Lamezia. La Nuova Orchestra Italiana al Parco Mitoio, intervista a Marco Manusso
7 min di letturaIl 12 agosto la Nuova Orchestra Italiana sarà in concerto al Parco Mitoio di Lamezia Terme per lo spettacolo “Napoli, tre punti e a capo”, all’interno della rassegna estiva di spettacoli di AMA Calabria
Il progetto musicale e di spettacolo ideato da Renzo Arbore all’inizio degli anni 90 ha da sempre portato in giro per il mondo la tradizione della canzone italiana, tra la riscoperta di grandi classici resi freschi da arrangiamenti moderni, e lo svelamento di canzoni quasi dimenticate ma che sono state parte integrante della nostra storia.
Dopo l’abbandono di Arbore, il progetto non si è fermato e anzi, ha continuato e si è rinnovato nel solco tracciato dallo stesso Renzo Arbore.
Abbiamo raggiunto Marco Manusso, punto di riferimento del progetto, per fare due chiacchiere prima dello spettacolo.
Grazie Marco per la disponibilità, può raccontarci come è nata l’idea di costituire la Nuova Orchestra Italiana e quali sono i suoi obiettivi principali?
L’idea è nata dalla volontà di voler continuare il percorso tracciato da Renzo (Arbore, ndr) nel momento in cui ha deciso di abbandonare il progetto per stanchezza e anche per limiti di età probabilmente. A noi faceva piacere proseguire per continuare a portare avanti la tradizione della canzone napoletana. Ci siamo sentiti in dovere di farlo, anche per rendere un omaggio al nostro leader che ha avuto questa idea geniale. Continuare a far conoscere la nostra musica, il nostro patrimonio; esattamente come l’Opera è diventata patrimonio dell’umanità, anche la canzone napoletana dovrebbe. Girando il mondo ci siamo resi conto quanto siano belle queste nostre melodie che tutti ci invidiamo. Questa è stata la grossa soddisfazione di girare per il mondo, come dicevo sempre a Renzo, se avessi fatto lo steward avrei girato di meno il mondo (risate, ndr.). È stato bello girarlo e portare la nostra musica, e quindi l’intenzione è quella di continuare ad aumentare il repertorio perché di materiale ce n’è ancora tanto, per esempio ora abbiamo lavorato sulla danza di Rossini. È anche cambiato un po’ il rapporto con il pubblico, essendo ora noi i protagonisti: prima ovviamente c’era la figura di Renzo che metteva un po’ in ombra la nostra performance, nonostante fossimo funzionali allo spettacolo. Adesso siamo noi a cantare, suonare e tenere in piedi tutto lo spettacolo e abbiamo ovviamente maggiori responsabilità ma anche altrettante soddisfazioni, ma anche per questo abbiamo deciso di chiamarla la Nuova Orchestra Italiana.
Qual è stata l’ispirazione dietro il repertorio che presenterete il 12 agosto? Ci sono particolari compositori o opere che avranno un ruolo centrale?
L’apertura adesso la facciamo sempre con questa danza di Rossini, una tarantella, poi continuiamo con il nostro standard del repertorio, da Era di Maggio a Comme facette mammata, cioè tutte le varie hit che negli anni sono venute fuori. Anche perché c’è da distinguere lo spettacolo in teatro da quello in piazza: quest’ultimo dev’essere un po’ più movimentato, la gente vuole divertirsi, ballare, cosa che in teatro viene più complicata, magari si vergognano ad alzarsi in piedi quando noi partiamo con le tarantelle nonostante sia davvero complicato stare fermi.
Quando arriva il morso della Taranta è difficile non muoversi…
Eh sì! Lo shuffle texano, tanto incensanto, lo abbiamo inventato noi, è praticamente una tarantella. È un ritmo al quale non puoi resistere, viene subito voglia di ballare e a noi piace quando vedi che l’atmosfera si scalda e il pubblico si lascia trasportare, è una grossa soddisfazione.
Pensa che la musica classica abbia un ruolo importante nella cultura italiana contemporanea? Se sì, in che modo?
La risposta è “magari” perché rispetto a quello che sta avvenedo oggi è tutto in controtendenza. Sicuramente lo zoccolo duro c’è, però pensare che la musica classica possa arrivare ad influenzare quella Pop la vedo un po’ dura. C’hanno provato Il Volo, Bocelli ma sono gocce nel mare della Trap, questa è un po’ la maleducazione che sta venendo fuori, perché non è la nostra tradizione e infatti anche lì piano piano sta diventando preponderante la melodia, perché se non c’è la melodia è come un libro senza una trama.
Quali sfide avete affrontato come orchestra durante la preparazione per il concerto e come le avete superate?
Ci conosciamo veramente da tanti anni, più di trenta. Noi soci fondatori ci ricordiamo degli esordi e quindi non è più il solo fatto di essere musicisti, siamo ormai anche amici di lunga data, ci conosciamo molto bene e tante cose ormai le facciamo automaticamente, perché questo è il nostro marchio. Il repertorio che abbiamo è vastissimo e lo dobbiamo comprimere per fare uno spettacolo di una durata normale, però possiamo anche scegliere una sera di mettere in scaletta un brano piuttosto che un altro. L’unica cosa è cercare di trovare una destinazione un po’ più elegante, colta, e proprio per questo tendiamo a fare anche molto teatro perché dà la possibilità al pubblico di vederne le sfumature. Renzo è riuscito a riprendere delle canzoni finite nel dimenticatoio che venivano cantate nei bar più squallidi e non le voleva più sentire nessuno, Luna Rossa per prima, ed è riuscito a dare nuova vita. Da questo punto di vista bisogna ringraziarlo perché ci ha dato la possibilità di lavorare con i più grandi: Renato Carosone, Roberto Murolo, per arrivare poi al massimo dei massimi con Ray Charles e per quello lo ringrazierò per sempre.
In un mondo musicale in continua evoluzione come si inserisce la Nuova Orchestra Italiana nel panorama attuale?
Si inserisce esattamente nella musica italiana come nel sushi o nel panino del Mc Donald’s si inserisce la Carbonara o la Amatriciana. Noi siamo esattamente in quel modo, siamo un classico della musica italiana. Il nostro è stato un esperimento perché Renzo ha avuto il coraggio di osare, le persone di grande cultura musicale come lui non hanno paura di fare questo. Abbiamo preso canzoni antiche, anche di fine ‘800, a cui cambiare il vestito trovando quello giusto, tutti insieme. E questa formula è stata geniale e vincente.
Può parlarci della vostra visione per il futuro dell’orchestra? Ci saranno collaborazioni o progetti particolari in programma?
Speriamo innanzitutto di portare in televisione lo spettacolo, essendo un concerto nazional popolare, per far sentire quanto sono belle le nostre canzoni e quello che di nuovo stiamo proponendo. Esattamente come si parla poi di un tour all’estero, anche perché è stato molto bello quando l’abbiamo fatto. Porti una ventata italiana a persone che magari sono lì da decenni e si commuovono a sentire questa musica che ha il potere di portarti indietro nel tempo e di farti provare quelle emozioni.
In che modo il pubblico può effettivamente interagire con l’orchestra durante i vostri concerti? Qual è il tipo di esperienza che cercate di creare?
La cosa bella è quando cantano con noi, e rendere il pubblico protagonista è sempre un’idea di Renzo Arbore. E quando lo fa, quando canta insieme a noi, riaffiorano i ricordi. Quelle canzoni apparentemente dimenticate, che in realtà sono lì nella memoria, ritornano in mente dopo le prime note. Canzoni semplici e anche più complesse in cui la melodia vince e tutti si lasciano andare. Poi l’Orchestra, fin dall’inizio, ha sempre avuto l’obbligo di cantare, ed è importante perché se lo facciamo noi il pubblico si sente autorizzato a farlo. Meccanismi semplici ma che funzionano. È sempre un’idea di Renzo per cui ognuno di noi ha dei ruoli: ora io devo sostituire lui avendo lo stesso range vocale, e mi fa piacere pensare di fare quello che lui ha fatto per anni e che vedevo quando ero con il coro, a parte alcuni mashup che già facevamo prima che diventasse moda. E poi cantare è liberatorio, ti fa sentire meglio, è tutta una vibrazione rispetto a suonare e basta. Anzi, mi piacerebbe cantare da crooner come faceva Renzo, cantare Malafemmena, quello è un ricordo di Totò ed un bellissimo brano. È in cantiere e appena avremo tempo speriamo di poterlo sviluppare.
Infine, ha qualche messaggio speciale per gli spettatori che assisteranno al vostro concerto a Lamezia? Cosa vorrebbe che ricordassero di voi?
Innanzitutto, come c’è scritto sulla Settimana Enigmistica, diffidate dalle imitazioni perché noi siamo la vera Orchestra Italiana. Magari è un bene perché quando esistono le imitazioni vuole dire che qualcosa ha funzionato. Mi piacerebbe “sfrucugliare” la curiosità di molte persone nel fare il paragone tra la versione originale e la nostra, stimolare la curiosità nei confronti della canzone italiana. Farebbe piacere se la gente poi andasse a cercare chi è Renato Carosone, per esempio, perché è sempre bello e importante conoscere le nostre radici. Anche perché abbiamo una tale diversità in Italia, dal cibo, al vino, alla musica di cui non ci rendiamo conto, perché a noi l’Italia ci fa sempre schifo. Quando vedo i turisti a Roma, abito a Roma, che stanno sempre a bocca aperta mi rendo ancora più conto di quanto sia bello il nostro Paese.
Renato Failla