La Fontanella di Vico Bernardi
2 min di letturaUna volta veniva chiamata “da vinella i Ciarrè”: con le fontane di Cafaldo e la “Fontana vecchia” contribuiva a dissetare la gente del quartiere cafaldese.
Una piccola riflessione è opportuna farla, a questo punto, sul valore sociale di questi abbeveratoi pubblici.
L’acqua, da sempre, ha sempre avuto un potere magnetico e attrattivo: da buona calamita ha tenuto salde le nostre vite in quel cammino arso, che è spesso la vita.
Pertanto, ogni qualvolta rievoco le fontanelle, sempre più ridotte a elemento estetico, da decoro urbano, mi si stringe un po’ il cuore.
Per contrasto, mi sovviene subito in aiuto la poesia di un Guido Gozzano, che le umanizza pure attraverso la nostalgica rievocazione di calure estive: nel silenzio delle sieste, per il poeta crepuscolare, infatti, le fontane scandivano la loro presenza distensiva e rassicurante (ma anche angosciosa per via delle loro tonalità acquatiche, di ventre materno, breve singulto di sgorgo di Terra, a dire il vero, comunque!).
Insomma, in ogni fontanella c’è un Pantheon domestico: i nostri Lari sono lì collocati e custoditi, in mezzo a questa conservazione di purezza e di cristallina frescura, tra la rusticità di un manufatto in sassi e pietra ed il sapore dell’acqua ferruginosa. L’acqua, per ognuno in fila con la sua “vozza” imbracciata, usciva allegra dai cannelli in ferro, come non ricordarlo!
Il poi, lo sappiamo (magari dopo un intrattenimento con una comare di chiacchere), era riservato al rientro alle proprie abitazioni, che talvolta era ritardato per il passaggio delle non poche capre di “Zio Vincenzo” in via Poerio.
Erano tempi in cui i rioni facevano da Tv e Gazzettino: oggi, purtroppo, stanno diventando fantasmi di se stessi e pericolosamente pericolanti. Peccato…
Ps: Grazie ad Eugenia Gentile per lo spunto testuale ed il corredo fotografico.
Prof. Francesco Polopoli