Catanzaro. L’unione italiana ciechi ricorda il genio creativo di Louis Braille
3 min di letturaEravamo in tanti, mercoledì 21 Febbraio 2024, nella “sala delle culture” della Provincia di Catanzaro, all’appuntamento con la XVII^ Giornata Nazionale del Braille
Ad accoglierci Luciana Lo Prete, presidente dell’ UIC di Catanzaro e consigliere Nazionale, coadiuvata dal suo staff.
A salutare l’evento le autorità istituzionali, con il Sindaco Fiorita e il Presidente della Provincia di Catanzaro Mormile.
La massiccia presenza di Studenti, professori ed esperti, alcuni dei quali non vedenti, ha onorato la ricorrenza rendendola attuale ed intensa nei contenuti formativi. Un problema che colpisce 25 milioni di persone nel mondo e, in Italia, circa 1,5 milioni di ipovedenti e 220 mila ciechi. In mezzo a loro, invitato a portare una mia testimonianza, c’ero anch’io.
Ho raccontato di una mattina di circa venti anni fa quando bussarono alla porta dell’edificio Maggiore Perri di Lamezia Terme i genitori di un bambino non vedente per la pre-iscrizione all’anno scolastico successivo. Avevano bussato alla porta di altre scuole incontrando lo scetticismo di qualche dirigente scolastico, preoccupato di non poter garantire un insegnante di sostegno che avesse sperimentata conoscenza dell’alfabeto Braille.
Nell’accogliere i bambini, tutti i bambini, un senso di inadeguatezza degli operatori è comprensibile, essendo l’universo dell’educazione e della formazione esposto a incidenze dinamiche e a variabili imprevedibili; a maggior ragione il senso di inadeguatezza e preoccupazione è lecito di fronte a bambini che necessitano di strumenti e metodologie didattiche particolari non fini a se stesse ma da collocare in un percorso di integrazione e di socializzazione delle competenze.
Decidemmo di accogliere il bambino con l’impegno delle docenti, assegnate sugli ipovedenti e non vedenti, a rispolverare, per l’anno successivo, la tavoletta Braille e il punteruolo.
Un impegno assunto con passione per concorrere a garantire il diritto costituzionale all’istruzione, che non poteva e non può essere garantito senza un adeguato strumento di traduzione linguistica. Successivamente, per rendere possibile l’approccio all’informatica ai bambini con disabilità visive ottenemmo, grazie al piano regionale per il diritto allo studio (L.R. 27) un finanziamento di 35 mila euro, che ci permise: l’allestimento di uno spazio-laboratorio di tiflo informatica e tiflodidattica all’interno della sala computer; l’organizzazione di un corso di aggiornamento e formazione “DAL NERO AL BRAILLE” per gli alunni non vedenti e ipovedenti di tutte le scuole partecipanti alla RETE, appositamente costituita.
Andare oltre la tavoletta e il punteruolo non voleva essere un modo per liberarcene, come qualcosa di vetusto e fuori moda, tant’è che il suo uso risulta ancora estremamente utile per la maturazione delle capacità fino-motorie. L’accesso alle nuove tecnologie era una modalità indispensabile per aggiornare e velocizzare la produzione linguistica. Nulla di più.
Il ricordo del rumore delle stampanti Braille è meno assordante ma più ricco di umanità. Oggi, mentre rispolvero i vecchi ricordi di una didattica uscita fuori dal mio tempo, non so se quelle stampanti continuano ancora a riempire di buchi, allineati dal genio creativo di Louis Braille, risme ingiallite di carta spessa.
Forse sono state avvicendate da macchine più silenziose. Quel che è certo è che quei bambini, oggi adulti professionisti, con la sensibilià dei loro polpastrelli hanno trovato la strada per conoscere il mondo.
Fiore Isabella
(Ex Docente di Sostegno)