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Trame.10: Gratteri, la solitudine della giustizia

3 min di lettura

“La procura di Catanzaro è diventata un consultorio: la gente è in lista d’attesa per denunciare ed ogni anno i consensi aumentano”

Il Trame.10 Festival del libro sulle mafie debutta in fascia serale con uno degli incontri più rappresentativi della rassegna: il magistrato Nicola Gratteri porta sul palco di piazzetta San Domenico Non chiamateli Eroi, Falcone, Borsellino e altre storie di lotta alla mafia, scritto con Antonio Nicaso. E’ Alessia Candito, di La Repubblica, che modera e sottolinea come un libro per ragazzi debba, in realtà, essere esteso anche ad altre fasce di età.

La piazza è gremita di gente, gli spalti sembrano non contenere la folla che si accalca e che a causa del sold out della serata non è riuscita a riservarsi un posto tra le file tricolore delle sedute marchiate Trame.

Il magistrato è a suo agio, afferma più volte nel corso della serata di sembrare probabilmente uno scostumato nelle posizioni che assume, ma sente la necessità di distaccarsi dagli atteggiamenti austeri di chi già solo con il linguaggio del corpo si eleva impropriamente nei confronti della gente.

La conversazione è un flusso di coscienza: dalla presentazione del libro si passa a temi caldi che interessano la sfera della giustizia. Un accenno alle elezioni regionali, alla catastrofica situazione della cittadella e al concetto di corruttibilità. Ma la direzione che prende l’intervista è un’altra: il magistrato vuole sottolineare l‘importanza di tanta gente nelle piazze presente ad ogni suo evento, che siano essi tenuti in paesini o città.

In Calabria – dice Nicola Gratteri – il consenso aumenta di anno in anno. La procura di Catanzaro è diventata un po’ come un consultorio. Le persone sono in lista d’attesa per parlare con noi e denunciare. Nel distretto di Catanzaro c’è gente di primissima qualità, almeno il 98% delle persone lo è e per questo lavoriamo bene e siamo riusciti a fare cose che credevo inimmaginabili“.

Si vira sul concetto di improcedibilità e sulla riforma che avrebbe dovuto interessare solo il processo civile e non penale; il magistrato ha premura di rendere comprensibile la tematica ai presenti e lo fa con una serie di metafore calzanti: nel linguaggio giuridico tale terminologia consiste nel non dare seguito ad una domanda giudiziale là dove non vengano rispettati per decorrenza massima, due anni, i termini delle impugnazioni.

Sarebbe un po’ come dire che ci venga imposto un tempo massimo di due ore per raggiungere Roma, partendo da Napoli, ma a Frosinone un incidente ci blocca; questo ci impedisce di essere puntuali e giunti a destinazioni siamo rispediti indietro senza poter più portare a compimento il viaggio“.

Ed ancora: “Immaginate che un luminare oncologo debba visitare 50 pazienti con sospetta malattia oncologica e nel corso della giornata riesca e visionarne solo 30; i restanti 20 chiederanno alla segretaria del luminare di essere visitati il giorno seguente o il primo giorno utile e la risposta sia: «No, lei non sarà più visitato per questa patologia!»”.

Le parole del magistrato colpiscono la folla stanca che applaude, carica di emozione e di consapevolezza. Un spaccato di umanità squarcia le serie argomentazioni e questo avviene quando la domanda posta riguarda il lavoro in Calabria e di quanto sia duro affrontarlo ogni giorno da anni.

Gratteri conferma l’aspetto esaltante del suo lavoro, le indagini portate avanti e l’aspetto investigativo impeccabile, possibile solo grazie alla sua equipe di eccellenze, ma c’è un però. La sua vita, da quando risiede a Catanzaro, non va oltre la conoscenza delle vie che da casa lo conducono alle sue sedi lavorative; non esistono cene, feste e galà; non possono esistere conoscenze e relazioni sociali. Lo deve a chi, come le persone di ieri sera che lui definisce “i trombati”, i figli di nessuno, è gente pulita che ha bisogno di essere rincuorata.

Felicia Villella

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