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Tra filosofia e sentimento: la vita umana e i suoi intervalli fugaci…

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Tra filosofia e sentimento

La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia. (Arthur Schopenhauer)

La vita è un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia. Tutto è sofferenza, persino l’amore è un’illusione. Il filosofo argomenta così: l’amore puro non esiste in quanto, in fondo, è espressione del nostro egoismo e strumento della Natura per perpetuare la specie. Noi nobilitiamo l’amore, inseguiamo le nostre mete , ma in realtà il desiderio, nel momento in cui non è appagato, è mancanza che produce “dolore”. Una volta poi che viene appagato, si arriva alla noia e poi ad un nuovo desiderio, e così via.
La vita è dunque desiderio insaziabile, manifestazione di un’unica Volontà, senza causa né scopo, che è la radice noumenica, cioè il fondamento metafisico di ogni cosa, una Volontà inarrestabile e crudele, che permea il mondo e ci spinge a vivere, nostro malgrado.
Ma come liberarsi allora da questa terribile vita che ci si prospetta?
Egli in primo luogo condanna il suicidio , in quanto la soppressione di un singolo individuo non comporta alcun danno alla Volontà stessa, che continua ad esistere nel resto del mondo.


Vengono così proposte tre vie di “salvezza”, che rappresentano una liberazione momentanea dal dolore.
L’arte come contemplazione e la pietà come condivisione del dolore altrui, liberano l’individuo dalla catena quotidiana dei desideri e dei bisogni.
Ma è solo con “l’ascesi”: la soppressione di ogni desiderio di vita, che si può raggiungere la libertà autentica da ogni tormento.
Schopenhauer evidenzia quest’ultima come il punto di arrivo, il traguardo a cui bisogna giungere per essere davvero liberi dall’infinita catena di desideri, noia e dolore che fin qui ci ha perseguitati.
Come non riconoscersi in questo quadro, come negare che la vita dell’uomo è governata dai desideri insoddisfatti, dalla ricerca continua delle cose, dalla voglia di una meta raggiunta e che lo sforzo per raggiungerla comporti un tormento continuo? Non si può negare che sia questa l’essenza della nostra vita, ciò che dà ragione all’universo, ciò che paradossalmente muove il mondo, e fa sì che nessuno resti fermo troppo a lungo nella soddisfazione per aver raggiunto il traguardo prefissato, in una spirale incessante che non trova pace.


Commentando con i miei studenti il pensiero del grande filosofo, paragonato a Leopardi per definizione, spesso mi sono ritrovata a ribadire il mio apprezzamento per il suo pensiero che trovo invece perfettamente corrispondente alla realtà, alla vita che ogni uomo su questa terra ha dovuto affrontare. Ognuno di noi è conscio di non poter sfuggire al dilemma incessante fra il dolore e la noia, fra la sofferenza che comporta il perseguire i propri obiettivi e la noia che subentra subito dopo averli raggiunti, per poi ritornare ad essere trascinati dal desiderio insaziabile di ottenere nuovi traguardi.

Certamente, bisogna riconoscere come il filosofo sia estremamente negativo nel non considerare la possibilità del godimento e della gioia come sentimenti esistenti nella nostra vita, anche se limitati a pochi attimi, anche se ritagliati a fatica da quella realtà che ci richiama continuamente al nostro essere e ai nostri compiti.
Ad un attento sociologo del nostro tempo, non sfuggirebbe il fatto che i traguardi da raggiungere si sono trasformati ormai in uno smodato desiderio delle cose materiali, e ciò sarebbe da imputare alla società odierna, consumistica e capitalistica, che ha tramutato i valori in disvalori, che ci fa considerare come indispensabili gli oggetti piuttosto che i sentimenti e la pace dello spirito.

Gianna Nicastri

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