Gravi mancanze segnalate all’Ospedale di Lamezia Terme
5 min di letturaA far emergere la sgradevole situazione è la lettera della figlia di una paziente ricoverata nel reparto di Medicina del presidio ospedaliero
Di seguito la missiva inviata al Tribunale dei diritti del malato:
Io sottoscritta F. C., figlia della Sig.ra B. C., deceduta presso l’Ospedale civile di Lamezia il 14 gennaio u.s., con la presente intendo segnalare quanto segue. La mia mamma è stata portata da Filadelfia, dove abitava, in ambulanza presso il suddetto Ospedale la sera di giovedì 11 gennaio intorno alle 20,00 perché aveva difficoltà ad urinare.
Dopo gli accertamenti, intorno alle ore 2,00, veniva ricoverata nel reparto cardiologia, solo fino al mattino seguente, quando poi è stata trasferita al reparto di medicina. Da subito ci dicono che non sarebbe stato possibile farle visita, perché all’interno del reparto medicina c’era il covid; tale situazione veniva anche segnalata con apposito avviso all’esterno del reparto stesso. Il giorno seguente, con i miei fratelli, ci rechiamo presso il suddetto ospedale nella speranza di poter far visita alla nostra cara mamma ed avere notizie dai medici circa le sue condizioni.
Da notare che durante l’attesa, vediamo entrare ed uscire da quel reparto personale dell’ospedale senza mascherina; addirittura qualcuno, dopo aver suonato il campanello, risponde a chi gli chiede, che veniva dal reparto covid: ovviamente senza mascherina!
Altri familiari di pazienti sono lì in attesa, le proteste non valgono a nulla. Qualcuno chiama i carabinieri che subito arrivano in reparto e poi quelle persone possono entrare a far visita al loro congiunto. Intorno alle 13,30 ci chiamano, una dottoressa riceve me e mio fratello in una sala d’attesa e ci comunica che la nostra mamma è in condizioni molto gravi. Alla nostra richiesta di poterla vedere, ci risponde categoricamente di no.
A nulla valgono le nostre accorate richieste. Andiamo via con il cuore spezzato. L’indomani torniamo in ospedale e, dopo una lunga attesa, una dottoressa mi riceve in quella sala d’attesa, ma dicendomi di allontanarmi da lei perché c’è il covid. Da notare che io ho la mascherina, lei no e viene dall’interno del reparto di medicina!
Mi dice che la mia mamma è gravissima, mi illustra i motivi della gravità delle condizioni e mi dice che non dobbiamo aspettarci miracoli perché è tutta compromessa, considerata l’età che non consente interventi forti. Io, addolorata per quanto mi dice, ribatto che la mia mamma è una donna dalla fibra forte e che averla portata in ospedale è proprio perché sia curata. La dottoressa mi risponde che la mia mamma ha 95 anni e non possiamo aspettarci che la vita sia eterna. Io insisto perché si faccia di tutto per curarla e riprenderla e lei mi risponde che vivo nelle nuvole. Dopo altre mie insistenze, mi dice che faranno di tutto, ma non dobbiamo aspettarci nulla.
Io incalzo dicendo che noi alla nostra mamma ci teniamo tantissimo e vogliamo che sia curata e lei mi risponde che tutti ci tengono alla propria mamma. Chiedo di vederla e mi risponde di no. Chiedo di sapere se la mia mamma può avere bisogno di qualcosa a livello personale e mi dice di attendere che mi manda l’infermiera. Qui voglio fare una pausa: mi astengo dal commentare il tono ed i gesti della dottoressa durante quel colloquio che non dimenticherò mai! C’è un video che potrebbe parlare da solo, fatto non in mala fede, ma solo per dare le notizie precise ai miei fratelli e alle mie sorelle che vivono lontano, ho un fratello anche negli U.S.A.
In pratica un medico sta dicendo ad una figlia che la madre sta per morire e non dimostra nessuna attenzione ai sentimenti di chi ha di fronte. Anzi, si infastidisce perché dovremmo sapere che la vita prima o poi finisce e mi nega di poterla vedere.
Io aspetto fuori. Finalmente viene un’infermiera e mi dice che posso entrare, ma solo per pochi istanti, per vedere la mia mamma, probabilmente a seguito delle mie insistenze. Entro in camera, la mia mamma è lucida e felice di vedermi. Noto che, nonostante il giorno prima avessimo portato la biancheria per il cambio, ha ancora il pigiama della sera del ricovero.
Dopo pochi minuti viene l’infermiera per dirmi che devo andare via. La mia mamma, raccoglie tutte le forze e si ribella: questa è mia figlia, è Franca mia, perché la mandate via? Sono costretta ad andare via dopo aver dato alla mia mamma quello che è stato l’ultimo bacio. L’indomani mattina ci chiamano dall’ospedale per dirci che la mia mamma si è aggrava ulteriormente, che ha poche ore di vita se vogliamo andare a vederla. Intorno alle 14, 00 la mia cara mamma ci lascia.
Voglio anche segnalare un’altra, a mio avviso, grave mancanza. Intorno alle 13,00 di domenica 14, mentre siamo in attesa di entrare in reparto per vedere la nostra mamma, essendo credenti, andiamo in Cappella a cercare il sacerdote per una preghiera. La cappella è chiusa. Riesco, tramite amici, ad avere il numero di cellulare del Cappellano e lo chiamo chiedendogli di venire perché c’è la mia mamma gravissima. Mi dice che è impegnato e che appena si libera viene. Non l’abbiamo mai visto.
Intorno alle 17,00, quando la salma della mia mamma era già a Filadelfia, mi manda un messaggio per dirmi che era venuto ma non gli hanno aperto ed ha anche i testimoni. No comment!
Tutto questo voglio segnalare perché non accada mai più a nessuno che non possa vedere un proprio congiunto, per giunta fragile, durante una degenza ospedaliera. Resto in attesa di conoscere le iniziative che codesto Tribunale attiverà e di essere messa al corrente sugli eventuali sviluppi.
Ringrazio e porgo cordiali saluti.