Il lametino Luigi Pullia proposto per il premio Nobel per la letteratura
2 min di lettura“L’autore è riuscito ad affrontare, con stile deciso e mai banale, temi cruciali per il genere umano”
Con questa motivazione, la professoressa universitaria Alessandra Schettino, qualificato come soggetto appartenente a una categoria idonea alla nomina secondo gli Statuti della Fondazione Nobel, ha deciso di proporre lo scrittore Luigi Pullia al premio Nobel per la letteratura: “Sono davvero felice ed emozionato per questo riconoscimento -commenta Pullia- e mi preme ringraziare tutti coloro che hanno reso ciò possibile”.
Psicologo di lungo corso, Pullia è l’autore della silloge “Gocce di pietra”, versi originali che svelano un aninums poeoticus particolare per la sua spontaneità e per la sua singolarità.
“Il volume -spiega Pullia- nasce dopo diversi anni di silenzi in cui, da psicanalista, ho annotato le sensazioni quotidiane che provavo nel lavoro e nella vita quotidiana. E così, dopo diversi anni dalla prima pubblicazione ho deciso di condividere con il lettore pensieri e riflessioni che fanno parte del nostro cammino di vita”.
Sono nati così profondi spunti poetici che sono simbioticamente intersecati con i più attuali studi filosofici e psicologici. Da critico osservatore e scevro da qualsivoglia influenza o contaminazione esterna, è venuto fuori un progetto poetico originale dove risulta palese l’indagine introspettiva, che ha condotto il poeta, orientata a costruire una sorta di dimensione lirica atipica ma nello stesso tempo potente. Pullia ripropone così l’eterno rapporto fra poesia e psicanalisi.
La parte più onirica del suo poetare si articola autorevolmente partendo da una sorta di una nuova “recherche du temps perdu” per poi raggiungere quello che, per tanti, può essere considerato un vero e proprio “mal du vivre”.
Le tappe intermedie fra questi due momenti non sono futili ammennicoli ininfluenti ed estemporanei, al contrario rappresentano il tessuto vitale: “Questo è un paradigma -continua Pullia- molto vicino a quello che è proprio il pensiero di un grande della psicanalisi riguardo alla poesia e alle arti in generale. Sto parlando di Sigmund Freud, il quale riconosceva ai poeti in particolare -e agli artisti in generale- una naturale inclinazione alla conoscenza inconscia della complessità della psiche umana”.