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Presentazione di On Air: intervista ad Antonella Ferraro

4 min di lettura

Questo On Air è il tuo terzo romanzo: il tuo percorso di studi però riguardava la filosofia. Come sei arrivata alla pubblicazione di un libro di narrativa?

A me da piccola piaceva disegnare e fare fumetti, quindi raccontare storie. Ma nel disegno diciamo che non ero particolarmente dotata… e allora dalle storie sono nati dei racconti, poi uno di questi lentamente si è sviluppato ed è diventato un racconto un pò più lungo, che poteva essere adattato al formato del libro. E lo è diventato: nel senso che ho rischiato, mi dicevano come mai non provassi a pubblicarlo… quindi l’ho fatto, era un libro sull’amore per la scrittura, sui sogni e sulla vita. Ha avuto abbastanza successo e da lì è nato questo mio percorso. Che è diventato poi quasi un’esigenza, di scrivere.

Ho letto l’incipit del libro, e ho notato una certa vicinanza, come stile visivo, ad uno storyboard: un tono descrittivo, quasi cinematografico. Tu quando scrivi ti prefiguri con immagini il racconto? Che tipo di percorso ha la tua vena creativa?

Intanto, adoro guardare film: nel momento in cui scrivo quindi va tutto in modo automatico. Parto con un’idea, che viene stravolta completamente poi mentre la storia si svolge, e le immagini partono da sole in testa, non ci si rende consto di scriverle, di quello che si sta raccontando, proprio perchè le immagini vanno in testa da sole. Io lo dico sempre: se delinei bene un personaggio, è poi lui stesso ad agire, non più tu. Quindi ti lasci tirare dentro…

Sono sempre stato curioso al riguardo: tantissimi scrittori dicono che, se i personaggi sono creati bene, alla fine sono loro che raccontano la storia, e non l’autore. Succede così anche a te? Fai una struttura, un’ossatura del racconto prima di cominciare un lavoro nuovo, o ti lasci trasportare?

No, mi lascio proprio trasportare, mi faccio da parte, per così dire. Si ha un obiettivo in mente, certo, so dove devo andare a parare: so quello che voglio dire, insomma… ma non so come lo dirò. Inizio, poi fanno loro, il libro si fa da sè…

L’editoria è una vera e propria selva, ma come un pò tutto il campo della cultura e dello spettacolo in Italia e non solo: scrivere è difficilissimo, ancora di più lo è approdare in libreria. E ancora di più, avere visibilità, sugli scaffali, quindi vendere. Secondo te, per poter fare della scrittura il proprio mestiere, è più importante essere famosi o aver qualcosa da dire e saperlo scrivere bene?

Per avere successo a livello di vendite, è ovviamente più importante essere famosi, oggi come oggi. Ma se uno ama la scrittura e sa scrivere, e soprattutto è sincero in quello che fa, prima o poi arriverà al traguardo. Perchè se chi legge scopre nelle pagine la sincerità, vuole che anche altri conoscano quello che racchiude un libro. Io almeno mi fido di questo, è difficilissimo ma mi fido..

Se un domani avrai un figlio, gli consiglieresti di fare lo scrittore?

Premesso che io non mi ritengo una scrittrice… però mio figlio avrà le sue passioni e le coltiverà liberamente. Certo, lo sconsiglierei a intraprendere questa strada come professione!, però a livello umano ne sarei contenta, lo consiglierei sempre. Perchè essere letti è la cosa più bella che ti può capitare: attraverso gli altri, tu ti conosci meglio, scopri parti di te che non sai neanche di avere.

Oggi infatti in Italia è difficile crearsi un mestiere, una professione, sulla propria attitudine artistica, quando si ha…

Si, ed è proprio di questo che parla il libro. Che racconta di Ada, sfiduciata dalla vita, che si ritrova dopo anni di studi in psicologia a lavorare in una radio, un lavoro di ripiego insomma. Lei ha avuto un passato difficile, drammatico, delusa da chi era il suo compagno: e ha bloccato la sua vita, sia a livello emotivo che professionale, non lotta più per diventare quello che vuole. E il titolo On Air (che è il termine con il quale si indica, in un programma, che si è adesso in diretta, ndr) è un richiamo fatto alla protagonista: guarda che sei in diretta, guarda che stai vivendo ORA, e non dimenticarlo mai…

GianLorenzo Franzì

 

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