadagnare gli stessi soldi, tanto non succederà mai, ma che semplicemente, oltre una certa cifra i profitti diventano denaro pubblico.
La collettivizzazione per come è fatto antropologicamente l’uomo non funziona. Oltretutto un’idea di uguaglianza totale dovrebbe partire da un’educazione che dovrebbe durare per decenni e decenni.
La dignità, i diritti, l’accesso agli strumenti conoscitivi, alle opportunità di crescita devono essere uguali per tutti. Poi è ovvio che ciascuno nel proprio percorso di vita faccia scelte più o meno di successo. Ma una base di partenza minima deve esserci per tutti. Oggi, anche se teoricamente garantita dalle Costituzioni, manca. Se vuoi lavorare di più e vivere meglio va bene, ma ci deve essere un limite alla ricchezza. Non puoi comprare la Groenlandia, non puoi comprare aria, acqua, e terre in modo sproporzionato.
La medicina deve essere bene comune, l’accesso ai farmaci deve essere gratuito. La medicina è di tutti. Si pagano i medici, si pagano i ricercatori. Ma basta profitti sulla pelle delle persone.
Manca la consapevolezza planetaria perché questo avvenga. Ed è questo il nostro lavoro. Impedire provvedimenti che autorizzano ad avere qualcosa che priverà gli altri di un bene primario.
Il quadro è cambiato. Contadini e operai rispetto ai “padroni” erano il 92%. Oggi non è più così. Tutti coloro che lavorano nel terziario oggi non hanno avuto la formazione che hanno avuto operai e contadini, sono intrappolati in un sistema che non genera una coscienza di classe. La televisione ha il ruolo di distruggere il pensiero critico. La ridondanza delle notizie ne cancella il valore e la drammaticità. Si forma una plebe mediatica che non è né popolo né classe. Anche sfruttati, anche con un guadagno ridicolo, hanno uno sguardo su modelli di esistenza come l’happy hour, l’”apericena”, magari facendo debiti permettersi il fine settimana nel posto alla moda. La coscienza di classe non nasce solo dallo sfruttamento, ma anche dalle modalità dello sfruttamento. Anche il funzionario che guadagna bene ma lavora quindici ore al giorno è sfruttato.
Oggi abbiamo bisogno innanzitutto di una piattaforma teorica di questo mondo e delle sue modalità. Un pool di lavoro che elaborasse una piattaforma teorica che andrebbe costantemente aggiornata. Un think-tank che dica quali sono i punti deboli di questo sistema e come mettersi non al seguito ma alla testa delle trasformazioni. Per esempio la divina sinistra non ha capito nulla della televisione, né di internet. Nulla. Infatti l’ha rincorsa, invece di mettersi alla testa, perdendo così l’egemonia culturale. Rileggere Gramsci. Gramsci a sinistra non lo studia più nessuno, in compenso viene studiato nelle università americane.
Ripeto: il nostro compenso è la lotta. E poi devi essere contento. Sai di aver fatto il tuo. Pensiamo a quanti sono morti durante la Resistenza per lasciarci uno straccio di libertà.>>
Ed è su questo concetto che torna Elsa Flacco, docente di lettere abruzzese che condivide con Di Maggio la direzione di Adesso: «Siamo orgogliosamente legati ai valori trasmessi dalla nostra Costituzione nata dalla lotta antifascista, dalla Resistenza. Ma per noi è necessario guardare al presente, ad Adesso – appunto – e al futuro possibile delle nuove generazioni. Perché questo avvenga, ci stringiamo intorno al sogno di cui parla Moni Ovadia, un sogno che dovrà camminare sulle gambe dei mille compagni di viaggio di questa avventura. Abbiamo un gruppo Facebook attentamente controllato e a cui partecipano molto attivamente persone vere, con i loro contributi di pensiero e di azione. Ovviamente, la rete è solo lo strumento di partenza in tempo di pandemia: perché noi crediamo davvero nel contatto umano, nel tornare a guardarci negli occhi, a discutere animatamente in assemblee pubbliche e piazze. Un movimento che superi le barriere dei partiti, ispirato ai valori di “Giustizia e Libertà”. L’isocrazia, il confederalismo democratico, il futuro possibile delle persone di questo Paese dai mille territori e dalle mille tradizioni lo richiede. Non domani. Oggi. Adesso.»
Nel corso dell’assemblea virtuale del movimento sono stati proclamati i 39 membri del Consiglio nazionale. Il collegio dei membri onorari vanta, oltre a Moni Ovadia, la storica Anna Foa e l’attore e regista della grande tradizione sarda Gianluca Medas.
Per la Calabria sono presenti nel Consiglio Nazionale di Adesso: Sergio Aquino, Dora Ricca e Francesco Serianni