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Guccione: Il 40% dei pazienti che emigra verso altre regioni è di Cosenza

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Carlo Guccione

Carlo Guccione

Il commissario Longo mantenga gli impegni presi in Consiglio: bisogna rivedere la Rete ospedaliera e dell’emergenza-urgenze

Comunicato stampa

I presidi di Cariati, Lungro, Mormanno, San Marco Argentano devono essere riattivati per recuperare gli 86 milioni della mobilità passiva. Da rifare anche gli Atti aziendali delle Asp calabresi non più in linea con quanto previsto nel Recovery Fund.

“I dati della mobilità extraregionale, riferiti all’anno 2019, indicano che il totale dei ricoveri fuori regione è pari a 53.866 per un valore economico di 222.229.451,49 euro: numeri non omogenei in tutto il territorio regionale visto che si registrano valori più alti nelle Asp di Cosenza e Reggio Calabria. Sono 21.290 i cosentini che si sono ricoverati in altre regioni per un valore di prestazioni di euro 86.185.423,18. Oltre il 40 per cento dell’emigrazione sanitaria calabrese proviene dalla provincia di Cosenza.

La Chirurgia generale (Codice 09), l’Ortopedia e traumatologia (Codice 36), l’Ostetricia ginecologica (Codice 37) assorbono oltre il 30 per cento di tutti i ricoveri fuori regione, sia in termini assoluti che per valori tariffari”.

È quanto scrive il consigliere regionale del Partito democratico, Carlo Guccione, che ha inviato una lettera al Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro, prefetto Guido Longo.

Nella lettera il consigliere Guccione ricorda “l’impegno preso dal commissario Longo, nel corso del Consiglio regionale convocato sulla questione Sanità, è quello di mettere mano alla Rete ospedaliera e dell’emergenza-urgenze. Un atto fondamentale che permetterebbe, ad esempio, nella provincia di Cosenza il recupero di una parte degli 86 milioni che sono stati spesi per curare oltre 21 mila cosentini fuori regione in modo da ridurre, in modo significativo, i costi delle terapie oncologiche e di alcune prestazioni come Urologia (Codice 43), Ortopedia e traumatologia (Codice 36), Ostetricia ginecologica (Codice 37), e per riaprire presidi ospedalieri chiusi, quali Cariati, Lungro, San Marco Argentano, Mormanno. Bisognerebbe attuare quanto sancito dalla giurisprudenza amministrativa che impone, con sentenze definitive, la riapertura e riattivazione dei presidi ospedalieri di confine, Praia a Mare e Trebisacce. In questo modo si andrebbero a recuperare i soldi dell’emigrazione passiva, senza far ricorso a risorse aggiuntive. Inoltre, andrebbero riattivati i posti letto per acuti autorizzati e mai attivati negli ospedali Spoke e Hub della provincia di Cosenza: è come se fosse stato cancellato un intero ospedale di oltre 400 posti letto.

C’è bisogno di una forte capacità organizzativa e di coordinamento da parte dell’Ufficio del commissario per evitare che la Calabria, ancora una volta, si trovi agli ultimi posti. Per non rimanere indietro in questo processo di riforma sanitaria previsto dal Recovery Fund è fondamentale che lei, in quanto commissario alla sanità in Calabria, chieda con immediatezza di rivedere gli Atti aziendali.

Non possiamo commettere gli stessi errori del passato, la pandemia ha fatto emergere tutte criticità del nostro sistema sanitario e la mancanza di una medicina territoriale adeguata. Tante risorse non sono state spese e molti investimenti sono rimasti solo sulla carta. L’Unione Europea non ammette ritardi ed errori. Dunque, non possiamo più permetterci di arrivare impreparati e senza una catena di comando”.

Il Recovery Fund – sottolinea Carlo Guccione – metterà in atto una vera e propria rivoluzione e, a partire dal prossimo mese di settembre, incomincerà ad avere immediata attuazione su cinque pilastri che andranno a potenziare la sanità territoriale. L’importo previsto è di 7 miliardi di euro.

Il primo punto riguarderà il ruolo cruciale delle Case della Comunità: in Calabria ne sono previste 96, 37 nella provincia di Cosenza (una ogni 20 mila abitanti). Sono previsti poi gli Ospedali di Comunità: 38 in Calabria, 15 in provincia di Cosenza.

Saranno il punto di riferimento per ricoveri brevi e per pazienti che necessitano di interventi a media/bassa intensità di cura.  Un altro punto riguarda le cure domiciliari e il potenziamento della telemedicina. Si farà in modo che almeno 10 per cento della popolazione over 65 più bisognosa venga curata a domicilio.

E poi ci saranno le Centrali Operative Territoriali (COT) – una ogni 100 mila abitanti – che avranno la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari e territoriali. Ultimo punto riguarderà il ruolo dei medici di famiglia.

L’Unione Europea chiede di rivedere le nuove regole di ingaggio: non ci sarà solo un rapporto di liberi professionisti convenzionati, ma un rapporto più diretto col Sistema sanitario nazionale.

Ogni regione sarà chiamata a firmare un Contratto istituzionale di sviluppo che prevede un cronoprogramma specifico per la realizzazione di questa importante riforma sanitaria. La Calabria, dunque, deve fare la sua parte. Ecco perché gli Atti aziendali delle varie Asp calabresi sono tutti da rifare, non essendo in linea con quello che si dovrà realizzare da settembre in poi.

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