AMA Calabria. Wladyslaw Szpilman, il pianista che visse due volte
6 min di letturaLamezia Terme, 9 ottobre 2022, Foyer Teatro Grandinetti. Grande evento in prima assoluta per la nuova stagione concertistica di AMA Calabria. Ospiti Francesco Nicolosi al pianoforte e Stefano Valanzuolo voce narrante, per il concerto-racconto La musica miracolosa. Storia del pianista del Ghetto di Varsavia.
Il pianista è Wladyslaw Szpilman, detto Wladek, sopravvissuto alla barbarie nazista grazie al suo grande amore per la musica, per il pianoforte, per Chopin. “Perché suonare, in fondo, è un modo gentile di vivere”.
Il racconto, contrappuntato dalle magistrali interpretazioni al pianoforte del M° Nicolosi, è affidato alla voce elegante di Stefano Valanzuolo autore del bellissimo testo che ripercorre, a volo d’angelo, le fasi salienti della vita del musicista polacco.
Scevra da qualsiasi tentazione retorica, lasciando allo stato latente e quasi subliminale allusioni e simboli, la vicenda privilegia la quotidianità del tragico in una partitura consueta di parole che, pur raccontando una storia personale fatta di persecuzione, fughe, iniquità, è offerta serenamente e con equilibrio morale e intellettuale. Laddove, le scelte musicali del M° Nicolosi, anche se non escludono la dimensione “sentimentale”, richiedono una mediazione intellettuale sì da operare una ricongiunzione tra il materiale verbale e l’architettura sonora per giungere, nell’amalgama di due linguaggi diversi, alla consapevolezza di una superiore sintesi.
Il narratore indaga il privato di Wladek con grande sensibilità, scompone le sequenze temporali attraverso un’analisi rigorosa dei fatti storici, esalta ogni momento ponendolo in costante rapporto con la narrazione musicale.
Claire de lune di Debussy incornicia la nascita di Wladek in una fredda giornata di dicembre del 1911 da due genitori violinisti e la sua formazione con i primi studi all’Accademia Chopin di Varsavia e poi all’Accademia delle Arti di Berlino dove, con animo aperto e sensibile, si lascia tentare dalla musica nuova e da quella forma canzone che Kurt Weill ha appena riabilitato.
Tuttavia, l’ondata di antisemitismo che segue alla presa di potere di Hitler, costringe Wladek a lasciare la Germania e a tornare in Polonia dove forma il Quintetto di Varsavia e incide molti dischi. Sembra l’inizio di una carriera gratificante ma la sera del 23 settembre 1939, mentre Varsavia è bombardata dall’aviazione tedesca, Wladek sta suonando alla radio la Ballata per pianoforte n. 1 in Sol minore di Chopin che riesce a concludere, nonostante il fragore delle bombe. Saranno queste le sue ultime note da uomo libero prima che i nazisti lo costringano ad un lungo silenzio. Il 15 novembre del 1940 i cancelli del Ghetto di Varsavia vengono chiusi e Wladek rimarrà lì dentro, insieme ai suoi familiari, per tre lunghissimi anni. Il Ghetto diventa, così, il microcosmo entro cui egli cerca di dare un nuovo equilibrio alla sua vita suonando in un caffè.
La purezza interpretativa del M° Nicolosi nella Mazurka in F minore composta dallo stesso Szpilman trasporta il pubblico in quel caffè alla moda frequentato dai nazisti, dalla buona borghesia di Varsavia e dalla polizia ebraica. Ma quella musica che per gli altri è quasi un accessorio fastidioso, a lui serve come l’aria per respirare. È il suo appiglio alla vita, la tenue veste con la quale cerca di coprire tutte quelle infinite miserie d’orrore, di violenza, d’inferno. Nell’estate del 1942 circa 300.000 ebrei di Varsavia vengono deportati, tra questi la famiglia Szpilman, però, un attimo prima che Wladek salga sui vagoni della morte viene tirato via da una mano amica. Rimane a terra, solo, senza famiglia, senza casa ma vivo.
La perfezione pianistica del M° Nicolosi nel drammatico dinamismo delle note di Isoldes Liebestod (La morte di Isotta) di Richard Wagner nella trascrizione di Franz Lizst, accompagna il periodo durante il quale, braccato come un animale in fuga, grazie all’aiuto di alcuni amici si nasconde per sfuggire alle persecuzioni dei soldati tedeschi. Sopravvive trovando nascondiglio nelle case distrutte e abbandonate, si adatta a ritmi di vita disumani, fino al 1944 anno dello sbarco in Normandia che annuncia la fine del regime nazista. Varsavia si prepara alla rivolta ma quando le SS decidono di far sgombrare il suo rifugio, persa ormai ogni speranza di salvezza, Wladek tenta il suicidio. Non muore, però, e leggendo l’accaduto come un segno del destino, sceglie di riprendersi la sua vita. Continua a spostarsi di rifugio in rifugio fino a giungere in una casa bombardata nella quale trova persino del cibo. Appartiene ad un ufficiale tedesco che si palesa poco dopo. Questa volta Wladek si arrende, alza le mani e aspetta il colpo finale. Ma l’ufficiale non spara, anzi gli parla con calma e gli chiede chi è. Alla sua risposta “Sono un pianista” viene accompagnato in una stanza dove sopravvive miracolosamente un pianoforte. L’immagine-suono, latente, che ha sempre esercitato sulla sua muta tastiera immaginaria si materia sulla tastiera di quel pianoforte. È Chopin, il suo “Chopin” a fargli riprendere la musica esattamente dove era stata interrotta la sera del 23 settembre 1939. E così le note, rievocate con la Ballata n. 1 in Sol minore e il Notturno in Do diesis minore, concedono una tregua al dolore, aprono una via fuga da quella claustrofobica tana, diventano unguento per ferite immedicabili sia per la vittima sia per il suo carnefice dal quale non riceverà mai un applauso o un sorriso ma avrà salva la vita.
Il 17 gennaio 1945 – quando la lunga notte dell’Europa inizia a dissiparsi – anche Wladek è un uomo libero. Nel 1946 pubblica un libro autobiografico dal titolo Una città muore, un libro scomodo che sarà costretto a modificare. Riprende a lavorare negli studi della Radio polacca, terrà circa 2500 concerti in tutto il mondo, scriverà canzoni come ai tempi di Weimer e non smetterà mai di curare il suo Chopin ma anche l’amatissimo Rachmaninov che con il Preludio op. 32 n. 10 aggiunge l’ultimo tassello al racconto della sua esistenza. Un’esistenza che sarà sempre profondamente segnata dalla gioia e dalla colpa di essere un “sopravvissuto” e durante la quale non smetterà mai di pensare al suo aguzzino/salvatore per il quale, dopo tanto orrore, forse proverebbe a suonare la musica lieve e giocosa di Chopin nelle Variazioni su “Là ci darem la mano” dal Don Giovanni di Mozart, op. 2 dicendogli, nel suo impeccabile tedesco “Ascolti, signor Ufficiale, ascolti, La prego e provi anche ad immaginare il sorriso di Chopin. Basta dolore. Basta.”
Ed è ancora Chopin con il Preludio op. 28 n. 4 in mi minore l’ultimo omaggio all’ufficiale tedesco morto in un campo di prigionia russo. Si chiamava Wilm Hosenfel e amava davvero la musica.
La storia di Wladyslaw Szpilman, tratta dal libro autobiografico del 1946 e rieditato dal figlio nel 1998, è stata raccontata nel film “Il pianista” diretto da Roman Polański nel 2002, vincitore della Palma d’oro al 55º Festival di Cannes, nel quale Szpilman è stato interpretato dall’attore Adrien Brody vincitore dell’Oscar come Miglior attore.
E questo racconto in musica del duo Nicolosi-Valanzuolo non è solo una bella storia che merita di essere conosciuta sempre più, quanto uno spettacolo “necessario”, soprattutto oggi, per continuare ad esercitare la memoria, per continuare a dar voce ai sopravvissuti del funesto periodo nazista strappando dall’oblio i tanti – troppi – a cui è stata negata la dignità della vita.
Nel congedo, doppio bis con Salut d’amour di Edward Elgar e il Valzer brillante di Giuseppe Verdi dal film “Il Gattopardo” di Luchino Visconti.
Applausi e standing ovation finale.
Giovanna Villella