Trame 7: Sciascia e Pantaleone, due servi disobbedienti
3 min di letturaLeonardo Sciascia e Michele Pantaleone, due narratori di Sicilia. Autori entrambi di opere fondamentali per far arrivare la mafia alle orecchie e alla testa di tutti quei siciliani e non che sconfessavano l’esistenza della potente organizzazione criminale dell’isola. Alla settima edizione di Trame Festival si è parlato di “Servi disobbedienti. Leonardo Sciascia e Michele Pantaleone: vite parallele” (Dario Flaccovio Editore), saggio di Gino Pantaleone, poeta e scrittore palermitano, già autore nel 2014 de “Il gigante controvento”, una biografia su Michele Pantaleone. Insieme allo scrittore, Gaetano Savatteri, prefatore dell’opera e direttore artistico del Festival, e Nuccio Iovene, politico e coordinatore della discussione, hanno tracciato i parallelismi tra i due autori al di là della notorietà e dell’estrazione sociale differente (Michele Pantaleone era un figlio di borghesi e notabili, mentre Leonardo Sciascia aveva il padre capomastro di zolfara); due personaggi che si sono accorti per primi dell’esistenza della mafia e ne hanno parlato: Pantaleone, sociologo e saggista nativo di Villalba – piccolo centro dell’entroterra siciliano famoso per essere stato terra del boss di Cosa Nostra Calogero Vizzini – che nel corso degli anni Sessanta pubblicò con Einaudi vari saggi sul problema della criminalità organizzata come “Mafia e politica. 1943-1962”, “Mafia e droga” e “Antimafia: occasione mancata”; Sciascia, lo scrittore autore de “Il giorno della civetta” e “Todo modo” e originario di Racalmuto, «non un luogo storicamente mafioso – come dice Savatteri, di origini racalmutesi anch’egli – ma sicuramente un posto con al suo interno una mafia, seppur silente rispetto ad altre realtà».
Sia Leonardo Sciascia che Michele Pantaleone, in rapporti amichevoli ed epistolari durante la loro vita, sono stati tra i primi ad ammettere che la mafia non deve esser vista come un fenomeno culturale tipico del siciliano, una sorta di storica scusante per molti isolani, bensì come un fenomeno criminale e sono stati profetici di alcuni problemi attuali del nostro Paese, come la deferenza di chiesa e popolazione verso i padrini. Entrambi hanno analizzato attentamente anche le attività dell’antimafia: dal celebre articolo di Sciascia del 1987 contro i professionisti dell’antimafia, alle parole, profferite con toni anche più focosi, di Pantaleone contro Bernardo Mattarella, padre di Piersanti, assassinato da Cosa Nostra nel 1980, e Sergio, attuale presidente della Repubblica Italiana. Scritti e affermazioni che hanno prodotto vari oppositori e hanno fatto dei due disobbedienti scrittori uomini scomodi. Aggiunge l’autore: «Pantaleone e Sciascia sono stati due siciliani che hanno vissuto la loro terra […], la hanno annusata e sapevano come funziona dal punto di vista sociale».
Antonio Pagliuso