Partito Democratico: il PSC di Lamezia è uno strumento inattuale
6 min di letturaL’odissea del PSC di Lamezia è il risultato di un peccato originale: adottato dalla seconda amministrazione Speranza nel novembre 2013, dal Consiglio Comunale, alla vigilia dell’approvazione del Bilancio Preventivo, il PSC fu il risultato finale di aggiustamenti che con il maxiemendamento, approvato contestualmente all’adozione, ha generato l’attuale stesura ormai “scaduta” sia dal punto di vista procedurale, sia per i contenuti
Comunicato Stampa
Di fatto, l’approvazione del maxiemendamento, avrebbe dovuto comportare una rielaborazione complessiva del Piano, già approvato dalla giunta il 12/12/2012 e quindi una nuova approvazione dalla Giunta e successivamente una nuova adozione del Consiglio Comunale.
Oggi, evidentemente, è ormai superato dagli eventi. Nel merito, quel PSC era ed è inattuabile dal punto di vista strutturale, in quanto si tratta di un piano urbanistico tutto orientato su un utilizzo estremo delle pratiche perequative, su un impianto generale operante attraverso un’idea secondo cui lo sviluppo urbano è affidato all’esclusivo uso dei suoli e di conseguenza, agli interessi delle forze economiche dei privati investitori, eludendo la salvaguardia del più importante bene collettivo che è il territorio nel suo complesso.
A ben guardare, i Bandi delle Manifestazioni di Interessi (dei privati), che sono stati la base dell’impianto generale del Piano, ne hanno generato e determinato l’abnorme consumo di territorio investito, con il risultato che il PSC produce l’effetto opposto agli obiettivi e alle indicazioni, sia della Legge Urbanistica Regionale, sia del Quadro Territoriale Paesaggistico Regionale, che sono, peraltro, piani di livello superiore a cui i PSC devono adeguarsi.
L’amministrazione Mascaro, che già negli anni precedenti per voce degli assessori all’urbanistica, aveva manifestato la volontà di portare a conclusione l’iter di quel piano, oggi sembra aver espresso la volontà di portarlo all’approvazione.
Il PD si oppone a questa scelta per i motivi già evidenziati e ritiene che occorre quindi ripartire dalle regole, e le regole, nella fattispecie, sono:
Legge Urbanistica Regionale N° 19/2002 e Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico (Q T R P)
- Legge Urbanistica Regionale N° 19/ 2002. Norme per la tutela governo ed uso del territorio.
Fin dal titolo vi è espresso il primo principio a cui i piani urbanistici si devono attenere: la tutela del territorio.
All’articolo 3 “Principi generali della pianificazione territoriale urbanistica” comma 1 vi è la sintesi dell’impostazione culturale da tenere nell’elaborazione di un piano urbanistico: le scelte devono essere operate “sulla base del principio generale della sostenibilità ambientale” e “supportati da studi e approfondimenti delle previsioni dell’andamento demografico e migratorio, nonché delle dinamiche della trasformazione economico sociale”.
Al comma 2 lettera g dello stesso articolo vi è la principale di tutte le raccomandazioni e principi: “prevedere l’utilizzazione di nuovo territorio solo quando non sussistano alternative derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti, ovvero dalla loro riorganizzazione e riqualificazione”.
All’articolo 20 comma 1, si sottolinea la necessità di perseguire le strategie per il governo dell’intero territorio comunale in coerenza con gli obiettivi degli indirizzi urbanistici della Regione e con gli strumenti di pianificazione di livello superiore con riferimento specifico al QTRP.
- Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico (QTRP).
Questo strumento urbanistico di livello superiore a cui tutti i piani devono attenersi, riprendendo e sottolineando i principi della legge, ne specifica i contenuti e ne dettaglia le azioni di tutela ed indirizzo ai fini del coordinamento della programmazione e della pianificazione degli enti locali. Premesso che tutto il corpo dell’articolato di questo fondamentale strumento, mira alla tutela del paesaggio e dei sistemi territoriali, visti come bene primario, identitario e suscettibili di generare economie, gli articoli di fondamentale interesse ai fini della definizione del PSC, finalizzati a sgombrare qualunque dubbio sull’uso di aree urbanizzabili nel Piano, sono: l’articolo 19 e 20. Il comma 1 dell’articolo 19 recita testualmente: “La Regione Calabria con il QTRP lancia un grande piano di rigenerazione delle realtà urbane calabresi al fine di tendere al consumo zero di ulteriore suolo per i nuovi interventi[…]” e al comma 3 stabilisce gli obiettivi della sostenibilità, di cui il primo è il risparmio del territorio. L’articolo 20, denominato “Ambiti urbanizzabili, mitigazione consumo suolo”, sottolinea e specifica che il ricorso all’uso di queste aree può avvenire solo in via straordinaria.
Da quanto evidenziato, si evince la volontà del legislatore: non consumare ulteriore suolo agricolo e riqualificare e rigenerare l’esistente.
Un piano quindi quello a suo tempo attuato che non aveva ragione allora, ma che oggi, aldilà delle incongruenze normative e procedurali, risulta anacronistico sotto il profilo storico.
Sono passati ormai 15 anni dall’inizio della sua gestazione, nel frattempo è cambiato il contesto economico e sociale dell’intero paese Italia.
Sono sotto gli occhi di tutti le novità legislative tendenti a stimolare e finanziare, con risorse economiche rilevanti, il recupero e la riqualificazione dell’edificato esistente, sia sotto il profilo strutturale (sismico), che sotto l’aspetto ecologico (risparmio energetico), rivolto ai privati e alle pubbliche amministrazioni, per dare vita ad un nuovo corso di riqualificazione, ristrutturazione e rigenerazione su tutto il territorio nazionale.
La transizione ecologica, la riqualificazione sismica del costruito esistente è in atto e ciò rende obsoleta l’ideologia dello sviluppo legato all’edilizia di espansione illimitata sul territorio che, dal dopoguerra in poi, tanti danni ha creato al paesaggio e all’ambiente urbano, anche sotto il profilo economico, spesso determinando il “fallimento” di moltissimi comuni italiani, come evidenzia Paolo Berdini nel suo libro, “Le città fallite”: “Le città falliscono perché non riescono a garantire i servizi all’enorme periferia costruita negli ultimi anni: è dunque ora di fermare ogni espansione urbana.”
Pertanto il piano in itinere è da ritenersi obsoleto sotto il profilo normativo, economico e di previsione; anacronistico dal punto di vista culturale, sociale e politico. Non tiene conto di fattori importanti e determinanti quali:
- un enorme volume edilizio costruito e non utilizzato (circa quattromila vani);
- il decremento della popolazione residente di oltre 4232 abitanti, secondo le rilevazioni Istat del 2021;
- la situazione finanziaria ai limiti del default, dovuta ai rilevanti costi derivanti da manutenzioni stradali e servizi a rete in genere, mobilità, raccolta e smaltimento rifiuti;
- un potenziale enorme volume edilizio realizzabile nelle aree di completamento non ancora edificate, oltre al completamento della zona API.
Tutti questi fattori stigmatizzano l’inattualità del PSC a suo tempo elaborato e la necessità inderogabile di una rielaborazione radicale delle previsioni in esso contenute.
La priorità e il paradigma del nuovo PSC di Lamezia dovrà essere la Rigenerazione Urbana, che non è solo la riqualificazione fisica del territorio e dei fabbricati, ma si pone come obiettivo di rendere la città sostenibile, più a misura d’uomo e contrastare il consumo di suolo.
In altri termini, un modo per migliorare la qualità della vita dei cittadini che vivono in parti della città degradate e prive di servizi: le periferie.
Ma è anche l’occasione per promuovere pratiche di partecipazione sociale e incentivare l’occupazione e l’imprenditoria locale attraverso il coinvolgimento degli attori locali dell’edilizia, lavoratori e imprese; e attraverso il coinvolgimento delle componenti sociali e dell’associazionismo, ottenere il duplice risultato di contribuire al miglioramento del contesto sociale ed ambientale.
PD Lamezia Terme