A lisinga…
2 min di letturaDal tedesco «lob», lode e «singen», cantare: è l’autoesaltazione, la presunzione, la pretesa smisurata del proprio ego; «si ti caccianu a lisinga, ᾿un ti resta nnenti!», «se ti levano le tue manie d’ostinazione, non ti resta proprio nulla»
Beh, qualche dubbio socratico farebbe da antidoto: è il caso di scrivere tra le righe!
A proposito, sentiamo spesso dire: uomo o donna di cultura, come se la sapienza debba necessariamente portare nome e cognome.
Ci mancherebbe: ci sono persone straordinarie, non lo metto in dubbio, di cui è bene evidenziare le personalissime capacità!
Tuttavia mi piace pensare alla cultura come occasione di incontri: è in quell’istante frangente che emergono parole, modi di dire quale repertorio vivo di un patrimonio vitale per qualsivoglia ispirazione. Qualche altra riflessione.
Se dico “Il Fiorentino”, per antonomasia definiamo Dante, il poeta della Commedia in terze rime. Cosa ne deduco? L’uomo è natura che si fa cultura.
Qualche riserva, però! Indubbiamente il contesto forgia la persona, ma l’arte non appartiene al luogo, perché diversamente non spazierebbe.
Perché, sennò, parleremmo di panorami? E quelli che sono, se non orizzonti!? Quel letterato si è distinto nel panorama degli studi umanistici, non lo troviamo scritto soventemente!? Le parole, fateci caso, ci restituiscono a verità profonde. Tristi sono quelle situazioni in cui si sente stra-ripetere: quello/a è stato/a un’istituzione per la sua città!
Ma non è stato probabilmente un Genius loci, perché se lo fosse stato, sarebbe stato un mythos, che non è solo mito, ma anche una storia più larga: funamboleschi romanzi di gesta o gazzettine di sedicenti personalità se la suonano e se la cantano da soli. Soli!?
No, lo metto al singolare f(l)esso, per abuso morfologico, al genere femminile: una “Sola”, per rendere l’idea!
Prof. Francesco Polopoli