«Allu lustru da lumera simu tutti ‘na manera»
2 min di letturaLa premessa di questo adagio è da ricercarsi, a mio avviso, nella massima «’un c’è nu parmu ‘i nìattu» («non esiste più nemmeno un palmo di terra pulita»)
Dal momento che sulla faccia della terra ogni zolla di terra emersa pare non essere risparmiata dalla disonestà, difficile è guardarsi intorno con fiducia.
È tutto un vero sfacelo: immoralità, inquinamenti, magna-magna, malcostume, droga, rapine, stupri, prostituzione, pedofilia, mafia, concussione, malversazione, lavoro nero, disoccupazione e chi più ne ha più ne metta.
Seneca avrebbe detto «omne immondum» (Q. N. III, 29), con riferimento a Stercutus, una divinità di cui sappiamo poco, ma che era connessa con la rimozione delle impurità, questo è certo! Questi era ritenuto un mitico re del Lazio che aveva introdotto la pratica della fertilizzazione dei campi, padre di Pico o di Fauno (Lact. Inst. I, 20; Plin. Nat. Hist. XVII, 6; Aug. C. D. XVIII, 15), da Macrobio identificato addirittura con Saturno (Sat. I, 7).
Insomma, ci siamo infognati, potremmo dire, sulla base di vecchi e nuovi miti, senza etichettarci, tuttavia, come Cloaca Maxima.
Pertanto, in forma di ottonari densi e significativi, alla la(me)tina, e con quel detto da cui siamo partiti, in apertura a questo scrittarello, se ne desume che, alla luce della lampada, cioè guardati con luce fievole, epidermicamente, a pelle, cioè, gli uomini sono tutti uguali.
L’antidoto è alzare il livello eroico della propria vita e renderlo Comune in comunità: una bella sfida che non porta sfiga, con buon permesso di slang!
Prof. Francesco Polopoli