Smart working: 1 su 3 ha paura di tornare a lavoro in presenza
4 min di letturaRicerca: più coraggiosi gli artigiani, più fifoni i dipendenti pubblici. Le 8 regole per affrontare la ripartenza lavorativa
Comunicato Stampa
Un lavoratore su tre ha il terrore di tornare al lavoro in presenza. In testa i lavoratori della PA (il 39% degli intervistati teme il ritorno in sede), seguono i dirigenti pubblici (professori, consiglieri, segretari, magistrati, ecc.) (32%), solo terzi i dipendenti privati (27%).
Più paurosi quelli delle multinazionali ((il 26% preferisce lo smart working) mentre i dipendenti delle PMI hanno più coraggio. I più coraggiosi in assoluto sono i lavoratori autonomi, ovvero artigiani e commercianti, anche perché molti di loro non si sono mai fermati.
Poliziotti e carabinieri sono anch’essi tra coloro che hanno più coraggio.
Lo certifica una ricerca del magazine di adv e marketing Spot and Web (https://www.spotandweb.it/news/840344/smart-working-uno-su-tre-ha-paura-di-tornare-al-lavoro-in-presenza.html), basata su test a risposta multipla e realizzata su un campione di 745 lavoratori di ambo i sessi di diversi settori, di età compresa tra i 21 e 65 anni.
Tra i motivi della paura, al primo posto svetta “è rischioso per via dell’aumento dei casi” (74% degli intervistati); “i trasporti non sono sicuri” (61%); il luogo di lavoro non è sicuro (55%); “produco piu da casa” (48%); “è semplicemente una scusa perché temono che a casa si produca di meno” (41%); “i miei figli si sono abituati a vedermi piu spesso” (33%); “pensare di tornare in ufficio non mi fa dormire la notte” (21%); “i miei colleghi sono No vax” (12%).
Più coraggiose le donne, il 75% della quali non nutre timori nei confronti di un ritorno alla normale routine lavorativa; tra gli uomini, invece, la fetta di chi non ha paura rappresenta il 67% degli intervistati.
I single hanno più voglia di tornare a lavorare: l’80% non ha alcun problema a tornare in ufficio. È comprensibile che chi si è abituato a stare a casa con famiglia e figli sia più restio ad abbandonare questa quotidianità.
In testa tra chi si è stufato dello smart working i giovani tra i 25 e i 30 anni (84%), seguono i 30-40 anni (77%), poi i 50-60 anni (68%).
Sull’argomento, interviene anche la dott.ssa Samantha Vitali, psicologa, psicoterapeuta collaboratrice L.I.D.A.P. (Lega Italiana d’Attacchi di Panico) e docente al MAPS di Milano: “Da 2 anni la modalità lavorativa è cambiata e se all’inizio abbiamo faticato ad adattarci al mondo virtuale, ora che ci siamo abituati, la difficoltà sta nel tornare indietro. Abbiamo elaborato il lutto di un mondo apparentemente perduto e oggi che ne siamo fuori, non abbiamo più voglia di mettere nuovamente in discussione il nostro modo di vivere. È stato riscoperto un tempo più conciliabile con altri aspetti importanti della vita. Qualcuno ha avuto modo di riflettere su quale fosse veramente la propria strada lavorativa, altri hanno ottimizzato le risorse limitando gli spostamenti e virando tutto sull’online. Oggi, con meno allerta, le aziende cercano d’invertire la rotta e far tornare i propri dipendenti e collaboratori in presenza, con la consapevolezza, che sarà una sfida tutt’altro che facile!”. La dott.ssa Vitali ha elaborato 8 regole per come affrontare al meglio questo momento di ex-nova ripartenza:
- Programmare una nuova mappa mentale del quotidiano che comprenda una routine aggiornata rispetto agli orari d’ufficio unitamente agli spostamenti per raggiungere i luoghi di lavoro.
- Ricominciare gradualmente. L’adattamento ha bisogno di tempo. All’inizio integrare lo smart working insieme a giornate in presenza.
- Accogliere le sensazioni di fatica e disagio, in quanto fenomeno transitorio, tipico dei processi di cambiamento.
- Prevedere esercizi di respirazione diaframmatica (come mindfulness e yoga), in caso di nervosismo o agitazione, per favorire il rilassamento e stimolare la concentrazione.
- Restare nel “qui ed ora”. Per contrastare le sensazioni legate all’ansia, immaginare di affrontare le cose un giorno alla volta, rimanendo nel presente.
- Riscoprire gli aspetti positivi, dell’interazione in presenza con i colleghi, piuttosto che focalizzarsi su quelli negativi. Siamo animali sociali non dimentichiamolo, dal rispecchiamento con gli altri traiamo la nostra forza.
- Tornare a fare squadra. Benché stare con sé stessi a volte abbia i suoi vantaggi, il “sentirsi parte di qualcosa di più grande” aumenta le sensazioni di autoefficacia contribuendo al raggiungimento degli obiettivi, ma può aver luogo solo da una partecipazione attiva alla vita di gruppo.
- Se il disagio dovesse continuare, vi è sempre la possibilità di iniziare una terapia di supporto e assistenza psicologica. Molte aziende stanno introducendo lo psicologo aziendale per affiancare i propri dipendenti.