Autonomia differenziata, Anci chiede convocazione Consiglio Regionale aperto
6 min di letturaAnci Calabria chiede al Presidente della Giunta della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, un incontro e al Presidente del Consiglio Regionale Filippo Mancuso la convocazione di un Consiglio Regionale aperto per discutere di autonomia differenziata
Comunicato Stampa
Proprio per dare maggior risalto alle preoccupazioni dei sindaci calabresi sulle maggiori disparità che potrebbe creare la nuova normativa attualmente in discussione la missiva è stata inviata al Presidente della Repubblica, al Presidente del Senato, al Presidente della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro per gli Affari Regionali, ai Parlamentari eletti in Calabria, alla Conferenza Unificata, al Presidente della Giunta della Regione Calabria, al Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, ai Capigruppo Regionali ed al Presidente Anci Nazionale.
A inviare la richiesta è stato Gianni Papasso, sindaco di Cassano e consigliere nazionale Anci delegato a traghettare l’Associazione regionale dei comuni in attesa delle nuove elezioni, nel corso delle quali saranno scelti i nuovi vertici e rappresentanti regionali, previste per il prossimo 10 febbraio 2023.
“Con l’attuazione del principio dell’autonomia differenziata – si legge nella missiva inviata da Papasso – le Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta conseguono la competenza legislativa esclusiva su materie che la Costituzione elenca come “concorrenti” e limitatamente a 3 casi in materia di “esclusiva” competenza statale: organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. L’attribuzione di tali forme rafforzate di autonomia deve essere stabilita con legge rinforzata formulata sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione, acquisito il parere degli enti locali interessati, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119 della Costituzione in tema di autonomia finanziaria, mentre, dal punto di vista procedurale è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti. Il problema – si specifica ancora – è la bozza di ddl “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’art. 116, terzo comma, della Costituzione” si costituisce di 9 articoli e un allegato. Molte prese di posizione di netta contrarietà, una levata di scudi che ha visto protagonisti tanti Presidenti di Regione e amministratori locali. In prima linea in questa battaglia i sindaci che costituiscono la rete del “Recovery Sud”.
Tanti gli appelli al Presidente della Repubblica Mattarella affinché possa esserci uno stop della proposta di legge attualmente in discussione in virtù della sua esortazione “ad essere una comunità che non lascia indietro i più deboli” enunciata nel discorso di fine anno. Le questioni che hanno suscitato maggiori perplessità oggetto di discussione hanno riguardato, tra le altre: la definizione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale)mediante l’utilizzo del criterio della spesa storica; le modalità del coinvolgimento degli enti locali; il ruolo del Parlamento, con particolare riferimento alla possibilità di emendabilità in sede parlamentare del disegno legge rinforzata formulata sulla base dell’intesa fra lo Stato e la Regione. All’art. 3 il ddl prevede che prima di procedere all’intesa per ottenere l’attribuzione di tali forme rafforzate di autonomia è necessaria la definizione dei LEP, benché subito dopo, smentendo di fatto tale necessità, si prevede la possibilità che entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge di attuazione, Governo e Regione, pur in assenza di definizione dei LEP possano comunque procedere all’intesa e di conseguenza all’attribuzione alla Regione di maggiori competenze. Ciò è possibile prevedendo che fino alla definizione dei LEP l’intesa dovrebbe fondarsi su un finanziamento basato sulla spesa storica relativa alla competenza trasferita. In altri termini, si andranno ad attribuire più soldi a quelle realtà con maggiori servizi presenti sul territorio (Nord) ed inferiori a quelle con meno servizi (Sud) con casi eclatanti di disparità.
In tal senso lo Svimez, nell’ultimo rapporto, ha evidenziato che il Sud con una popolazione pari al 34,3% di quella nazionale, riceve il 28,3% della spesa pubblica complessiva, mentre il Centro-Nord con il 65,7% della popolazione italiana percepisce il 71,7% del totale di denaro pubblico. In altre parole, al Sud viene già tolto ogni anno il 6% di quello che le spetterebbe solo sulla base del criterio della numerosità abitativa, quando a questo dovrebbe poi aggiungersi una robusta iniziativa di investimento per dare slancio allo sviluppo meridionale. “Non solo non si aggiunge – insiste Papasso – ma al Sud, con l’approvazione del ddl si continuerà a togliere aumentando divario e disparità tra le diverse parti del Paese. La pandemia e le conseguenze della guerra Russo-Ucraina hanno ben sottolineato i limiti delle risposte frammentate a livello territoriale. Il Covid-19 ha fatto barcollare la leggenda dell’efficienza dei sistemi sanitari delle regioni del Nord e ha messo in luce quanto siano fondamentali strategie nazionali di programmazione. Inoltre, se si analizzano gli ambiti in cui le regioni del Nord chiedono l’autonomia come l’energia, i trasporti, l’istruzione e la ricerca, la politica industriale, solo per fare qualche esempio, ci si accorge dell’incompatibilità di fondo di tali richieste con il piano di ammodernamento del Paese, (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) finanziato dalla UE. L’incompatibilità è ancora più evidente se si prende in considerazione l’esigenza di un piano energetico nazionale”.
Alla luce di tali considerazioni i sindaci di Anci Calabria sostengono come occorra lavorare in sinergia affinché siano assicurati servizi uguali a tutti i cittadini a prescindere dalle latitudini in cui vivono. Per far ciò è necessario e fondamentale la definizione dei LEP che devono essere garantiti in maniera uniforme sull’intero territorio nazionale e in tutti i settori, dalla sanità alla cultura alla scuola passando per le scelte occupazionali e la costruzione di nuove infrastrutture investendo realmente sulla perequazione. Il ddl in questione così come formulato è orientato, invece, ad aumentare le differenze tra ricchi e poveri e il divario tra nord e sud.
“Pertanto – conclude la missiva firmata dal Presidente f.f. Anci Calabria e sindaco di Cassano – è prioritaria la definizione dei LEP, sia a livello di dotazione economica che nella loro precisa individuazione, in maniera equa rispetto a tutti i cittadini prescindendo dalla loro provenienza, proprio perché si tratta di “livelli essenziali”. Tutto ciò è opportuno e necessario che avvenga prima che il ddl sia approvato e prima che il Consiglio dei Ministri deliberi le singole intese con le regioni. Strade differenti comporterebbero un’erosione dei fondamentali principi di eguaglianza e solidarietà. La determinazione dei LEP, da garantire per tutti i diritti civili e sociali spettanti ai cittadini, è una partita complessa perché riguarda la maggioranza delle funzioni pubbliche, e delicata, perché investe direttamente la fruizione di diritti assicurati dalla Costituzione”.
Proprio per dare maggior risalto alle preoccupazioni dei sindaci calabresi la missiva è stata inviata al Presidente della Repubblica, al Presidente del Senato, al Presidente della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro per gli Affari Regionali, ai Parlamentari eletti in Calabria, alla Conferenza Unificata, al Presidente della Giunta della Regione Calabria, al Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, ai Capigruppo Regionali ed al Presidente Anci Nazionale mentre è stato chiesto un incontro sul tema al Presidente della Giunta della Regione Calabria Roberto Occhiuto oltre alla convocazione di un Consiglio Regionale aperto al Presidente del Consiglio Regionale Filippo Mancuso.