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Alluvione lametino, cittadini e imprese incontrano le istituzioni

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alluvione jacurso

Unire le forze per la rinascita: dialogo e sviluppo sostenibile per il territorio colpito dalle alluvioni nel lametino

L’associazione DOWELL APS, la CIA Agricoltori Italiani di Calabria Centro, l’Associazione Florovivaisti Italiani, visto quanto accaduto nel territorio del lametino e dell’hinterland tra il 20 e il 21 ottobre u.s. hanno chiesto un incontro al Presidente della regione Calabria On. Roberto Occhiuto, al Vicepresidente della Giunta Regionale Dott. Filippo Pietropaolo e l’Assessore Gianluca Gallo, che si sono resi disponibili a venire a Lamezia ad incontrare le aziende e i cittadini per ascoltare i bisogni del territorio che governano, nel giorno 19 novembre, alle ore 10.30.

L’incontro ha lo scopo di mostrare le fragilità del territorio, la devastazione causata dagli eventi alluvionali già citati e raccontare gli effetti che tutto questo ha avuto, ha e avrà sull’economia e sull’assetto sociale di un intero territorio regionale.

La volontà, da parte di questi cittadini e imprenditori, è quella di porre l’attenzione sul territorio in cui vivono e investono e di cui vogliono prendersi cura, ma da soli non possono. È necessaria un’unione di intenti tra cittadini, imprese e politica, per far fronte alle difficoltà e porre le basi di progetti di sviluppo per il territorio: ognuno deve fare la sua parte per le sue competenze e responsabilità, ma è necessario che tutti cooperino corresponsabilmente.

Insieme, vogliono portare all’attenzione di chi governa situazioni complesse, che vivono sui territori, criticità che riscontrano, per collaborare alla risoluzione dei problemi e allo sviluppo del territorio che sta venendo meno. Le aziende sono stremate, la chiusura di un’azienda è un problema sociale che riguarda tutto il territorio e non solo: genera impoverimento e qualcosa che prima era generativo di un prodotto, di posti di lavoro, di un indotto, si spegne e genera povertà morale, sociale, economica.

Lamezia Terme e il suo hinterland hanno una particolare vocazione per l’agricoltura. Ǫuesto territorio conta diverse aziende agricole che producono prodotti di qualità in ambito orticolo, frutticolo e floricolo ed è uno dei poli vivaistici più importanti del meridione. È una terra particolarmente vocata per il vivaismo e conta primati internazionali: nella piana di Lamezia Terme, tra il Comune di Lamezia e Curinga, viene prodotto oltre il 90% delle piante di agrumi certificate in Italia, livello di qualità massimo in Italia, in Europa e addirittura nel mondo.

Le aziende agricole sono chiamate a essere protagoniste di importanti sfide lanciate dall’Unione Europea: tra tutte il green deal. Per fare la transizione verde, occorre innovare e investire nella sostenibilità. Ma risulta difficile investire in un momento storico come questo.

Le aziende agricole vivono uno stato di sofferenza economica dal 2020. Durante il covid hanno lavorato continuamente, ma spendendo di più e guadagnando di meno. Subito dopo sono arrivati i rincari di materie prime, energia elettrica e gas: costi di produzione più che duplicati hanno portato a una riduzione importante della marginalità. A questo, si è aggiunta la chiusura di molti mercati esteri, per la situazione geopolitica instabile, in cui molti Stati versano. Se si devono investire i propri risparmi, per ripristinare ogni volta una situazione precedente, difficilmente si progredisce. Con quei soldi, che si spendono per riparare i danni, riacquistare scorte, rimpiazzare la produzione, smaltire fango e ripulire, si dovrebbe investire in soluzioni che consentano di mantenere alti i livelli produttivi in termini di qualità e quantità, nonostante la riduzione dei prodotti fitosanitari a disposizione, si dovrebbe investire in energia rinnovabile per rendere meno impattanti i nostri processi produttivi, si dovrebbe investire in innovazione tecnologica per rendere meno faticoso e più attrattivo il lavoro in agricoltura.

Inoltre, il vivaio rappresenta il punto di partenza della filiera agroalimentare, quindi, il suo prodotto afferisce direttamente nel settore agricolo, per cui non è possibile praticare adeguamenti di prezzi funzionali all’aumento dei costi perché si uscirebbe dal mercato con i propri prodotti. Ma se il vivaismo muore, tra qualche anno non ci saranno frutti o alberi per il verde pubblico e molto altro ancora. Il livello di occupazione delle aziende agricole florovivaistiche rispetto ad un’azienda agricola classica è molto più alto, più alto il grado di specializzazione e di adozione di tecnologia avanzata. Ha caratteristiche e necessità differenti e queste devono essere conosciute per poter essere valorizzate e soddisfatte.

Il sentimento di sconforto e rabbia delle persone che vivono e operano su questo territorio duramente, colpito per la seconda volta, deve e vuole tramutarsi in azione concreta e costruttiva. È evidente che le alluvioni degli ultimi anni, non solo a Lamezia ma anche a Corigliano, nella Valle del Neto, solo per citarne alcune, non hanno insegnato nulla: tutto questo era stato previsto e si doveva evitare. È mancata un’azione pianificata, costante e funzionale sull’assetto idrogeologico che già in precedenza si era rivelato debole, negli stessi punti critici, azione che oggi avrebbe dovuto essere ancora più consapevole alla luce proprio dei cambiamenti climatici.

I cambiamenti climatici non sono più una novità, a seguito degli stessi assistiamo a periodi di siccità e poi ad improvvise alluvioni.

Occorre stimolare attivamente a livello regionale e nazionale una strategia comune e integrata per tutelare un bene prezioso come l’acqua, salvaguardando al contempo agricoltura e territorio. In questo senso, ci sono almeno cinque azioni da adottare con urgenza: dare priorità negli interventi di messa in sicurezza alle zone a più alto rischio naturale; definire e avviare subito un nuovo Piano nazionale per la crescita dei grandi invasi, da considerarsi integrati e non alternativi ai piccoli invasi; accelerare sul riutilizzo delle acque reflue, favorendo gli investimenti e le infrastrutture necessarie al riuso agricolo; approvare finalmente una legge contro il consumo di suolo agricolo, visto che si continua a cementificare 2,4 metri quadrati di suolo al secondo; incentivare le funzioni di custodia e manutenzione del territorio svolte dagli agricoltori attraverso un quadro normativo chiaro e definito.

Inoltre, in altre regioni, è stato proposto uno sgravio dei pagamenti al consorzio di bonifica, per tutte quelle aziende che contribuiscono alla pulizia dei canali in prossimità della propria azienda.

Le aziende agricole, piuttosto che la calamità, dopo questi eventi, vogliono essere protette da questi eventi e durante questi eventi, perché da questi non ne escano distrutte. Assurdo poi è, ogni qual volta si fa la conta dei danni dopo un evento del genere, sentire dire che i costi che avrebbero permesso di evitare quei danni sono di gran lunga più bassi dei danni registrati.

Molte sono le aziende che non hanno la capacità economica o morale di ricostruire. La chiusura di un’azienda agricola comporta non solo delle ripercussioni socio-economiche su tutto l’indotto, ma la mancata manutenzione del territorio che, soprattutto nelle zone interne e/o montane, è qualcosa che la Calabria non può permettersi.

Chiediamo un tavolo permanente che metta al centro la crescita e lo sviluppo del territorio e dei suoi abitanti, non solo imprenditori, ma anche cittadini, perché le aziende e i territori sono profondamente interconnesse.

Urgenti sono le richieste che riguardano l’individuazione chiara delle competenze di ciascun ente rispetto alla sistemazione idrogeologica, che necessita di interventi straordinari nell’immediato e ordinari con costanza nel tempo, per la messa in sicurezza del territorio e perché l’unica forma di prevenzione da questi eventi ormai ripetuti è questa. Alcuni eventi piovosi eccezionali non possono essere previsti e/o limitati, ma possiamo e dobbiamo farci trovare pronti: dobbiamo fare in modo che fiumi, torrenti, canali di scolo siano sempre nelle condizioni ottimali di pulizia.

Inoltre, c’è da ragionare sull’immediato sostegno economico che è mancato alle imprese colpite dall’alluvione del 2018. Molte aziende si sono trovate a dover fornire documentazione per 5 anni, a enti diversi. La competenza poi è passata alla Protezione Civile, che, dopo 5 anni, ha emesso i decreti, ha richiesto una rendicontazione dettagliata dei danni e delle spese sostenute per il ripristino, per cui sono state pagate anche le spese tecniche per poi non erogare nulla. Il Dipartimento agricoltura, probabilmente per un discorso di errata perimetrazione delle aree colpite, ha distribuito le poche risorse a disposizione su tanti, non solo quelli realmente colpiti dai danni, per cui alle aziende alluvionate è toccato meno del 10% di quello che avevano perso. Non è possibile che i cittadini e gli imprenditori debbano subire oltre il danno la beffa, come si suol dire: nonostante tutto il lavoro extra e le risorse proprie umane ed economiche investite per ripristinare, si sono trovate ad investire ulteriormente per produrre documenti su documenti, per poi essere rimbalzati e ogni volta si ricominciava tutto da capo, e il tutto si è tradotto in nulla o poco. Anche qui c’è bisogno di un intervento che miri alla semplificazione, all’efficacia del ristoro in termini di quantità e tempestività, altrimenti il nostro territorio vedrà la chiusura di altre aziende, con tutto quello che ne consegue. Non si può rimanere a guardare inermi e la politica non può rimanere indifferente.

Ǫuesta richiesta di tavolo permanente vuole essere il primo passo per la costruzione di un dialogo costante e collaborativo tra cittadini, imprese e istituzioni, per rafforzare un legame che inevitabilmente in seguito a questi eventi si spezza e spezza lo sviluppo del territorio.

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