Felice Costanzo, un poeta nipote di Poeta
3 min di letturaMaestro, antifascista e poeta delle cose semplici.
Felice Costanzo nacque il 6 aprile 1894 ad Adami di Decollatura (CZ), da Giovanni e Nicolina Pane, sorella del celebre poeta di Adami, Michele Pane, e pronipote del filosofo lametino Francesco Fiorentino, ultimo di cinque figli. Rimasto orfano precocemente, gli fecero da madre le sorelle Grazia e Innocenza. Studiò a Nicastro (ora Lamezia Terme) presso il Convitto Bevilacqua dove ebbe per compagni di classe Ottorino D’Ippolito e il futuro pilota Guido D’Ippolito, Scigliano, a Catanzaro presso il liceo Pasquale Galluppi e infine alla Scuola Normale di Lacedonia (AV) dove ebbe per compagno di classe il fratello del poeta e presbitero don Rosario Marasco, dove conseguì l’abilitazione magistrale per l’insegnamento. Nel 1912 iniziò la sua attività di docente presso Gizzeria (CZ).
Con lo scoppio della Grande Guerra (1914-1918), fu arruolato e inviato presso il lago di Garda dove prestò servizio negli ospedali militari, e dopo la disfatta di Caporetto (1917), insegnò per un paio d’anni nelle scuole militari.
Ammalatosi di febbre spagnola fu ricoverato prima ad Udine e poi a Catanzaro (1918).
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Nel 1919 ritornò ad Adami dove insegnò a Soveria Mannelli (CZ).
Nell’agosto del 1920 sposa Raffaella Costanzo, sorella di un altro grande intellettuale del Reventino, don Luigino Costanzo, da cui avrà quattro figli. Con l’avvento del fascismo (1922), Costanzo come tutti gli abitanti di Adami, soffriranno i comportamenti tirannici dei gerarchi locali Sentita l’esigenza di vivere in una grande città, nel 1936 si trasferì a Roma, precisamente ad Ostia Antica, previo forzato tesseramento al PNF (1932). Per la sua scarsa adesione al fascismo ebbe qualche problema col regime fino a rischiare il licenziamento, che riuscì ad evitare grazie alla amicizia del Costanzo con importanti personalità politiche quali il poeta e deputato Antonino Anile e del medico e deputato Giuseppe Tallarico. Nell’estate del 1943, ritornato ad Adami per le vacanze estive, con l’aggravarsi delle vicende belliche rimase nel paese natio (dove intanto continuò ad insegnare) fino al 1945.
Costanzo diviene poeta
È da questo momento che il nostro scopre la sua vena poetica, incoraggiato in ciò dai suoi illustri parenti come lo zio Michele Pane, il cognato don Luigino Costanzo e il poeta Vittorio Butera. Il suo lavoro di poeta fu talmente apprezzato che nel 1972 sarà nominato socio della Accademia Cosentina, secolare istituzione culturale della nostra regione, onore che sessant’anni prima ebbe anche lo zio Michele. Con la morte della moglie sopraggiunta nel 1978, si consuma lentamente la vicenda terrena del nostro poeta, che morirà ad Ostia Antica il 13 giugno 1986.
La poetica del Costanzo risente dello stile e delle tematiche già care al Pane. La sua poesia è semplice, elogio delle piccole cose, come la commemorazione di eventi lieti e di momenti importanti della sua vita familiare, ma anche del ricordo struggente dei luoghi natii e della sua infanzia e adolescenza, trascorsa circondato dagli affetti dei suoi cari, versi raccolti nella silloge poetica «Juri ‘e luntananza (Viersi ‘n calavrise)» Celebre è sopratutto la raccolta Grammatichetta italiana in versi, dove sotto forma di poesia spiega ai suoi giovani scolari le regole grammaticali più difficili da apprendere. La produzione poetica totale del Costanzo consiste in 16 pubblicazioni, in formato tascabile.
Esiste un esaustivo ritratto biografico nel sito web www.michelepane.it a cura del prof. Giuseppe Musolino.
M. S.