Vis-à-vis con Francesco Pancari
9 min di letturaIntanto, grazie, Francesco, per aver dato la disponibilità alla nostra redazione di intervistarti
Per quanti hanno attitudini artistiche, abbiamo l’abitudine di entrare immediatamente in medias res: è una sorta di empatia per co-creare uno spazio più creativo tra intervistatore ed intervistato.
Tieniti pronto, allora – perché il dialogo sarà una cartina al tornasole per entrambi! Del resto chi chiede non è estraneo alla fenomenologia artistica. Partiamo dalla tua formazione e dal rapporto con Squillace
Grazie mille per avermi dato l’opportunità di poter raccontarmi in questo momento sicuramente di grande spessore culturale. La mia formazione con certezza assoluta va ricercata già tra le mura domestiche: essendo figlio d’arte, ho sempre vissuto a contatto diretto con ciò che è il meraviglioso. “Ahimè, doloroso mondo dell’arte!”: mi verrebbe da dire con tutte le sfumature del caso. Fin da subito osservavo con interesse mio padre nel suo studio, mentre dava vita alle sue opere, da sempre affascinato da quel mondo così colorato che erano i suoi racconti su tela, dalle tavolozze ricche di attimi vissuti e dai pennelli che sembravano attendere il momento per entrare in campo. Cresciuto nei primi anni di vita tra Squillace e Catanzaro, mi sono trasferito definitivamente a Squillace dove sono stato attratto non solo dalla bellezza del vecchio borgo, ma ancor di più dalla sua storia. Il rapporto con questa realtà cittadina è stato da subito forte, e proprio questo è stato uno dei motivi del nostro trasferimento. Dopo aver frequentato le scuole dell’obbligo, senza esitare e con piena consapevolezza di ciò che volevo fare, ho scelto di frequentare l’Istituto statale d’arte di Squillace sez. Metalli. per poi completare gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro nella scuola di Decorazione, che oggi porta il nome di mio padre. Con Squillace il rapporto è come quello che si crea tra i componenti di una famiglia meridionale… Si vive, si cresce e tutto d’un tratto si sogna di andare via per rincorrere chissà quali sogni, ma nel momento clou si sceglie sempre di rimanere tra le braccia sicure di ciò che chiamiamo “La nostra città”.
Crescere vivendo gli spazi di un padre eccezionale, quanto il tuo, ha orientato le tue inclinazioni artistiche?
Beh, sicuramente tanto: non posso negare che nella mia prima fase artistica spesso ho cercato di essere come lui, l’artista delle avanguardie calabresi del ’74, delle innovazioni, l’artista che cercava di comunicare le non regole che essa stessa dettava.
Come definiresti te e tuo padre sul piano artistico? Ci sono punti di consonanza o di divergenza? Quanto dell’espressione latina “Talis pater, talis filius” vale per il tuo rapporto con lui e a sua memoria?
Due semplici profeti in terra d’arte, due umili soldati che vogliono ancora credere che le guerre si vincono sulla tela con i colori della passione umana. Sai, caro Francesco, spesso mi fermo nello studio, che è stato prima di mio padre e ora nostro, a chiacchierare con lui, e forse questo è l’unico modo di riuscire a colmare il vuoto. Quando gli dico: “Pa’, oggi mi hanno detto che sono uguale a te”, mi si riempie il cuore di gioia e gli occhi di lacrime e immagino la sua espressione. Dal punto di vista artistico il “fardello” da portare è pesante, considerata la grandezza che ho sempre visto in lui sia come padre ma soprattutto come maestro. Cerco di mantenere una mia identità ma al contempo il filo conduttore con il suo “essere artista” c’è e ci sarà per sempre.
Che ci dici della Fondazione artistica a commemorazione paterna?
Negli ultimi dieci anni lui aveva di continuo espresso la volontà di voler creare una Associazione, che potesse in qualche modo aiutare i giovani artisti calabresi, un gruppo di lavoro che potesse ancor di più far sì che questi ultimi non dovessero scappare da questa martoriata terra da lui tanto amata, che sempre è stata fonte d’ispirazione nelle sue ricerche artistiche. Quello che oggi io, insieme alla mia famiglia e a qualche suo fraterno amico, stiamo cercando di portare avanti è solo una continuità di ciò che lui aveva già avviato. Vorremmo istituire delle borse di studio per le Accademie di Belle Arti e i Licei Artistici Calabresi, riuscire ad avere dei luoghi culturali dove far esporre e conoscere appunto l’arte di questi giovani artisti, che potranno in tal modo confrontarsi con delle personalità influenti nel settore. Creare dei momenti di incontri culturali come ad esempio presentazioni di libri, seminari ecc. Ma SOPRATUTTO riuscire attraverso delle aste di beneficenza, di ristampe di opere o opere stesse, ricavare dei fondi da devolvere agli ospedali pediatrici della sua amata terra.
Cosa rappresenta per te Squillace? E soprattutto quanto di Cassiodoro andrebbe propinato a scuola per cementare la consapevolezza di non essere un fanalino di cosa nei saperi generali in una delle regioni più meridiane del nostro Sud?
Per me Squillace rappresenta un luogo caro, ricco di storia, tradizioni e identità, simboli della cultura calabrese. Con la sua storia millenaria e la posizione strategica che domina l’omonimo Golfo, Squillace è un connubio di passato e presente, dove il patrimonio archeologico, come il castello medievale e le rovine dell’antica Scolacium, si intreccia con le bellezze naturali della Regione. Cassiodoro è sempre stato un faro di cultura che necessariamente andrebbe studiato a scuola, perché rappresenta una figura fondamentale per comprendere non solo la storia e la cultura del periodo tardoantico e medievale, ma soprattutto per cogliere e fare propri i suoi insegnamenti. Ora più che mai il suo messaggio è carico di contemporaneità: il suo credo, basato sulla tolleranza e non sulla discriminazione, sulla disponibilità al confronto e al dialogo, sul rispetto delle idee, sulla solidarietà verso gli oppressi, sulla pacifica coesistenza dei popoli, può essere considerato, oggi, come nei secoli scorsi, un esempio di rettitudine al quale ogni cittadino del mondo dovrebbe ispirarsi.
Il tratto principale del tuo carattere.
Sicuramente un po’ lunatico, sognatore a volte solitario, ma nel contempo non riesco a rimanere indifferente alla solitudine intesa come condizione dettata dalla società
Se dovessi definire l’arte con dei sostantivi circostanziati, quali sceglieresti? Quali banneresti come espressioni di banalizzazione?
Dico sempre ai miei alunni: Tutto ciò che create, disegnate ha funzione di ESSERE nel momento in cui la matita o il pennello diventano un contatto diretto con il vostro cuore, quindi crea SENZAZIONE…Odio quando si tenta a tutti i costi di dover appartenere a una corrente artistica solo per cercare una fittizia identità. L’arte non ha REGOLE, non ha CONFINI. L’arte è LIBERTA’, SENZAZIONI.
Il tuo curriculum studiorum: da dove parte come Istituzione scolastica e dove è approdato come specializzazione?
Inizio gli studi di secondo grado nel 1992 presso l’allora Istituto Statale D’arte sez. Metalli di Squillace, dove conferisco l’attestato di maestro d’arte; subito dopo entro all’Accademia di belle Arti di Catanzaro nella scuola di Decorazione, dove mi laureo quattro dopo con il massimo dei voti. Frequento per altri 2 anni la stessa Accademia dove ottengo l’abilitazione per l’insegnamento, anche qui con il massimo dei voti per poi entrare di ruolo nella Pubblica istruzione nel 2015 nella città di Genova.
Il tuo primo lavoro artistico?
Non so, non rammento in questo momento, ma ricordo con molto piacere quando ancora studente dell’Accademia di belle Arti di CZ fui selezionato per rappresentare la scuola di Decorazione I° cattedra alla biennale di Bologna.
Chi sono i soggetti delle tue produzioni d’arte?
Non ho un filo continuo, non sempre le mie opere hanno delle figure che siano astratte o classiche. Ciò che dipingo è spesso ricerca materica, attraverso la quale cerco di esprimere un SENTIMENTO, una EMOZIONE, una SENZAZIONE data dall’informe e dalla magia dei colori, intesi anche come elementi naturali o di riciclo. Guarda Fra’, non vorrei sembrare contradittorio con quanto ho detto prima ma sicuramente i miei continui studi si soffermano molto sulle avanguardie dal XVIII sec. ai tempi moderni, tenendo sempre in considerazione che ciò che insegno è la conoscenza sulle Arti Figurative.
Quanto tempo impieghi per realizzare una tua opera?
Varia tantissimo, da qualche ora a qualche anno.
Che tipo di rapporto lega un artista alla sua creazione? Riesci ad esonerare da te quanto crei o ri-crei o ognuna delle proprie produzioni te le senti addosso come parte inalienabile della tua persona?
Non dipingo quasi mai su commissione: pertanto è inevitabile che tutto ciò che realizzo nasca da una SENZAZIONE, dettatami da un momento accaduto o da un SENTIMENTO …Sì, è vero: ciò che faccio lo indosso per molto tempo, quasi fosse una seconda pelle.
In ambito figurativo, quali esperienze dell’arte consideri importanti nell’elaborazione della tua concezione artistica?
Oltre ad essere sicuramente un amante dell’arte classica (dei classici che comunque hanno segnato importanti cambiamenti del periodo quale ad esempio il genio del Caravaggio, Michelangelo Buonarroti, Donatello e così via), molto importanti sono per me gli artisti contemporanei come Burri, Vedova, Fontane e non dimentichiamo assolutamente Mimmo Rotella…Potrei stare qui ancora a nominarti altre mille personalità dell’arte, anche meno conosciuti, ma ciò che ancora più mi ispira e mi emoziona è la continua ricerca del bello.
Hai partecipato a mostre personali e collettive?
Sì, negli anni passati sicuramente con molta più frequenza.
Una citazione di un artista a filosofia di vita?
Più di una, a dire il vero. “Non dipingo ciò che vedo, dipingo ciò che penso”. “La pittura è una professione da cieco: uno non dipinge ciò che vede, ma ciò che sente, ciò che dice a se stesso riguardo a ciò che ha visto”.” Quando non ho più blu, metto del rosso”. Pablo Picasso…
Qual è il tuo rapporto con gli studenti? Quale responsabilità pensi di poter condividere da “Maestro d’arte” e quali metodi utilizzi per educarli alla pratica del bello?
Come primo approccio cerco di istaurare un rapporto di rispetto reciproco seguito da un legame di fiducia…Non c’è peggiore cosa che tradire la fiducia dei propri allievi. Le responsabilità sono veramente tante, un filo sottile che attraversa il loro cuore fino al cervello, un filo così fragile che trasporta un carico molto importante d’emozioni e sensazioni. Basta riuscire a rendere forte questo percorso che porta alla pratica del bello.
Perché è importante coniugare la tecnica laboratoriale con la storia dell’arte?
Non può esistere crescita senza conoscenza, non c’è innovazione senza classico e non può esserci SENZAZIONE senza SENTIMENTO
Quali sono gli sbocchi di un Liceo artistico? Che consigli daresti per orientare le scelte dei nostri ragazzi? Immagina un/a giovanissimo /a tra i corridoi del tuo Istituto, magari durante un Open day: come sollecitare competenze pratiche da acquisire tra i banchi di un laboratorio d’arte?
C’è chi potrebbe inibirsi per esempio di fronte a manufatti di qualità: sai meglio di me quanto lo scoraggiamento aprioristico dei propri limiti possa alcune volte disorientare. Tanti, dall’insegnamento al designer, dal grafico pubblicitario alla body art, e a tutto ciò che gira intorno al mondo delle arti in generale. Guidarli con sincerità in un percorso formativo orientato e costruito in primis sulla loro capacità espressiva. Semplice, rendendoli consapevoli che quel posto tra i banchi del laboratorio artistico aspetta solo di essere occupato da chi potrebbe certamente insegnare a noi insegnanti tanto. Appunto, come già specificato, guidarli in un percorso basato sulla sincerità e forte delle conoscenze tecniche-artistiche, le quali sicuramente riusciranno a limitare di tanto il senso dell’inibizione.
Perché i giovani – laddove ci fossero delle difficoltà, come riscontro sul territorio – non devono demordere, ma nutrire il loro spirito di bellezza e, quindi, d’arte?
Anni fa curammo insieme ad un mio collega “amico” una grossa manifestazione artistica-culturale della durata di tre giorni che vide presenti artisti di diverso calibro, che diede voce comunque al territorio e ai suoi partecipanti Si volle fortemente intitolare: GENIUS LOCI…I luoghi della memoria.
Una citazione d’incoraggiamento per i nostri giovanissimi?
Credete sempre in ciò che fate senza mai dimenticare le vostre radici.
Con quale motivo musicale congederesti il nostro incontro? Per quanto mi concerne la sigla di Modigliani – I colori dell’anima: un film sfrontato ma rispettabile imperniato sulla rivalità tra Modì e Picasso. Una competizione alla pari da cui s’impari quel quid che faccia alzare di livello la società in cui si vive. Tu, invece?
Il confronto, la critica se pura è sempre formativa: mi piacerebbe che la colonna sonora di questo incontro fosse” Un tempo piccolo “del grande Califano.
Francesco Polopoli