Nel PD non si interpreta il disagio, solo prove di forza e supremazia
5 min di letturaQualche giorno fa alcuni amici del PD di Chiaravalle Centrale si sono autosospesi dal partito, e dalle notizie che abbiamo, il numero degli iscritti che ha aderito alla protesta non è affatto irrilevante, una posizione forte e dirompente che vuole sottolineare un grande disagio, esprimere una diffusa insofferenza e possibilmente scuotere le classi dirigenti a rivedere scelte ma anche comportamenti non più condivisibili che fanno registrare ogni giorno cali continui di consenso
Comunicato Stampa
La risposta è arrivata repentina e sconnessa come al solito, anziché interpretare il disagio per capire e trovare insieme un percorso condivisibile, anche difronte ad una disponibilità dichiarata, è stata la convocazione del congresso locale, sfida su sfida, arroganza su debolezza, mai un sentiero di confronto.
Questo tirare pugni sul tavolo solo per incutere timore fa solo ridere, allontana dal partito e non coinvolge chi vorrebbe vivere un percorso di ricostruzione anzi sottolinea una debolezza intrinseca di una classe dirigente che non vuole misurarsi dando l’impressione di essere ormai alla frutta.
Siamo prigionieri di una pretesa di autoreferenzialità inconcludente ed inadatta, attraversata da un fremito di onnipotenza che non riesce più a sintonizzarsi con la propria base, assistiamo ogni giorno a comportamenti scellerati e a dichiarazioni che non dicono nulla mentre continua il solito Risiko interno tra quel verminaio di piccoli potentati del tutto anacronistici.
L’impellenza che avvertono è la propria perpetuazione, l’ambizione ad aspirare ad una immortalità senza fare i conti con la storia, specie quando la storia mette in discussione identità che hanno perso valore e smalto negli anni, alle ragioni di una crisi si risponde con la solita flemma o immaginando che debba passare “a nutatta”.
Da tempo abbiamo difficoltà a capire chi siamo, a quale tradizione identitaria facciamo riferimento, siamo riformisti o no, abbiamo in animo di capire le difficoltà di chi vive da tempo emarginato e nessuno più lo rappresenta, le minoranze possono ancora contare su una forza che interpreti l’uguaglianza come diritto di tutti ad avere opportunità ed occasioni per poter migliorare?
Ci concediamo il lusso, con l’umiltà di sempre, di avere qualche dubbio, perché riteniamo che negli ultimi anni sono state fatte scelte incomprensibili vale per tutto le candidature nelle ultime elezioni politiche, probabilmente non eravamo ancora preparati alla libertà delle scelte e non avevamo nemmeno la consapevolezza di essere usciti dal commissariamento e come succede per la classica sindrome di Stoccolma abbiamo delegato ad altri il nostro futuro.
Riteniamo che in politica le scelte più importanti sono lo spartiacque tra il desiderio di esserci e l’illusione della nostra inamovibilità, le identità sono pezzi di storia che si compongono e si articolano tra loro, nascono e prendono corpo attraverso chi li rappresenta e se sono percepiti distanti il risultato è il disastro elettorale che certifica la nostra inconcludenza.
La nostra assenza dai territori percepita come smisurata superbia ha aumentato ancora di più quel distacco che abbiamo pensato di recuperare ricorrendo a qualche signorotto di provincia facile a piegarsi al potente di turno e disposto con il cappello in mano a ricevere solo ordini, la palese risposta a tutto questo è una cecità inspiegabile che prepara ad un epilogo che nessuno di noi vuole immaginare.
Ma perché non includere tutte quelle esperienze umane e politiche che hanno dato sempre quel vigore necessario, perché non riconoscere spazi anche a chi non vuole rimanere imbrigliato nei giochi perversi delle correnti, perché non dialogare con chi manifesta con coraggio una difficoltà, un disagio, una disaffezione; questa attesa lenta e senza risposte, sono le manifestazioni più evidenti di una radicata e profonda non curanza scaraventata contro il proprio popolo con spocchiosa sicumera.
Abbiamo piena consapevolezza che nessuno di noi può saltare oltre la propria ombra e per questo motivo siamo persuasi che è necessario rivedere o meglio ripensare a percorsi di riflessione che sappiano indirizzare il futuro di una comunità, di riconsiderare tutti quei territori di varia umanità che si stendono sotto i piedi del potere e che a volte riservano sorprese, possono arrivare a guidare per sentieri imperscrutabili il destino delle forze politiche fino ad esiti misteriosi e nascosti.
Abbiamo perso questo fascino della politica dimenticando di costruire narrazioni ed immaginando che il silenzio ci possa aiutare a sgonfiare queste ombre che al contrario trovano vita proprio nel vuoto delle parole, siamo così interessati a salvaguardare quello che ci siamo conquistati, altro che bene comune è meglio pensare al bene proprio.
Non arrivano segnali che fanno registrare un’inversione di rotta, era stata comunicata una conferenza programmatica per il mese di novembre e non ci pare che siano stati rispettati i tempi e così si perde tempo prezioso mentre gli altri si adoperano per corrodere quella base che finora ha creduto in noi e che è ancora convinta che il PD possa condizionare il corso della storia e la vita di governo del Paese.
Questa rivendicata continuità di protagonismo nella storia avviene solo se ad essere coinvolti saranno uomini e donne con passione politica, da impegnare per il loro territorio con quella grande spontaneità e generosità, amore e sacrifico, che il popolo del Pd ha sempre dimostrato, portatore di quei valori e ideali fondativi che hanno dato forza negli anni passati al partito.
Sarebbe opportuno che chi deve fare il Deputato lo faccia con responsabilità e tempo da dedicare chi invece deve fare il segretario regionale lo faccia senza farsi desiderare, pensando stavolta a correre il più possibile, se c’è l’intenzione a recuperare le distanze che ci separano, bene noi ci saremo fino in fondo, se così non è non servirà nemmeno autosospendersi perché presto chinati sul suolo raccoglieremo prostrati gli ultimi cocci rimasti.
Ernesto Palma e Annita Vitale