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Omicidio nel Vibonese, autore condannato all’ergastolo

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Delitto maturato nello scontro tra fazioni per il controllo zona

La corte di assise di Catanzaro ha condannato all’ergastolo Antonio Felice, di 36 anni, di Piscopio, accusato dell’omicidio del 21enne Salvatore Battaglia, avvenuto nella notte tra il 27 e il 28 settembre del 2019 a Piscopio, frazione di Vibo Valentia, in occasione della festa di San Michele.

Un’altra persona, Giovanni Zuliani, rimase ferito.

Entrambi si trovavano in auto con altre persone quando furono raggiunti dai proiettili.

I giudici hanno così accolto le richieste avanzate dalla pm della Dda di Catanzaro Irene Crea, mentre i difensori Gianni Puteri e Guido Contestabile avevano insistito per l’assoluzione.

L’inchiesta, condotta dai carabinieri della Compagnia e del Norm di Vibo, aveva portato all’arresto di Felice due mesi dopo il delitto, il 27 novembre. Aveva fatto perdere le sue tracce, ma la sua latitanza era durata poche settimane. Gli investigatori dell’Arma si erano infatti subito messi sulle tracce del 36enne che, nel frattempo, si era rifugiato in Brianza a casa di alcuni amici dove poi è stato individuato e fermato.

Dalle attività investigative era emerso un dato secondo il quale il giovane non avrebbe agito da solo. Il movente sarebbe stato da ricercare in uno scontro armato tra due fazioni che avrebbero mirato – anche secondo quanto riferito dal collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena – al dominio della frazione. Infatti appena tre giorni prima dell’operazione di “Rinascita-Scott” – portata a termine il 19 dicembre – scattarono altri cinque misure cautelari, tra carcere, domiciliari e obbligo di dimora, nei confronti di altrettanti soggetti accusati, a vario titolo, di omicidio, tentato omicidio, favoreggiamento personale, porto e detenzione abusiva di arma da fuoco. Reati aggravati dal metodo mafioso.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Battaglia e altre persone che viaggiavano in auto con lui, tre giorni prima del delitto, ebbero un litigio con Felice.

La scelta di rispondere a quello che era stato ritenuto un affronto proprio nel corso della festa di San Michele, a giudizio degli investigatori, non era casuale: era anche un messaggio ai genitori, che avrebbero ricordato la morte del figlio in occasione di ogni ricorrenza di San Michele.

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