Un piano industriale per liberare la sanità da tutte le catene
7 min di letturaE’ cronaca di questi giorni che il Presidente della giunta regionale abbia annunciato importanti iniziative al fine di rimuovere l’anomalia della Calabria: unica regione nella quale la Giunta regionale è del tutto esclusa dal governo della sanità, giacchè anche tra quelle obbligate a piano di rientro (e anche tra quelle commissariate) comunque il pallino è o in via ordinaria o straordinaria nelle mani del presidente della regione.
Comunicato Stampa
L’obiezione è in sé condivisibile tenuto anche conto del fatto che l’attuale commissario (e quelli precedenti) non hanno dato gran mostra di sé negli anni passati visto che i calabresi non possono certo essere soddisfatti del Servizio sanitario regionale e che la spesa per mobilità passiva(vera palla al piede della crisi calabrese) è andata aumentando dai 250 milioni (dell’inizio del piano di rientro) ai circa 300 sui quali sembra attestarsi nell’anno corrente.
Francamente non condividiamo i toni trionfalistici con i quali il Commissario ad acta commenta ad ogni piè sospinto i progressi della Calabria in termini di recupero dell’indice LEA dimenticando l’aumento della mobilità passiva, fuori dalla regione, e la sofferenza diffusa dei cittadini.
Per tali ragioni, a nostro avviso, la fase del Commissariamento va subito conclusa e dev’essere avviata adesso la definizione di un piano industriale tale da qualificare il “GOVERNO ORDINARIO” della Sanità nella nostra regione, atto solenne di autentica responsabilità politica.
Se l’attività Commissariale non ha brillato e va definitivamente conclusa non si può sottacere che il Dipartimento regionale tutela della salute in questi anni abbia di fatto rinunciato ad ogni tentativo d’intervento mentre continuava per lunghi mesi un estenuante scontro con la gestione commissariale, sull’esercizio dei poteri.
Perciò la rivendicazione della Regione per la gestione diretta della sanità pur necessaria, non può essere affatto sufficiente.
Si tratta di superare uno sterile rivendicazionismo di ruolo, che dura ormai da oltre un anno, per affermare davanti al tavolo nazionale di monitoraggio un programma compiuto e convincente di superamento dell’attuale situazione di crisi
Non bastano quindi le catene se non si esplicitano subito alcuni obiettivi credibili
Questo documento prova a fornire un contributo, partendo da due premesse:
1) La Calabria non è una regione “canaglia” come dipinta spesso da alcuni media e da alcuni commenti nordisti. Storicamente penalizzata dallo sviluppo duale dell’Italia e dalla iniqua ripartizione delle risorse (secondo il criterio della spesa storica) è rimasta avvitata in un circolo vizioso: la mobilità passiva ha finito col favorire prestazioni, accoglienza ed economie di scala nel Centro-nord, togliendo alla Calabria alcune possibilità di investimento, attivando il circolo vizioso “meno risorse- meno servizi – più emigrazione – meno risorse”
2) E’ corretto però ricordare che la quantità di risorse per la sanità calabrese è stata comunque ampia. Il FSR rappresenta il 10% del PIL regionale contro il 6-7% della media nazionale e il 2% in Lombardia. Si tratta di cifre vicine al 60% del bilancio regionale.
Tutte queste risorse sono state male utilizzate dalla politica regionale con larghi cedimenti clientelari accentuando logiche burocratico- organizzative di potere.
Gli errori più grandi e strategici sono stati compiuti sulla rete ospedaliera, con dannose inadeguatezze strutturali, amministrative e tecnologiche e le conseguenti fragilità nell’erogare anche alcune prestazioni di primo livello, inducendo un’enorme mobilità passiva determinata nel 70% dei casi da patologie che potevano essere curabili in regione;
Dalle relazioni sullo stato sanitario dell’Italia (1999 – 2009) si evidenzia che nel Nord si è registrata una riduzione del 50% degli ospedali e del 28% dei posti letto concentrando i servizi in poli di elevata qualificazione. Nel meridione invece gli ospedali sono diminuiti del 23% ed i posti letto del 38%.
In Calabria si è toccato il fondo con la diminuzione del 2,6% degli ospedali e del 36% dei posti letto rinunciando così ai poli qualificati e creando degli ospedali sempre più piccoli, e meno gestibili sul piano economico-finanziario.
La ricerca esasperata del consenso elettorale ha portato, in Calabria, un clamoroso cedimento a logiche deleterie esercitate da pressioni locali.
Di fronte a questa situazione precaria l’intervento pubblico deve considerare la struttura socio-sanitaria come elemento portante della riqualificazione delle città e dei comprensori territoriali della Calabria, definendo così un’azione di guida anche per una sana espressione degli investimenti privati chiamandoli ad agire entro coordinate di Piano finalizzate al :
– ridisegno della rete ospedaliera con riconversione dei piccoli ospedali e rafforzamento degli ospedali principali sul piano tecnologico e su quello dell’accoglienza e ricettività alberghiera appropriata
– radicale rafforzamento della struttura territoriale per metterla in grado di garantire una domanda di prestazioni, di primo livello
– ridimensionamento e riqualificazione dell’apparato burocratico-amministrativo
La risposta a questa complessa problematica tende ad andare oltre le angustie del piano di rientro (PdR), del commissariamento e del cosiddetto Tavolo di monitoraggio, derivanti da una normativa nazionale evidentemente carente.
Non a caso il commissariamento fortemente voluto dall’allora Presidente della Giunta regionale (Scopelliti), nella inconfessata ma evidente aspirazione di poter gestire il sistema sanitario senza alcun controllo del Consiglio e della stessa Giunta, non si è mai rivelato all’altezza; è stato anzi in perenne contrasto con i sub commissari ministeriali e sostanzialmente succube del Tavolo di monitoraggio.
Quest’ultimo soggiogato da nocive logiche ragionieristiche (emblematico il compito del carrozzone Agenas) è riuscito a fare finanche peggio del quadro legislativo da cui scaturiva.
La ridefinizione della rete ospedaliera, che sulla carta è andata a sanare le scelte sciagurate degli anni precedenti, ha provocato una perdita complessiva della capacità di ricovero: i posti letto pubblici sono precipitati al due per mille, poco più della metà della media nazionale perché l’Agenas li ha parametrati sui ricoveri appropriati degli anni precedenti senza tener conto della necessità di far rientrare i ricoveri in mobilità passiva.
In questo quadro si è aggiunta l’incapacità della gestione commissariale di gestire virtuosamente la mobilità del personale disponibile, per lo più rimasto nelle proprie sedi senza alcuna seria utilizzazione.
E’ appena il caso di ricordare che i Pronto soccorso degli ospedali maggiori e particolarmente dei 3 Hub scoppiano ormai per 24 ore al giorno, mentre il personale è sottoposto a turni estenuanti, rinuncia alle ferie per e contratto bloccato ormai da 8 anni.
Emblematici alcuni eventi di questi giorni: tanti operatori sanitari calabresi sono limitati nelle prospettive di carriera, guadagnano di meno e lavorano di più e con maggiore rischio.
E’ questo l’effetto di una gestione approssimativa determinata spesso da cattive scelte nella nomina dell’assetto manageriale.
Perciò questa situazione di grave crisi necessita di una risposta molto coraggiosa :
UN PIANO INDUSTRIALE, nel rispetto dei tempi e nella totale trasparenza delle procedure, impegnando subito alcune competenze con un gruppo (ristretto) di tecnici che lavorino in un periodo necessario (ma breve) di tempo.
Un possibile schema di intervento può essere il seguente.
La politica metta da parte la tentazione di continuare a mediare il consenso clientelare delle popolazioni, degli amministratori e dei singoli (a cominciare dagli ospedali-pennacchio)
Si crei una rete territoriale di una settantina di strutture che determini il riavvicinamento dei servizi ai cittadini costituendo un vero filtro nei confronti degli ospedali, attraverso le riqualificazione delle tante strutture esistenti e/o riconvertibili con modesta spesa e che eroghino almeno l’assistenza primaria di tipo associativo;
la continuità assistenziale H24 per 365 gg; la postazione di intervento dell’emergenza; il centro prelievi; un servizio di imaging variabile da quello di base (Ecografia e Radiologia tradizionale) in alcune sedi fino ad arrivare in altre agli esami più sofisticati(TAC) ; l’assistenza specialistica adeguata all’epidemiologia del territorio.
Tale impostazione (realizzabile in poco tempo con poca spesa) potrebbe consentire di creare una rete ospedaliera forte di una dozzina di ospedali (uno per ogni storico comprensorio calabrese) grandi (400-600 posti letto), tecnologicamente avanzati e accoglienti dal punto di vista alberghiero organizzati su 3 hub e gli spoke relativi e con un centro direzionale nell’Azienda ospedaliero-universitaria di Catanzaro (in prospettiva finalmente unificata con l’AO Pugliese-Ciaccio)
Ci si riferisce insomma a interventi capaci di contrastare la mobilità passiva consentendo un importantissimo recupero di risorse finanziarie.
In questo senso va richiamata la costruzione dei nuovi ospedali della Piana di Gioia Tauro, della piana di Sibari, e di Vibo nonché la ristrutturazione del Pugliese di Catanzaro (ampiamente e costosamente ammodernato negli ultimi anni dopo la ristrutturazione completa del Ciaccio) e di uno straordinario intervento per un nuovo ospedale a Cosenza.
Qualche altra struttura di ospedale di comunità potrebbe essere prevista in situazioni logistiche particolari.
Chiediamo inoltre una verifica rigorosa che impedisca la brutale demolizione a Catanzaro del vecchio ospedale di via Acri edificato su un antico convento;
Creazione nelle ASP di un agile struttura capace di assicurare le prestazioni di prevenzione e diagnosi precoce. (vaccinazioni, screening, medicina del lavoro ecc)
In conclusione si sottolinea l’obiettivo strategico più impellente relativo alla selezione di una classe manageriale adeguata (direttori generali, sanitari, amministrativi e di dipartimento) sulla base di verificate capacità e di competenze oggettive amministrative e scientifiche.
Un Piano così coraggioso può essere delineato in termini tecnici in poche settimane, se elaborato da persone con competenze riconosciute. Esso può e deve rappresentare l’atto solenne di autentica responsabilità politica per rivendicare ai calabresi il diritto a tutelare la propria salute, avviando credibilmente la riduzione del divario strutturale e tecnologico rispetto alle strutture del Centro- Nord.
LABURISTI DEM
Coordinamento Calabria