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Mercoledì delle Ceneri, la celebrazione presieduta dal vescovo Giuseppe Schillaci

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Schillaci: “invochiamo da Dio il dono della pace cominciando da noi”

“In questo tempo di Quaresima, siamo chiamati a ricominciare una vita nuova, con nuovi paradigmi. Questo tempo ci porti ad ascoltare la Parola del Signore.  Sia il tempo della conversione, del ritorno al Signore. Questo tempo ci porti ad ascoltare gli altri, tutti, in particolare coloro che soffrono. Questo tempo ci porti ad ascoltare i bambini, gli anziani, le donne e gli uomini che stanno vivendo l’orrore irrazionale della guerra. La guerra è sempre irragionevole, come diceva S. Giovanni XXIII, il Papa della “Pacem in terris”.

E S. Giovanni Paolo II, parlando ai giovani, ricordava che chi ha conosciuto la guerra non può accettare che quegli errori si ripetano. Siamo con le donne e gli uomini del popolo ucraino. Il nostro cuore si apra all’aiuto, si elevi per chiedere a Dio che ci conceda il dono della pace”. Così il vescovo monsignor Giuseppe Schillaci che, in Cattedrale, ha presieduto la concelebrazione eucaristica e il rito d’imposizione delle ceneri, nel giorno di inizio della Quaresima.

“Dopo la pandemia – ha proseguito Schillaci – mai avremmo potuto immaginare una guerra nel cuore dell’Europa. Tutti, in comunione con Papa Francesco, siamo chiamati a chiedere a Dio il dono della pace. Ma per non essere disincarnati o velleitari, dobbiamo implorare questo dono anzitutto per le nostre vite. Non si può invocare la pace per gli altri se non la coltiviamo dentro di noi, nelle nostre famiglie, nei nostri quartieri, nella nostra città, nelle nostre comunità parrocchiali. Cominciando dal nostro piccolo, dalle nostre vite, facciamoci artigiani di pace”.

“Il Signore – ha aggiunto Schillaci – ci invita a stare attenti e vigilare. A stare attenti al rischio di realizzare le nostre attività, anche le più meritevoli, con il fine di attirare la simpatia della gente. Stiamo attenti a non rimanere prigionieri delle logiche del tornaconto personale e dell’interesse. Rifuggiamo il formalismo vuoto, una religiosità che non incide nella vita. Il nostro unico riferimento è il Signore: siamo chiamati a comportarci come Gesù si è comportato, a desiderare quello che il Signore desidera, a metterci in ascolto, ad essere obbedienti al Padre come Gesù. Il discorso della montagna è la “magna charta” del cristiano: Gesù ci indica un programma di vita che ci fa pensare in modo differente e porre in essere comportamenti differenti. La Chiesa è tale se non dimentica di essere “discepola”, chiamata a mettersi in ascolto e a vivere come il Maestro. La specificità del cristiano è l’amore disinteressato, gratuito, un amore capace di assumersi la responsabilità degli altri come ha fatto Gesù. Nel contesto del cammino sinodale intrapreso dalla nostra Chiesa diocesana, viviamo questo “tempo favorevole” assumendo sempre più lo stile di Gesù. Una vita riconciliata dall’Amore non può che offrire amore”.

Al termine della concelebrazione eucaristica, sul sagrato della Cattedrale, dopo aver pregato Maria “Regina della Pace”, il vescovo Giuseppe ha simbolicamente lasciato volare verso il cielo una colomba bianca, simbolo della pace.

 

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