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VENEZIA.74, pt. 5: THE LEASURE SEEKER

4 min di lettura

Il cinema che ci piace non è fatto -solo- di grandi storie, ma soprattutto di grandi idee, che magari esaltano una storia che sa di deja-vu o salvano mediocri interpretazioni con declinazioni inedite di intuizioni già viste.

the leasure seekerVirzì si sa, è uno dei maggiori esponenti della nuova commedia italiana, quella “pura” (che badi bene non c’entra nulla con il cinema comico, quello deformato e deformante), quella che castigat ridendo mores, quella creata e portata agli splendori dalla santa trinità Monicelli-Risi-Scola.
Lo è diventato inventandosi una cifra stilistica tutta sua, che riesce a partire dal regionale per arrivare ad un universale fatto di sentimenti e di un sentire condiviso, che prende spunto dalla banalità politica per parlare e parlarci di come il nostro essere nel Privato si riflette estroflettendosi nel Pubblico.
The Leasure Seeker, primo film in lingua straniera di Paolo Virzì, attesissimo in concorso, racconta di Elle e John, vecchi marito e moglie che si imbarcano su un vecchio camper per ripercorrere vecchie strade; tutto infischiandosene delle cure, delle malattie che lentamente li stanno spegnendo, dei figli che si preoccupano (egoisticamente o meno) per loro, e di tutto quello che il comune pensare può dire su questa fuga d’amore.
Peccato che qui anche la storia sia vecchia: così come il modo di declinarla, e di raccontarla, di svilupparla e di finirla. Certo, buona parte del film è salvata in extremis da due attori giganteschi (Helen Mirren e Donald Sutherland, ma che lo dico a fare), misurati anche quando la recitazione richiede un fuori misura.
Ma non basta a convincere: The Leasure Seeker è vecchio nella concezione ma cosa ancora più grave nella messa in scena, telefonato a tal punto che si capisce dove si andrà a parare -e soprattutto che strada il regista sceglierà per arrivarci insieme ai suoi protagonisti- dai primissimi risvolti narrativi.
Paolo VirzìPassi che Virzì cerca di infondere la perdita di memoria di una società come quella americana nella perdita dei ricordi dell’anziano Sutherland, confrontando un democratico con cortei pro-Trump (il quale sembra essere presente nei film statunitensi a tempo di record dalla sua elezione, come qui e in Suburbicon), assimilando la sua ossessione per l’attualità italiana con quella americana: ma sono tracce sbiadite, specie se si pensa che alla fine quest’opera n.13 è totalmente anonima.
E si che di precedenti “illustri” ce ne sono stati, visto che sia Muccino che Sorrentino, con le debite proporzioni qualitative, non hanno saputo contenere lo spirito straniero girando fuori patria.
Ma pensiamo per un attimo a My Name Is Tanino, quinta prova di Virzì e prima in terra straniera, dove pur rifacendosi ai modelli del dramma familiare americano il regista livornese riusciva ad essere sé stesso e mantenere salda la sua poetica, soprattutto utilizzando gli strumenti americani per raccontare una storia italiana.
The Leasure Seeker è invece, al contrario, un film che utilizza mezzi italiani per arrivare ad una storia americana, attraversata dagli splendidi panorami del nuovo continente, ispirata (solo) da due giganti della recitazione ma totalmente priva di quell’afflato autentico e personale che rendono un film qualcosa d’autore.the leisure seeker - una scena del film
Questo non perché necessariamente un bel film possa essere solo un film d’autore: ma perché basta sentire le battute -fulminanti, divertenti, ben scritte- inserite nella storia, per rendersi conto come l’ironia cinica toscana sia stata piegata, snaturandola, per infilarla dentro a forza, per far sentire che “c’è Virzì”; perché, senza neanche sentire l’onda emotiva dalla morte -annunciata- dei protagonisti, si arriva alla fine del film con un enorme vuoto e come se per tutta la sua durata fosse mancato qualcosa.
Lo spettatore più scafato è sfiancato da una narrazione costruita solo sul tentativo di arginare l’Alzheimer; quello occasionale magari si commuove e rivede un po’ di sé in qualche ristagno narrativo; in mezzo ci stiamo noi, che da Virzì continuiamo a pretendere qualcosa di più e di meglio.

GianLorenzo Franzì

p.s.: intanto continuiamo a chiederci perché, quando sbarcano alla Mostra di Venezia, spesso e volentieri i grandi autori italiani non riescano ad essere all’altezza delle aspettative. Ansia da prestazione?
p.p.s.: Vittoria Puccini ha ricevuto il 15° Premio Kineo- Diamanti al Cinema.

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