Qualche classe ed una Croce: un plesso della Passione a Sambiase negli anni 50
3 min di letturaNella parallela della dimora natia di Francesco Fiorentino, o meglio, alle spalle di casa sua, è situata una Croce, oggetto ancora di devozione e di elargizione floreale: sul braccio orizzontale sono sovraimpressi gli strumenti della passione (da sinistra verso destra: dei gambi appuntiti, la scala usata per la deposizione di Gesù, la tenaglia usata per rimuovere i chiodi, il martello usato per picchiare i clavi nelle mani e nei piedi del figlio di Dio, la mano o il guanto che colpì il volto del Crocifisso durante la derisione, come racconta Lc 22,63-65, il calice usato nell’Ultima Cena) mentre su quello verticale il titulus crucis, sormontato dal gallo* , che è simbolo di vigilanza, predicazione e resurrezione.
Proprio di fronte a questa nicchia votiva stava un plesso scolastico: quando è il caso di dire che l’istruzione è cosa sacra (oggi, invece, è diventata un Calvario vero e proprio).
*Il gallo era simbolo di vigilanza, perché annunciatore della luce vera (Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino Mc 13, 35); segno di resurrezione perché passaggio del nuovo giorno dopo la notte della morte; elemento di evangelizzazione( e compito dei predicatori era quello di svegliare i dormienti che si abbandonavano alle opere delle tenebre, per trascinarli a vivere nella luce di Dio).
Racconta il caro Francesco La Scala: “io stesso ho frequentato la prima elementare con il prof. Sesto al primo piano della casa di Virgilio Paola. Allora si diceva: vaju alla Shcola all’Ariella. Il bagno, in quegli anni, era una libera uscita sul retro al Cantagalli: a gruppetti di 4 scolari per volta. Mai successo nulla. In seguito ci hanno spostato a Petraliscia e a via Cittadella alla Miraglia”.
Foto 1960 circa, Petraliscia: una quinta elementare con la maestra Cristaudo (su gentile concessione della signora Anna Rosa Romano)
In un momento in cui il dibattito sui crocefissi nelle aule conta un numero considerevole di pro/versi (Natalia Ginzburg e Claudio Magris lo considerano simbolo di uguaglianza; Massimo Cacciari lo ritiene inoffensivo mentre per Roberto Piccardo e Souad Sbai, rappresenta la cultura e la tradizione italiane, per citarne solo degli strenui difensori), la classe sambiasina si faceva, nel secondo venticinquennio del secolo scorso, ap-Passion-are dalle sollecitazioni dell’insegnante e dalla benedizione del grande Maestro.
Fede e fiducia andavano di pari passo: oggi, un po’ invalide, zoppicano visibilmente sotto gli occhi di tutti.
Prof. Francesco Polopoli