Consumati giorni: a Palazzo Nicotera l’esordio poetico di Matteo Scalise
3 min di letturaL’incontro si inserisce nell’ormai nota rassegna culturale de Il Maggio dei libri, giunta alle sue battute finali.
Si è aperta con una canzone dei Nomadi, Un giorno insieme, la presentazione di Consumati Giorni, l’esordio poetico del giovane lametino Matteo Scalise. Una precisa scelta musicale, colonna sonora che accompagna l’autore sin da bambino e che lo ha accompagnato anche in questo giorno per lui importante.
La sala affrescata Giuseppe Perri di Palazzo Nicotera si è così riempita di musica e parole con la lettura di alcune poesie presenti all’interno del testo e declamate da Maria Chiara Caruso dell’associazione culturale Open Space.
Insieme all’autore hanno invece dialogato Antonio Pagliuso e Daniela Lucia.
La raccolta, che può essere definita come un’autobiografia poetica, è suddivisa in sei differenti sezioni poetiche che segnano l’evoluzione dell’autore, dei suoi desideri, delle passioni, dei suoi pensieri e del suo stile, simbolo di alcune importanti fasi della sua vita e che abbracciano un significativo arco temporale di 10 anni, dall’adolescenza all’età più adulta.
La sua poesia gode dell’influenza di grandi poeti del passato, Montale e Ungaretti, interpreti di quel filone tendenzialmente pessimista e delle teorie esistenzialiste del filosofo tedesco Martin Heidegger, anche se quello del giovane lametino è un esistenzialismo che lascia aperta la porta al trionfo della vita sulla morte.
Durante l’incontro sono state sviscerate le varie tematiche presenti all’interno del testo e indicate dal titolo dato a ogni differente sezione, ma il filo conduttore della raccolta è ben preciso: il tempo, fatto di ricordi di persone e luoghi amati, e il continuo dissidio esistenziale tra vita e morte.
“[…] Morte intesa come provvisoria mancanza di forza nel reagire come si deve dinnanzi alle difficoltà piccole e grandi che la vita quotidianamente ci riserva” scrive Scalise nell’introduzione alla sua opera prima. Dolore e memoria si intrecciano intorno alla perdita di una figura centrale nella vita dell’autore, nonno Luigino, e confluiscono in modo particolare nella poesia che dà il titolo all’intera silloge, Consumati giorni: è attraverso la scrittura di questa come di altre poesie che l’autore riesce a trovare la via d’uscita e a esorcizzare i momenti di dolore e sconforto legati alla perdita.
Un male ancora pulsante che viene però attenuato dal ricordo costante, con uno sguardo che non lascia mai il passato ma che guarda costantemente anche verso il futuro e si apre a nuovi ricordi fatti di positività. La stessa positività che Matteo Scalise riesce a ritrovare nella sua passione per il trekking e la montagna: una natura non più matrigna, crudele e indifferente ai dolori degli uomini, ma benevola e portatrice di serenità.
Valentina Dattilo