Una strana epidemia la(me)tina
2 min di letturaSintomi: Topi sottopelle, farfalle nelle orecchie.
Molte voci che indicano parti del corpo sono in realtà metafore ormai morte, che risalgono a tempi lontani della nostra storia linguistica e che non avvertiamo più come tali.
Per esempio i nostri Muscoli e il Padiglione del nostro orecchio sono parole che derivano dall’osservazione degli animali e dalla loro somiglianza con queste parti del corpo.
Il termine muscolo (attestato dal 1340 circa) viene dal lat. musculus, diminutivo di mus, topo, che dal senso originario di “piccolo topo”, era passato ad indicare il “muscolo”, per la somiglianza dei movimenti guizzanti.
Slittamento concettuale avvenuto, tra le altre cose, grazie ad un’Eredità, quella greca, e non di Ama-deus!
Per la serie, una buona precedenza, come per un incrocio: una svolta vigile prima che tutte le strade portassero a Roma, insomma!
La parola padiglione (dalla fine del secolo XIII) deriva, invece, dal lat. tardo pupilio, “farfalla”, che simultaneamente aveva assunto anche il significato di “tenda militare” (per l’aspetto delle tende di un accampamento che, viste da un’altura, sembravano tante farfalle).
Ed è con questo tratto semantico che il lemma entra nella lingua italiana, ma anche con quello di “parte espansa dell’orecchio esterno”, per la sua somiglianza con le ali di questo lepidottero.
Terapia: l’etimologia (attraverso la consultazione ragionata di un buon vocabolario):
Dizionario, tu non sei
tomba, sepolcro, feretro,
tumulo, mausoleo,
tu sei preservazione,
fuoco nascosto,
piantagione di rubini,
perpetuità vivente
dell’essenza,
granaio dell’idioma.
Ed è bello
raccogliere nelle tue file
le parole
della stirpe,
la severa
e dimenticata
sentenza,
figlia della terra che dimori,
indurita
come vomere di aratro,
ferma nel suo limite
di antiquato attrezzo,
preservata
con la sua bellezza esatta
e la durezza di medaglia.
O l’altra
parola
che lì vedemmo perduta
nelle righe
e che immediatamente
si fece saporita e liscia nella nostra bocca
come una mandorla
o tenera come un fico.
(Pablo Neruda)
Il fico, sì, come l’albero, su cui si affacciava la casa di Lucia Mondella nei Promessi Sposi: torniamo a Manzoni per risciacquare i panni in Arno, che è come dire anche “rivisitiamo Dante”, il padre bilingue della letteratura italiana: volgare e latino, a dosi quotidiane, conclude il bugiardino!
Prof. Francesco Polopoli