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Storia, poesia e luoghi dimenticati: la tradizione lametina da riscoprire

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Il teatro di Sant’Eufemia Lamezia ha ospitato la seconda edizione della rassegna Tradizione Lametina, intitolata quest’anno: Lamezia – Storia, poesia e luoghi dimenticati.

Moderato dalla giornalista Maria Scaramuzzino, l’appuntamento è stato organizzato da Lamezia Muse di Peppino Buffone con la compartecipazione dell’associazione Santi 40 Martiri, associazione che da anni ormai si impegna sul territorio, spendendosi attivamente per la riscoperta e la valorizzazione di luoghi e tradizione dimenticati e lontani.

Forti di questa predisposizione, fulcro dell’incontro sono stati appunto quei luoghi che i lametini stessi hanno dimenticato o che forse mai hanno conosciuto, i quali costituiscono appunto la dimensione storica e culturale dell’essere di Lamezia Terme.

Luoghi che un reportage fotografico, firmato Santi 40 Martiri e presentato dal presidente dell’associazione Luigi Serafino Gallo, ha messo sotto gli occhi di tutti. L’attenzione è stata centrata sui vari siti bizantini presenti nel territorio di Sambiase e delle sue zone montane, che costituiscono una delle più antiche testimonianze di insediamenti monastici nella piana lametina. Le grotte dei massicci sambiasini hanno costituito anch’esse oggetto di studio e fotografie, così come il pianoro di Polveracchio in località Acquafredda, luogo del più antico ritrovamento di monete coniate in Italia. Prima e dopo il reportage dei componimenti in vernacolo sono stati declamati da Salvatore de Biase, autore degli stessi.

Nostalgia per una genuinità perduta, e rimpianto per un presente che non ha saputo ottemperare alle aspettative e ai presupposti del passato, i temi che con maestria e sagacia sono stati espressi con un colorito dialetto. Luoghi fisici ma anche luoghi della cultura. Con questo presupposto il dottor Giovanni Mazzei ha iniziato la sua disamina sulla pluralità di dialetti locali e sulle proprie peculiarità: prestiti da parole straniere per via di contatti dovuti a dominazioni estere o a flussi migratori, spiegazioni glottologiche dei fenomeni più caratteristici, come la S sigmatica di Sambiase, riconducibile proprio alla massiccia presenza basiliana e dunque di lingua ellenica. Lo studio fenomenologico è poi sfociato in una panoramica sulla letteratura vernacolare del lametino, dal Vittorio Butera a Michele Pane (con lettura di “Alle muntagne”), passando per Dario Galli, Salvatore Borelli e Franco Davoli, tutti tendenti a tratteggiare ognuno con le proprie peculiarità cosa sia la “calabresità”.

Infine, parlando dell’essere calabresi, l’intervento si è concluso con la declamazione di “Calabria Infame” del poeta sambiasino Franco Costabile.

L’intervento finale è stato affidato alla professoressa dell’Università del Calabria Giovanna de Sensi Sestito, la quale, dall’alto delle sue sterminate conoscenze sulla storia vicina e lontana di questi territori, ha elargito parte del suo sapere.

Le fortune alterne che si sono avvicendate tra l’Amato e il Savuto, il susseguirsi di popolazioni diverse nella nostra piana: Enotri, Bretti, Magno Greci, Romani, Normanni ecc.

I nomi e le situazioni elencate e affrontate sono state moltissime, dalla vicende del dio medico Asclepio, al ritrovamento del tesoro di Agatocle presso San Sidero, per finire col fiume Ocinaro – antico nome del Bagni –  e il mito di Ligea.

Cultura a tutto tondo e sensibilizzazione per essere cittadini consapevoli nella propria città e figlio della propria storia. Questa la finalità dell’incontro introdotto da Valentina Tedesco, vicepresidente di Lamezia Muse.

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