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Fernando Nucifero dedica una poesia a Natuzza a cento anni dalla nascita

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In occasione della ricorrenza del 100° anniversario della nascita della Serva di Dio Natuzza Evolo nata a Paravati di Mileto in provincia di Vibo Valentia il 23 agosto nel 1924, Fernando Nucifero, già avvocato ed attualmente docente presso le scuole secondarie superiori di secondo grado, dedica alla mistica una poesia inedita ispirata all’esperienza vissuta al suo cospetto nel lontano 24 settembre 1999.

L’incontro con l’umile contadina risale al periodo in cui la donna cominciava ad accusare stanchezza e problemi di salute che ne rallentavano le apparizioni pubbliche e private e la costringevano a ricevere poche persone scelte tra una marea di gente che arrivava a Paravati da ogni parte d’Italia e del mondo.

Ebbene in uno di quei giorni, dichiara l’autore, Natuzza mi puntò gli occhi e il dito invitandomi con gesti sereni a raggiungerla per un breve colloquio che per suo volere si prolungò di molto.

Schietta nelle espressioni senza troppi giri di parole mi raccontò esclusivamente quanto percepito dai messaggi e profezie degli angeli custodi.

Ebbi l’impressione che si trovasse simultaneamente in due posti diversi e fu allora che i miei occhi ed i miei sensi vissero l’inimmaginabile.

Le sue parole mi diedero la certezza che ella era difatti in contatto con gli angeli, i defunti e con Dio. Chiederle e udire le risposte fu come essere trasportato “oltre” in un’altra dimensione.

Il suo linguaggio, i suoi segni diventarono evidenze lasciandomi senza “ragionevole” spiegazione ma con il cuore colmo di riconoscenza e di quella speranza che solo una serva di Dio poteva darmi trasmettendomi la sicurezza di un aldilà come qualcosa di reale e tangibile.

Successivamente la sua spirituale presenza si materializzò con i cosiddetti “nodi” ritrovati in catenine e effetti personali riposti singolarmente in un cassetto.

Di seguito si riportano le rime omaggiate da Nucifero:

Nel dolore disperato speranze in te ho cercato

e con le lacrime sul viso mi sono incamminato.

Tra la gente dall’affaccio il tuo dito su di me hai posato.

Al cospetto mi hai chiamato e tremolante ti ho incontrato

per parlare di quel cupo istante a cui tanto tempo abbiamo dedicato.

E tu umile contadina, grande donna serva di Dio,

il cuore mi hai guarito e di luce immensa l’hai inondato.

Il mio angelo, così hai detto, nell’azzurro cielo è volato

e in stella madre si è tramutato”.

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