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Stagione teatrale AMA Calabria. “Se questo è un uomo”, quattro voci per Primo Levi

3 min di lettura

Catanzaro, 28 marzo 2019. In scena al Teatro Comunale, per la stagione teatrale organizzata da AMA Calabria, Se questo è un uomo, reading di alcune pagine dell’opera autobiografica di Primo Levi, una delle testimonianze più alte e significative del funesto periodo nazista, con Daniele Salvo, Martino Duane, Patrizio Cigliano, Simone Ciampi, regia di Daniele Salvo.

Scarne ed essenziali le scene firmate da Fabiana Di Marco. Quattro leggii, valigie impolverate di passeggeri senza ritorno, sedie rovesciate, mucchietti di scarpe  e di abiti come macerie della storia che acquistano il valore di metafore.  Un grande schermo-fondale getta le mute immagini filmiche, elaborate da Michele Salvezza, sul palcoscenico e la fa vivere attraverso l’attore-voce su contrappunti di un paesaggio sonoro curato da Fabrizio Cioccolini.

Ma il carico emotivo imprigionato nella scrittura, per dar senso al proprio peso, ha bisogno di inquietudini.

Le voci di Daniele Salvo, Martino Duane, Patrizio Cigliano, Simone Ciampi si alternano calde, forti, taglienti, sommesse, imperiose, severe, potenti, vibranti per una lettura critica e, nello stesso tempo, mai prevaricante il testo ma capace di trasmettere emozioni e accensioni liriche mediando tra i due diversi linguaggi espressivi e ponendosi come attivo scambio di segni tra la narrazione dell’autore e l’intenzione registica che tende all’isomorfismo tra parola agita e concretezza visiva.

La Parola diventa così atto drammaturgico e non mera pronuncia poetica o filosofica o narrativa. Non, dunque, la dilatazione a spettacolo di un testo letterario quanto la riduzione a rigore di testo  di un progetto di spettacolo il cui fascino spietato sta nel suo procedere per quadri e per immagini – canti vengono chiamati – che scavalcano il tempo, il dopo e il prima di uomini, donne e bambini che vivono e che sono già morti.

L’andamento della istanza personale dell’autore segue il flusso della storia e degli eventi collettivi senza, tuttavia, annullarvisi, anzi offrendo loro una cifratura appassionata e commovente.

E sul grande telo bianco angoscia follia crudeltà e quotidianità. Deportazioni e campi di concentramento. Tempie incavate, orbite vuote, identità negate, corpi consumati e vite mutilate. Fuori neve spenta e filo spinato. Dentro atmosfere claustrofobiche. Aria spettrale congelata sulla rassegnazione di una umanità che deve essere estirpata.  Ex/stirps : fuori, via, lontano dal ceppo primigenio…. Ultimi giorni di uomini/ombra svaporanti nel denso fumo sacrificale che si leva al cielo come muta preghiera. Neanche la pietà come ultimo balsamo. Eppure in una condizione di non-vita è possibile ancora immaginarsi la vita aggrappandosi a sinapsi intermittenti che fanno riaffiorare il Canto di Ulisse nella Divina Commedia.

E noi, spettatori senza scampo di una mise en espace poetica e dolorosa. Lirismo della sofferenza. Discesa agli inferi di grande compattezza espressiva che ripensa e ripropone dal vivo la vertigine di orrori che degli uomini hanno inflitto ad altri uomini.

Rimane la verità dello scrittore, Primo Levi, e soprattutto dell’uomo e della Storia. E la necessità del Teatro come testimonianza e potente strumento di esercizio della memoria. Grido al mondo di milioni di bocche silenti. Per non dimenticare.

Giovanna Villella

[foto di scena Giulia Gandini]

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