Carabinieri: generale Salsano lascia il comando della Legione
2 min di lettura‘Ho imparato ad amare la Calabria, che merita di riscattarsi’
Il generale di divisione Pietro Salsano lascia, dopo tre anni, il comando della Legione Calabria dei carabinieri per assumere la direzione a Roma del Cums, il Centro unità mobile e specializzata dell’Arma e, in vista del suo trasferimento, ha incontrato i giornalisti.
“Oggi ci tenevo a salutarvi – ha detto l’ufficiale – per il lavoro che avete svolto e continuate a svolgere in un territorio difficile ma che offre tantissimo.
In Calabria c’è bisogno di un’informazione concreta e di qualità.
Credo, peraltro, che la narrativa di questo territorio debba cominciare a cambiare. Io, che non sono calabrese, ho imparato in questi tre anni ad amare questa terra e ritengo che molte cose sono cambiate e stanno cambiando.
C’é una maggiore sensibilità e, personalmente, ho avvertito questa voglia di rinascita e di riscatto dei calabresi affinché venga cancellata una fama negativa che non merita. In realtà questo é un territorio che offre davvero tantissimo, grazie alle sue risorse umane. I giovani calabresi, in particolare, devono poter restare qui per studiare e lavorare.
Ciò che mi ha colpito é stata anche la voglia di rinascita di tutte le istituzioni e della popolazione”.
Il generale Salsano, nel corso della conferenza stampa, si é soffermato sull’impegno dei carabinieri per reprimere gli incendi dolosi dei boschi ed i reati contro l’ambiente. “Devo dire – ha detto l’ufficiale – che c’è tanto da fare ancora, ma tanto è stato fatto. Forza e coraggio, dunque. Ci sono tutti gli strumenti per crescere rapidamente anche nei territori che hanno conosciuto meno sviluppo. E se c’é questa voglia, questa unione, questo lavoro di squadra, si cresce molto più rapidamente”.
Riguardo la ‘ndrangheta, Salsano ha sottolineato che “si tratta senza alcun dubbio di un’organizzazione criminale terribile da combattere con tutti i mezzi a disposizione. Ho l’impressione, però, che proprio la ‘ndrangheta abbia rappresentato per troppo tempo un alibi per gli imprenditori per non investire in Calabria”.