Marina Galati: noi del CNCA faremo disobbedienza civile
3 min di letturaDal 27 al 29 marzo 2017 sono stati i giorni del viaggio in Marocco per i delegati del CNCA (coordinamento Nazionale Comunità d´Accoglienza).
L´incontro e la condivisione con gruppi sociali che operano tra Tangheri e Ceuta, enclave spagnola in terra di Marocco, hanno dato modo di toccare con mano le condizioni difronte alle quali si trovano i migranti provenienti dalle terre dell’Africa occidentale e diretti in Europa.
«Qui da oltre 20 anni, anche con il contributo dell’unione europea, è iniziata la stagione della costruzione delle barriere e dei muri» dice don Armando Zappolini, presidente nazionale CNCA, nella lettera che ha diffuso per dare avvio a «questa iniziativa della quale daremo conto – continua – «anche in occasione del convegno nazionale dal titolo Costruttori di ponti in programma a Roma il prossimo 11 maggio».
Marina Galati, Presidente del CNCA Calabria e gli altri delegati del coordinamento nazionale, nel loro primo giorno in terra d´Africa, hanno incontrato l´arcivescovo di Tangheri e Suor Angelina, responsabile della delegazione dell’ufficio migranti della diocesi.
«Le vite di questi migranti sono un carico umano indecifrabile. Portano addosso i problemi che li hanno spinti a lasciare il loro paese e a questi si aggiungono le difficoltà che incontrano sulla strada. Sofferenza cui si aggiunge sofferenza».
Dice l´arcivescovo di Tangheri il francescano Santiago Agrelo Martínez. «Loro desiderano l’Europa ma dove arriverà questo sogno non lo so».
I muri che si stanno costruendo in Europa usano il filo spinato prodotto in Spagna. Una struttura con un doppio anello già sperimentato sul muro di Ceuta e che provoca ferite profonde nelle carni umane di almeno un centimetro.
Molti, uomini e donne, che provano a scavalcare il muro rimangono appesi a quei fili fino a 18 ore senza che nessuno si muova in loro aiuto.
Albert é un giovane ragazzo del Camerun che da poco si trova a Ceuta. Ha aspettato 5 anni nella foresta prima di poter vedere l´altra parte del muro. «Io non vivo per il passato» – dice – «ma per il presente e non ricordo più quando sono partito, ho solo il ricordo delle ferite profonde».
Le donne incontrate lungo il muro sono portatrici di fardelli da 70 Kg, il loro compenso è di 1 euro al kg. Ci sono anche uomini tra i portatori che aspettano di essere chiamati a lavorare ed in cambio sperano di ricevere un biglietto che gli farà oltrepassare la cortina.
È il commercio dei fardelli, uno scambio economico tollerato ma illegale, soggetto più agli umori della polizia locale che alle leggi.
«In Marocco con l´associazione Migrantes e con le associazione Elin e Digmun che operano a Ceuta, abbiamo percorso un tratto di strada che porta alla foresta dove vivono migliaia di giovani in attesa di poter scavalcare i muri».
Racconta Marina Galati – «Mentre in Europa i capi di Stato discutono di sicurezza e di respingimenti.
Mentre i decreti Minniti sull’immigrazione vogliono far tornare i CIE. Noi del CNCA faremo disobbedienza civile difronte a queste norme e dai tanti incontri con gruppi, piccoli e grandi, a Ceuta come a Tunisi, ad Atene come a Lampedusa vogliamo costruire relazioni, reti, spazi di accoglienza e condivisione tra le tante persone che chiedono il diritto di vivere».