Un anno di presidenza alla guida del Tribunale di Lamezia: intervista al dott. Garofalo
11 min di letturaInizia la carriera di magistrato nei primi anni 90, dapprima come Uditore Giudiziario presso il Tribunale di Roma e di seguito lavorando sempre in Calabria ed iniziando 30 anni fa da Lamezia Terme passando poi dal Tribunale e dalla Corte d’Appello di Catanzaro, da Cosenza – dove ha rivestito l’incarico dapprima di Presidente della sezione penale dibattimentale e, successivamente, di Presidente della sezione di corte d’assise dello stesso tribunale di Cosenza; infine, a Vibo Valentia, dove, in applicazione, ha rivestito sia il ruolo di presidente del tribunale che li presidente della sezione penale).
Giovanni Garofalo, anche se preferisce farsi chiamare Gianni, ha impegnato tutta la sua vita tra famiglia e magistratura ed ora è tornato di nuovo ad operare nella sua città di origine, dove – esattamente da un anno – riveste la carica di Presidente del Tribunale.
- Un anno di presidenza alla guida del Tribunale di Lamezia Terme: qual è il bilancio che si sente di stilare dopo questi primi 12 mesi?
Anzitutto sono molto soddisfatto, da lametino e magistrato, di lavorare per la mia città e nella stanza che fu di mio padre. Il mio bilancio personale è quindi certamente positivo perché sono tornato a lavorare, più che nella mia città, PER la mia città. Per quanto riguarda i bilanci credo di essere la persona meno indicata a poterli fare; infatti, solitamente li lascio fare agli altri, ma quello che posso dire è che sono certamente molto soddisfatto del lavoro che abbiamo avviato in questi 12 mesi. Fare il Presidente di un Tribunale non richiede solo attenzione a numeri e statistiche, ma anche ad ampio raggio quindi ai rapporti con i Colleghi, con il Personale di cancelleria, con la classe Forense, con i Professionisti del territorio e con tutte le Istituzioni della città. Con tutti gli ambiti che ho appena citato si è creato un rapporto certamente proficuo. Spero che il giudizio della città, sull’operato svolto fin qui, sia positivo. Quindi mi rimetto al giudizio che la città possa avere di me. Per quanto riguarda l’aspetto numerico di questo tribunale, invece, posso dire che stiamo lavorando con impegno e quando i dati saranno ufficializzati, ci si potrà accorgere che l’impegno profuso comincia a dare i suoi risultati.
- Per un lametino è più impegnativo (in un certo senso difficile) fare il Presidente del Tribunale nella propria città?
Io iniziai a lavorare proprio in questo tribunale, parliamo degli anni 90. È chiaro che ricoprire il ruolo di Presidente è molto diverso perché il tipo di attività che si richiede è molto diversa. Io farei un discorso di più ampio raggio: lavorare nel proprio contesto ti permette di conoscere tutte le componenti che vi operano. Diciamo che ci sono pro e contro ed entrambi per la medesima situazione. I pro sono quelli di conoscere l’ambiente, i contro allo stesso modo quello di conoscere l’ambiente. Anche perché per un Magistrato e ancora di più per un Presidente il problema che si pone è quello non solo di essere indipendente ma anche e soprattutto di apparire indipendente in tutti suoi gesti, in Tribunale come in ogni contesto quotidiano. Quindi essere indipendente deve essere accompagnato dal fatto di mostrarsi in tutti gli atti come una persona indipendente; è una cosa delicata che va curata molto bene e con la massima attenzione. La missione è dunque quella di frequentare la città, le persone ma dimostrare comunque che si è da tutti equidistanti. Io spero che si possa dire di me che chiunque abbia udienza e si relazioni con me, in aula come per strada, si rapporti con il presidente del tribunale come istituzione e non come lametino. È sicuramente complicato lavorare nella propria città ma io credo che alla fine i pro siano di gran lunga maggiori dei contro, perché la conoscenza dell’ambiente ti permette di sapere cosa chiede da te il tuo territorio, ovvero giustizia veloce e celere; si chiede inoltre di essere un esempio di lealtà e di correttezza. Quindi la possibilità di rispondere a queste istanze conoscendo la città è una cosa molto importante, quindi ben venga il fatto di essere lametino nella propria città.
- Lei avrà sicuramente seguito le vicende passate di questo Tribunale: le chiedo perciò, la soppressione paventata nel 2012 è definitivamente scongiurata?
Il discorso qui è molto ampio e riguarda la politica giudiziaria. Il modo di amministrare e gestire la giustizia cambia molto rapidamente, ad esempio con i sistemi telematici soprattutto nel civile con la trattazione scritta c’è minore necessità per l’Avvocato di spostarsi da una sede all’altra o magari quando si lavori nella stessa sede recarsi per forza in Tribunale. Quindi questa è una svolta epocale che fino a qualche anno fa non esisteva. Pensi che quando sono arrivato in questo tribunale scrivevamo le sentenze a mano, solo nel 1994 il ministero ci ha fornito i primi PC. Parliamo di meno di 30 anni fa. Quindi la giustizia cambia davvero molto rapidamente. E cambia anche l’esigenza di rivisitare i presìdi di giustizia nell’intero territorio nazionale. I Tribunali sono oltre 100 nella nostra nazione. Chiaramente le distanze di 50 anni fa, chilometricamente sono le stesse ma adesso si colmano in molto meno tempo ed in vario modo. Quindi periodicamente sorge l’esigenza di rivisitare gli affari giudiziari – spesso accentrandoli nei Tribunali Distrettuali – e di rivisitare le circoscrizioni giudiziarie. Detto ciò, io penso si possa e si debba assolutamente escludere che questo tribunale possa rientrare in una rivisitazione delle piante organiche e mi batterò qualora ci fosse anche una piccola remota possibilità in tal senso. Sono convinto che ciò non debba avvenire e che non di fatto avverrà perché quello di Lamezia Terme è un Tribunale di tradizione, che lavora benissimo e che di recente ha avuto 2 provvedimenti assai favorevoli dall’amministrazione della giustizia ossia – in primo luogo – l’aumento dell’organico da 15 a 17 unità e, dal prossimo novembre, la copertura dello stesso organico in misura pari al 100%, cosa in passato a mia memoria mai avvenuta; ciò deve necessariamente essere letto come un riconoscimento ed un apprezzamento per il lavoro svolto, oltre che un incitamento a proseguirlo al meglio anche nell’immediato futuro, dunque è un’apertura di credito che dimostreremo di meritare ed una fiducia che dimostreremo essere stata ben riposta.
Quindi posso tranquillizzare la città, il Tribunale continuerà ad esistere.
- A che livello siamo arrivati a Lamezia (e in Calabria) nel contrasto alla criminalità organizzata?
Il problema va affrontato dal basso; in tanti prima e meglio di me hanno sottolineato la necessità di un ricambio prima di tutto culturale che nasca dalla scuola, dalla famiglia, dai valori, prima ancora che dagli uffici giudiziari; quanto al contrasto giudiziario, i successi recenti nel contrasto alla criminalità sono sotto gli occhi di tutti ed il ringraziamento va innanzitutto alle procura distrettuale di Catanzaro e di Reggio Calabria e poi ai giudici, alle Forze dell’Ordine ed a chiunque si spenda per assicurare un futuro migliore ed un economia libera e solidale, non diversamente viziata; è molto importante la rinnovata fiducia che la gente ha rivolto nei confronti di questa Magistratura, che vive talvolta periodi storici controversi, ma che sa sempre rinascere e trovare in sé e nelle proprie componenti motivo di nuova linfa e nuovo slancio.
Il contrasto – dunque – non può che essere di natura processuale, ma esso si fa anche con una nuova e rinnovata popolarità e fiducia nella magistratura. Io dico sempre che il magistrato non deve cercare popolarità, nel senso che non deve orientare i propri atti nel cercare necessariamente di intercettare consenso, ma per il magistrato è comunque fondamentale essere popolare, nel senso di vedersi riconosciute professionalità ed impegno.
Quest’ultima è la popolarità necessaria perché il magistrato può essere colpito – e la storia anche recente ce lo insegna – solo quando viene lasciato solo. Quindi ben venga la popolarità ma che sia frutto del riconoscimento pubblico di un lavoro serio e professionale di contrasto alla criminalità.
- A livello generale, in che cosa si può migliorare secondo lei la Giustizia italiana?
La Giustizia italiana è spesso sottovalutata nei suoi risultati; pochi sanno che la magistratura italiana e quella meridionale in particolare sono le più produttive in Europa e le statistiche ufficiali sono a lì a dimostrarlo, visto che le performances sono da anni in continuo miglioramento, soprattutto nel rapporto percentuale fra iscrizioni e definizioni. Ovviamente fondamentale è, non soltanto l’impegno dei magistrati (che non è mai mancato – tantomeno a Lamezia Terme), – ma anche la predisposizione di mezzi e di risorse umane e materiali, perché in caso contrario l’impegno, come detto mai venuto meno, rischia di rimanere fine a sé stesso. Con il PNRR ci è stato riconosciuto un dispiego anni fa impensabile di mezzi e di personale; abbiamo dei progetti che si stanno portando avanti e che tendono a migliorare il servizio giustizia, nell’abbattimento dell’arretrato, nella riduzione dei tempi medi di definizione dei procedimenti, nella qualità stessa del servizio giustizia.
È una sfida, quella di modelli innovativi di lavoro anche in staff che dobbiamo raccogliere e che non possiamo più permetterci di perdere.
C’è un grande impegno economico anche nell’edilizia giudiziaria, oltre che nei mezzi e nelle strutture a supporto del magistrato, per far sì che possa migliorare il proprio rendimento. Quindi da un lato l’impegno, dall’altro la necessità che queste strutture – come l’ufficio del processo – possano essere un giorno definitive e non soltanto temporanee.
Anche noi Dirigenti dobbiamo spenderci in prima persona per proporre profili organizzativi spendibili e standard sostenibili che migliorino il servizio giustizia in tutti i settori. Organizzare vuol dire sapere dove intervenire celermente per migliorare tutto ciò. Non bastano i mezzi e le strutture, occorre studiare per utilizzarle nella maniera migliore e più proficua. Il dirigente deve anche spendersi per comunicare le proprie ricette e la forma di organizzazione dell’ufficio che egli reputi la più adeguata possibile.
Ovviamente il passo successivo è la responsabilità, sia dell’eventuale fallimento che del successo. Organizzazione che non può essere lasciata soltanto all’impegno dei magistrati ma ci vogliono anche delle idee e delle strategie di medio periodo che possano comunque migliorare l’assetto della giustizia. Quindi il profilo organizzativo è molto importante. Altrettanto importante è lo studio dei dati e delle statistiche, che ci consente di capire in tempo reale come stiamo lavorando e quindi di poter intervenire per affrontare immediatamente le criticità nel momento in cui esse si evidenzino.
Quindi impegno, mezzi, organizzazione e conoscenza dei dati, al fine di intervenire rapidamente nei settori che più ne hanno bisogno.
L’impegno che ci chiede il governo in questo momento storico è sia l’abbattimento dell’arretrato (quello di un certo tipo ossia ultra-triennale), ma principalmente di abbattimento sensibile in un tempo contenuto dei tempi della giustizia, civile e penale, momento eccessivi; per questo ci sarà bisogno di tempo, ma dobbiamo farci trovare pronti.
- Da dove nasce l’intenzione di fare il magistrato e quali sono le peculiarità che secondo lei deve avere?
Mio papà era un Magistrato e devo dire che anche questo ha avuto un suo peso, nonostante lui non mi abbia mai forzato. In tanti ancora mi parlano di lui e devo dire che questo mi porta commozione e orgoglio. Chiaramente è stato molto orgoglioso quando poi sono diventato magistrato ma la mia è stata una scelta autonoma e consapevole. Devo dire che non avrei fatto nient’altro nella vita, qualsiasi altra professione – tutte rispettabili – sarebbero state per me un ripiego.
Oggi posso dire di avere realizzato i miei sogni di bambino, perché non soltanto volevo essere un Magistrato come mio padre ma volevo a maggior ragione essere il presidente del tribunale della mia città; oggi posso dire di esservi riuscito e mi spenderò il più possibile per lavorare al meglio e per non deludere le attese.
Mi reputo caratterialmente molto diverso da mio padre, il quale era una persona molto conosciuta, nota, brillante ed era per me inimitabile; imitarlo sarebbe un po’ esserne la brutta copia, perché – lo ripeto – lui era e rimare per me inimitabile ed un esempio irraggiungibile, ma ho cercato di ispirarmi a lui nel modo di essere Presidente e Dirigente; spero un giorno di riuscirvi appieno.
Penso poi che per essere sul serio magistrati bisogna sforzarsi di essere normali, di trattare ogni vicenda ed ogni persona allo stesso modo, si accantonare le inevitabili pressioni anche mediatiche; bisogna pensare di svolgere un lavoro come un altro, anche se in realtà non lo è, perché non può essere un lavoro come tutti gli altri quello di decidere – spesso per sempre ed irrevocabilmente – del destino delle persone, nel settore penale come nel settore civile.
Sforzarsi di essere normali vuol dire anche essere capaci di valutare il caso serenamente senza alcun tipo di vincoli o preconcetti, quindi prescindere da chi si ha davanti, leggere bene le carte e decidere sempre in tutta serenità. Certo ci sono dei processi che hanno un impatto mediatico importante, avendo per anni amministrato giustizia in corte d’Assise penso di poterlo dire. L’omicidio ad esempio desta scalpore, si va sui giornali però anche lì bisogna sforzarsi di essere sereni e di valutare le carte perché più approfondito è lo studio delle carte più è alta la possibilità di far sì che la verità processuale possa corrispondere alla verità reale. Quindi maggiore è l’attenzione per le carte e le proposte delle parti, minore sarà la possibilità di incappare in errori giudiziari.
- Gli obiettivi futuri da Presidente, per il Tribunale di Lamezia?
Non sono il tipo che si avventura in gare, io gareggio solo con me stesso, per migliorarmi sempre, perché non è mai troppo tardi per poter studiare per potersi migliorare, perché tutto è sempre migliorabile ad iniziare da noi stessi ma è anche vero che migliorando noi stessi, non potrà a cascata che migliorare anche la qualità del nostro lavoro.
Devo dire che ho trovato un tribunale di tradizione con persone preparate e di grande impegno, i colleghi, il foro, il personale di cancelleria, i professionisti.
Uno dei miei pallini, come dicevo prima, è l’organizzazione perché penso che questo tribunale si possa organizzare sempre meglio; infatti, assai rapidamente cambiano i sistemi organizzativi e bisogna per forza intercettarli e percepirne le potenzialità.
L’organizzazione è molto importante e spesso noi meridionali pensiamo che l’improvvisazione sia un’arte; tutto ciò è vero ma mentre l’improvvisazione è un’arte l’organizzazione è una scienza e da essa non si può più prescindere per il futuro.
Quanto al rapporto con i cittadini, faccio sempre in modo di riceverne il più possibile, sempre cercando però di spiegare quali siano le prerogative del presidente del tribunale, cosa possa fare per il processo e soprattutto cosa egli non possa assolutamente fare, come di non intromettersi nella piena discrezionalità decisoria dei colleghi.
Vorrei però che il tribunale di Lamezia, perché lo meritano tutti quelli che ci lavorano e perché sono molto ambizioso, diventi presto un modello di efficienza e di accoglienza; il cittadino deve capire che le sue istanze vengono considerate in modo approfondito e non dovrà mai pensare che ogni decisione che venga assunto possa ispirarsi a nulla se non soltanto alla proficua lettura delle carte processuali.
Abbiamo tutte le carte in regola per farlo ed io lavorerò per questo.
- Un consiglio (o un’esortazione) che si sente di lanciare al popolo lametino
Il mio lavoro è soltanto quello di amministrare giustizia nel miglior modo possibile. Se proprio però dovessi lanciare un messaggio quello che mi sento di dire è questo; non piegatevi alla criminalità e cercate di vivere sempre nella legalità ma questa è una cosa scontata; un’altra cosa è la seguente: fidatevi della magistratura che vi rappresenta, al di là del risultato del processo; pensate sempre che la decisione non ha padri né madri diversi dalla Giustizia; lavorerò è far sì che nessuno possa pensare che qualunque esito possa esservi nella giustizia lametina sia dipesa da nient’altro che dallo studio delle carte processuali.