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Collettivo Addunati: Protocollo Italia-Albania e le criticità dell’accoglienza

3 min di lettura
Lamezia. Il 4 maggio presidente Albania visita Comunità Arbëreshe di Zangarona

“Non si può accettare che istituzioni complici di deportazioni e trattenimenti vengano nella nostra città a raccontarci la favoletta della valorizzazione delle diversità linguistiche e culturali”

Comunicato Stampa

Il Presidente dell’Albania Bajram Begaj, in questi giorni in visita alle comunità arbëreshe della Calabria, sabato 4 maggio farà una tappa anche a Lamezia Terme, nella comunità arbëreshe di Zangarona.

Nella nota ufficiale del Comune di Lamezia Terme questa visita viene descritta come “una importante occasione per celebrare e rafforzare i legami tra le diverse comunità linguistiche e culturali presenti nel nostro territorio”, sottolineando “l’importanza di preservare e valorizzare la diversità linguistica e culturale“.

Uno spirito di scambio e collaborazione tra i due paesi che evidentemente ha ritrovato forza con il vergognoso protocollo Italia-Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria concordato lo scorso 6 novembre tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il suo omologo albanese Edi Rama, che prevede la concessione gratuita all’Italia da parte dell’Albania di due aree demaniali per l’istituzione di due strutture, nello specifico un CPR destinato al trattenimento di stranieri irregolari – trattenimento, lo ricordiamo, per la sola condizione giuridica di assenza di documenti – e un centro di prima accoglienza per richiedenti asilo.

L’accordo avrà una durata di 5 anni, con un costo stimato di 653 milioni di euro e sarà rinnovabile.

Entrambe le strutture saranno sottoposte alla giurisdizione italiana, ma molti sono i profili di illegittimità segnalati da diverse associazioni che operano per la tutela dei diritti umani:
– nonostante le garanzie del governo sulla circostanza che nessuna persona vulnerabile potrà essere trattenuta in queste strutture, tale statuizione non trova riscontro né nel testo del protocollo né in quello del disegno di legge di ratifica;
– esistono problemi in riferimento alla normativa applicabile in tema di protezione internazionale e di rapporti tra normativa europea ed albanese;
– il diritto di difesa e l’assistenza legale per le persone trattenute potrebbero subire gravissime limitazioni a causa della evidente difficoltà a contattare e incontrare avvocati italiani in un altro stato, mentre rimangono sconosciute le modalità di registrazione delle domande di asilo e dei colloqui durante la fase amministrativa della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale;
– nel protocollo e nel relativo disegno di legge di ratifica non sono previste modalità di accesso ai centri da parte delle istituzioni di garanzia, quali il Garante dei detenuti, l’UNHCR e le Agenzie dell’UE e non viene chiarito come le persone trattenute saranno messe nella condizione di poter richiedere l’assistenza di queste organizzazioni preposte a garanzia delle loro condizioni.

Appare dunque chiaro che il protocollo Italia-Albania andrà a peggiorare ulteriormente le condizioni del sistema accoglienza, con due nuove mega strutture poste su territorio estero e dunque lontane da qualsiasi forma di controllo da parte di

associazioni e stampa italiana.
Per questo, come già evidenziato dal Collettivo Stipaturi in occasione della visita nelle comunità arbëreshe della provincia di Cosenza, non si può accettare che istituzioni complici di deportazioni e trattenimenti vengano nella nostra città – che purtroppo ha già sperimentato in passato la brutalità dei centri di detenzione per migranti – a raccontarci la favoletta della valorizzazione delle diversità linguistiche e culturali.

Collettivo Addùnati

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