Innesti Contemporanei – Squillace Teatro Festival
3 min di letturaNon guido e ringrazio sempre le persone gentilissime che mi permettono di assistere a spettacoli lontani da Lamezia, spettacoli a cui io tengo molto, stimando chi li organizza e li interpreta.Così ho potuto seguire al castello di Squillace alla perfomance dei Fratelli Plutino, e alla Magara, monologo di Emanuela Bianchi, in prima serata.
Ieri sera Erostrato di Jean Paul Sartre recitato da Alessio Bonaffini e La Marcia Lunga scritta da Saverio Tavano…
Innesti contemporanei, spiega Saverio, il direttore artistico della rassegna, innesti, la pratica con cui su una pianta originaria si inserisce un nesto nuovo. La buona riuscita dell’innesto dipende da una tecnica perfetta, che consiste nel creare tagli dell’innesto e del portainnesto il più possibile uguali o coincidenti nel giusto periodo, solitamente in primavera o alla fine dell’estate, quando cioè le piante sono ‘in succhio’, cioè recettive. Sul passato, che è nostro, sulla linfa che scorre, sta il nostro immaginare.
Mi piace parlare dell’immaginazione, come filo conduttore fra le frasi rubate agli attori, Io sono un tipo immaginativo, dice Erostrato, e senza immaginazione come fai a vivere, e nella Marcia Lunga si ripete questo bisogno di immaginare una vittoria, un riscatto, come tensione vitale, vita, proprio. Mi piace lo sguardo di Emanuela Bianchi sul palco, nel presentare la rassegna, mi piacciono le sue parole, quel bisogno di credere possibile poter tornare in Calabria, con l’esperienza e con il piacere, con la voglia di proporre Cose Belle.
Cultura è il sostantivo più irriso nei luoghi del potere calabro, dalla Regione che finanzia sciocchezze alle varie proposte scemotte presenti sul territorio, eppure Cultura è ancora possibile fuori dalla Regione Calabria e con l’ausilio di enti e assessori comunali che credono. Forse Erostrato non aveva tutti i torti”“Gli uomini, bisogna vederli dall’alto. Spegnevo la luce e mi mettevo alla finestra: essi neppure sospettavano che si potesse osservarli dal disopra. Curano la facciata, qualche volta la parte posteriore, ma tutti i loro effetti son calcolati per spettatori d’un metro e settanta. Chi ha mai riflettuto sulla forma d’un cappello duro visto dal sesto piano? Gli uomini dimenticano di difendere spalle e crani con colori vivi e stoffe vistose, non sanno combattere questo grande nemico dell’umanità; la prospettiva dall’alto”.
Tratto dall’Erostrato di Sartre, un racconto che compare nella raccolta Il muro, il testo, recitato da Alessio Bonaffini, prende vita sul palcoscenico, stasera. Io sono un tipo immaginativo, sta dicendo. Fra me e gli altri un muro, credo.
Credere è il verbo di questa rassegna. “Noi crediamo e vogliamo portare i nostri spettacoli, già in giro per tante piazze d’Italia, qui, a Squillace, qui, in Calabria e ve li regaliamo”.
Il verbo regalare che usa Saverio Tavano è il verbo della Litweb, da sempre. Credo anche io che regalare sia rivoluzionario.
Nel regalare il link dell’articolo di Giovanna Villella che ha scritto sulla Lunga Marcia già dopo la prima la rappresentazione al Teatro Umberto di Lamezia regaliamoci il desiderio di correre nella Marcia Longa al volante di una macchina che sapremo guidare: la nostra fantasia.
Lunga strada alla Marcia!””E il riscatto di una terra può passare anche attraverso il suo “fare teatro”. Un teatro che, rifuggendo il mero recupero folklorico di storie e tradizioni del passato, sia in grado di esprimere una propria identità culturale, attraverso una cifra drammaturgica contemporanea esportabile su altri palcoscenici.
https://www.lameziaterme.it/2016/02/08/quelle-scarpe-appese-a-un-filo/
Ippolita Luzzo