Cover boy, il disagio esistenziale degli italiani poveri e degli immigrati
3 min di letturaL’emigrazione è il tema dominante nel film drammatico Cover boy – L’ultima rivoluzione di Carmine Amoroso che ha inaugurato, all’interno della Biblioteca Galleggiante del Tip Teatro di Lamezia Terme, la rassegna cinematografica “Mare davanti” sull’emigrazione composta da quattro pellicole girate da bravi registi emergenti della cinematografia italiana.
Il film, introdotto dal suo curatore Stefano Perrella, cineasta lametino, racconta in tutta la sua drammaticità e veridicità le miserrime condizioni di chi viene da lontano e di chi, pur essendo italiano, lotta ugualmente ogni giorno per la sua sopravvivenza cercando di adattarsi a qualsiasi lavoro, quando riesce a trovarlo, tra l’indifferenza di uno Stato assente e noncurante dei bisogni dei suoi figli.
Presentato alla prima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, il film è stato proiettato in numerosi festival internazionali, ricevendo prestigiosi premi, ma è uscito in poche sale italiane il 21 marzo 2008 grazie alla distribuzione dell’istituto Luce.
Prodotto a basso prezzo con un budget di soli 300.000 euro, il film è stato prodotto in formato digitale Hdv Sony con una cinepresa manegevole e di piccole dimensioni.
Ambientato principalmente a Roma fra il Pigneto e la stazione Termini, ha come protagonisti Eduard Gabia, nel ruolo di Ioan, e Luca Lionello, nei panni di Michele, insieme a Chiara Caselli, nel ruolo di Laura) e Luciana Littizzetto quale padrona di casa dell’appartamento affittato a Michele.
Al centro del film le vicissitudini di Ioan, un giovane di 23 anni di Bucarest, che, rimasto orfano di padre durante la Rivoluzione rumena del 1989, lascia la Romania per cercare fortuna in Italia in compagnia di un amico. Giunto da solo a Roma, unisce la propria solitudine a quella di un povero abruzzese Michele che lavora nella stazione.
La vita, però, diventa dura per entrambi per la precarietà del lavoro e la difficoltà di farsi accettare dagli altri.
Insieme, nonostante tutto, sognano di iniziare una nuova vita aprendo con i risparmi messi da parte un ristorante sul Delta del Danubio che dovrebbe essere denominato “Da Ioan e Michele”. Ma la speranza si infrange con la morte di Michele che si suicida non riuscendo a continuare a sopportare l’ennesima perdita del lavoro, il distacco dall’amico, che ha trovato un infangante lavoro a Milano, e la privazione del suo amore gay, discreto e schietto, non protetto dalle convinzioni borghesi.
Ioan decide di partire da solo in macchina in Romania per realizzare il progetto concordato con l’amico.
La scenaggiatura appare ben bilanciata in tutte le sequenze dl film dominato da un colore sfumato ma che non offusca del tutto la solarità delle immagini del paesaggio o di una Roma polverosa ritratta senza infingimenti grazie ad uno stile neorealista che risulta vincente.
Il film di difficile realizzazione per la pochezza dei finanziamenti dimostra «come – ha chiarito Perrella – la scarsità dei mezzi non possa nulla di fronte alla grandezza delle idee».
Al Tip Teatro Perrella, tra gennaio e marzo, dopo “Mare Davanti” presenterà una rassegna sui “documentari di creazione”, film di un filone poco conosciuto in cui la visione del regista incide pesantemente rispetto alla classica e consueta narrazione documentaristica.
Lina Latelli Nucifero