Lamezia Terme, Bindi: “Il problema non è lo scioglimento, ma chi lo provoca”
4 min di letturaManifestazione pubblica “Legalità: una svolta per tutte”
LAMEZIA. La legalità è stata protagonista degli interventi di tutti i relatori presenti alla manifestazione pubblica organizzata dalla Cgil e promossa da Avviso Pubblico, Libera e Osservatorio sociale mafie.
Un incontro ricco di spunti e riflessioni che non possono non avere al centro anche la drammatica situazione di Lamezia Terme, sciolta nuovamente per condizionamento mafioso, e in generale la grave situazione della politica calabrese collusa con le organizzazioni mafiose, come hanno denunciato Raffaele Mammoliti e Angelo Sposato, rispettivamente segretario generale Cgil Catanzaro-Lamezia e segretario generale Cgil Calabria.
Presenti anche il vescovo Luigi Cantafora, don Ennio Stamile, referente regionale di Libera, il giornalista sotto scorta Michele Albanese e il commissario prefettizio Alecci, quest’ultimo ben contento del fatto che a distanza di due mesi dal suo insediamento si sia finalmente riusciti a parlare del problema dello scioglimento.
Con il suo impegno e la presenza costante in città si auspica che si possa fare rete tra le singole forze cittadine, coadiuvato dalle due colleghe chiamate con lui a governare, seppure in una fase transitoria, il Comune lametino.
A supportare il loro intervento anche Maria Antonietta Sacco, vicepresidente nazionale di Avviso Pubblico, che con dati alla mano ha ricordato i ben 101 Comuni calabresi sciolti per mafia e che sono valsi alla Regione il secondo posto subito dopo la Campania, ribadendo inoltre come Reggio Calabria sia una delle città con il più alto numero di amministrazioni sciolte.
Numeri che certamente fanno riflettere, ma che non scoraggiano l’onorevole Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare Antimafia, che dopo aver ringraziato tutti i presenti per l’accoglienza ha affermato quanto sia per lei fondamentale il lavoro svolto in questi anni, ringraziando in particolare la Cgil che ha dato continuità a questo tipo di iniziative e che si fa parte costitutiva della lotta alla ‘ndrangheta.
“Non si tutela dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori in Calabria se non si combatte la ‘ndrangheta – dichiara la Bindi -. Il luogo comune secondo cui la ‘ndrangheta sarebbe una risorsa di fronte all’assenza dello Stato e delle istituzioni sembra una giustificazione. Nessun problema della Calabria giustifica la presenza della ‘ndrangheta“.
Intorno al tema dello scioglimento dei Comuni l’onorevole si dichiara preoccupata da una serie di prese di posizione che stanno prendendo piede anche tra autorevoli esponenti di partiti politici. Le leggi, per stessa ammissione della Bindi, non sono mai perfette e da parte di tutti vi è la consapevolezza che in particolare la legge sullo scioglimento dei comuni abbia forse bisogno di una riforma, “ci sarebbe piaciuto riuscire a farlo in questa legislatura, ma la nostra commissione lascia in eredità una proposta di bonifica dell’attuale normativa. Ma ragionare su questo non vuol dire delegittimare questo istituto o addirittura attribuire a questo istituto i mali della politica delle amministrazioni calabresi.
Come se i problemi delle comunità – afferma la Bindi – nascessero dallo scioglimento e non dai problemi che hanno provocato lo scioglimento. Questo è un modo per dirottare il problema e non affrontarlo, perché fa comodo a tutti non andare alla radice, perché è chiaro che uno scioglimento è un atto grave perché si sospende la democrazia, sospendi la volontà popolare. Ma la violenza non la esercita il ministro degli Interni o il consiglio dei ministri o il Presidente della Repubblica o la commissione prefettizia, la violenza l’hanno esercitata coloro che hanno condizionato la vita democratica di una comunità“.
Considerando, inoltre, che ogni Comune sciolto per mafia è diverso, ci vorrebbero probabilmente procedure non standardizzate, anzi flessibilità dei procedimenti amministrativi e un personale formato per affrontare questo tipo di situazione. Il tempo del commissariamento del resto lascia delle comunità ferite e come tali non possono passare da una malattia così grave a una pronta guarigione senza una fase di convalescenza.
D’altra parte in alcune situazioni ci potrebbe essere una diversa via, un monitoraggio permanente di accompagnamento di quella comunità che è a un passo dallo scioglimento. Non solo, anche “la candidabilità va rivista, evitare il “giochino” che uno, il politico, sta fermo un giro e poi ricomincia dopo un anno di scioglimento“.
E anche in vista del voto del 4 marzo Rosy Bindi si esprime con forza nel ribadire che il condizionamento mafioso pesa proprio perché non c’è il voto buono, l’assenza del consenso buono alimenta quello cattivo, e se a ogni elezione c’è un’astensione sempre crescente il loro voto è sempre più pesante, più condizionante. Ma perché torni il consenso sano bisogna ricostruire la politica come pensiero, come visione, come strumenti, come formazione, anche culturale, delle persone.
V.D.