L’artista Raffaele Mazza dona l’opera Misericordia allo Stato Maggiore dell’Esercito
5 min di letturaROMA. È contraddistinta da simboli evangelici e patriottici molto forti che invitano alla riflessione, alla preghiera e al ricordo, ed anche al rispetto per gli alti fondamenti della nostra Patria. Al centro vi è Gesù Risorto mentre accarezza la mano sinistra del bersagliere; è la mano del cuore che esprime amore, sollievo e forza nei momenti di sconforto. Il bersagliere viene avvolto dalla luce e dai due raggi che scaturiscono dal cuore di Cristo. I raggi simboleggiano l’acqua che purifica le anime, e il sangue ‘che ne è la vita’; il riferimento simbolico è ai Sette Sacramenti e a tutti i doni dello Spirito Santo. Queste le caratteristiche salienti dell’opera Misericordia realizzata dall’artista Raffaele Mazza, graduato dell’Esercito italiano e in servizio al 2° Reggimento Aves Sirio di Lamezia Terme. All’ingresso della Cappella San Giovanni XXIII a “Palazzo Esercito” a Roma, l’opera è stata inaugurata nel corso di una cerimonia in cui è stato ricordato San Giovanni XXIII, patrono dell’Esercito. La funzione è stata officiata da Mons. Santo Marcianò, Ordinario Militare per l’Italia. Mazza ha ringraziato il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Salvatore Farina, e tutte le autorità convenute alla cerimonia inaugurale dell’opera che l’artista ha donato allo Stato Maggiore dell’Esercito. Un altro sentito ringraziamento è stato rivolto da Raffaele Mazza al Generale di Corpo d’Armata Giuseppenicola Tota che, nel novembre 2017, gli chiese se desiderava realizzare un’opera appunto per lo Stato Maggiore dell’Esercito.
Una proposta che Mazza accolse senza indugio, ben consapevole che gli si stava concedendo l’onore e il privilegio di poter scrivere una pagina di “storia”. Ciò in quanto l’opera sarebbe stata installata a “Palazzo Esercito”, eretto nel 1876 e già adibito a Ministero della Guerra, su un’area dove un tempo sorgevano le chiese di San Caio, di Santa Teresa e dell’Incarnazione. Un palazzo che è emblema di storia antica, nel cuore di Roma. Accolta la richiesta, Mazza si è messo al lavoro ed è nata così “Misericordia”, l’opera creata in devozione a Gesù Misericordioso in onore di tutti i Bersaglieri d’Italia. Mazza, parlando della sua creazione artistica, afferma: “Si tratta di una rappresentazione unica, ricca di simboli che trasmettono emozioni, tramite un linguaggio armonioso di forma e materia, con l’auspicio di toccare il cuore e la mente di chi si trova davanti all’opera”. L’artista spiega anche tecnicamente la realizzazione del monumento che parte da un’angoliere in ferro e da una rete elettrosaldata su cui si forgia l’armatura opportunamente zincata, per poi procedere ad un’unica colata di calcestruzzo, che dà forma a una lastra in cemento armato dalle seguenti dimensioni 112cm x151cm x 8 cm. A ciò si aggiunge uno studio meticoloso per l’innesto degli inserti a ‘sbalzo’, creati in argilla cotta, tessuto, acciaio, glitter e cristallo. L’opera completa raggiunge un peso di circa 450 chilogrammi. Mazza puntualizza: “L’aspetto finale, si compone di tre elementi principali che sono Gesù, il bersagliere e la colomba. ‘Tre’ come il simbolo della perfezione, della completezza nel simbolismo teologico. Oltre al numero ‘tre’ troviamo il numero ‘sette’ con la rappresentazione delle sette Virtù, i Sette Sacramenti e i Sette Doni dello Spirito Santo”. Tutti allo stesso tempo uniti in una rappresentazione di amore e pace che esortano a quella misericordia che dà il nome all’opera. L’illustrazione del monumento donato allo Stato Maggiore dell’Esercito è sempre più dettagliata.
“Nell’unione dei due raggi – sottolinea Mazza – risaltano sette punti luce che rappresentano le Sette Virtù. Le tre Virtù Teologali che sono infuse direttamente da Dio Fede, Speranza e Carità e le quattro Virtù Cardinali, perché sono cardine di tutte le altre: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza”. Sette sono i raggi, che raffigurano i doni dello Spirito Santo: Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà, Timor di Dio, incastonati nell’anello di congiunzione tra Gesù e il bersagliere che è la colomba, simbolo di pace e di riconciliazione di Dio con gli uomini. Traendo spunto da alcuni passi della “Preghiera del Bersagliere”, in cui rivolgendosi all’Onnipotente si chiede: “di non vedere mai vinte le proprie armi e soprattutto, mai, piegata la Bandiera della Patria” si plasma il bersagliere, che rincuorato da un amore immenso, nonostante l’aspra battaglia appena combattuta, senza badare alla sua condizione, trova la forza per stringere il Tricolore con la mano destra al petto, sul proprio cuore.
Volgendo lo sguardo verso il volto di Gesù colmo di misericordia e di bontà, affida la bandiera, per la quale ha combattuto e con cui l’Italia conseguì la propria unità nazionale nel Risorgimento. Vengono così evocate le gesta del Corpo Piumato, dalla proclamazione del Regno d’Italia fino al 19 giugno 1946, quando nacque la Repubblica e, il Tricolore divenne vessillo nazionale. Nell’idea artistica di Mazza la bandiera è rappresentata in modo reale, con la volontà che sia un segno sempre vivo nella memoria di tutti, nel ricordo e in onore, di quanti hanno combattuto e dato la vita per essa. Altro simbolo presente nell’opera è la stella a cinque punte, sul bavero dell’uniforme del bersagliere, installata volutamente a rialzo con inserti brillantanti grigio e verde, come il colore delle uniformi militari italiane dal 1905 fino al termine della Seconda Guerra Mondiale. Ben più antico è invece l’accostamento della stella, tra il più recente logo dell’Esercito Italiano e la leggenda di Enea risalente al VI secolo a.C.
La letteratura greca arcaica accostava all’Italia una stella, l’astro della sera consacrato a Venere che guidò Enea, nella terra dei suoi antenati dopo la disfatta di Troia. Si tratta del “Simbolo Patrio” più antico d’Italia, che insieme alla Bandiera rappresentano il valore unificatore per cui bisogna essere fieri e orgogliosi di appartenere alla nostra amata Patria. Durante la cerimonia inaugurale a Roma, l’opera è stata scoperta dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo D’Armata Salvatore Farina unitamente a Mons. Santo Marciaṇò e allo stesso artista. Il Generale di Corpo D’Armata Salvatore Farina ha poi ripercorso i punti più importanti e salienti dell’opera: Gesù, la colomba, la bandiera e il bersagliere. Il Generale ha ringraziato a nome di tutto lo Stato Maggiore dell’Esercito Raffaele Mazza, definendolo “un grande e bravo artista”, facendo riferimento ad una frase di San Francesco che definiva artista “colui che crea un’opera con le sue man, la pensa con la testa e la esprime con il cuore”. Il Generale Farina ha inoltre rivolto un particolare saluto alla famiglia dell’artista, alla Sig.ra Paola e ai due figli Francesco e Ilenia Fatima presenti alla cerimonia, sottolineando anche come l’evento abbia costituito la giusta conclusione di una giornata di festa per l’Esercito e per il suo Santo Patrono San Giovanni XXIII, il Papa Buono.
Maria Scaramuzzino